La novità più importante della riforma del pubblico impiego è l’introduzione della “progressione verticale” per l’accesso alla qualifica dirigenziale. Ma una procedura guidata e riservata al personale già dipendente si presta a condizionamenti.
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Si è gridato allo scandalo per la consulenza di McKinsey al ministero dell’Economia. Ma chi lavora con la pubblica amministrazione sa che i servizi di assistenza tecnica sono prassi comune. La soluzione è una riforma profonda del pubblico impiego.
Sull’onda della pandemia e con minori vincoli sul turnover, il governo pianifica nuove assunzioni per rafforzare il pubblico impiego. È però fondamentale capire come attrarre i giovani più capaci e motivati. E come selezionare i profili più adatti.
Le differenze del costo della vita tra Nord e Sud Italia sono fra le più alte al mondo. Perché allora non si verifica un esodo verso il Meridione dei dipendenti pubblici? Perché bisogna considerare anche la qualità dei servizi e le opportunità di lavoro.
Per i lavoratori pubblici, la tutela contro i licenziamenti illegittimi non discende più dall’articolo 18, ma da una norma speciale. Così però si allarga la distanza con il lavoro privato. E si contraddice la stretta contro i “furbetti del cartellino”.
Scarse le risorse per i comuni nel disegno di legge di bilancio. Ci vorrebbe di più per mettere in sicurezza edifici e territorio. Almeno si potrebbero abolire i vincoli sul lato delle entrate. Invece, a parte Tari e imposta di soggiorno, rimane il blocco delle aliquote. Se un sindaco voleva dare nuovi servizi alla città dovrà rimandare. L’equo compenso ai professionisti è un modo per reintrodurre le tariffe minime professionali, già abolite senza rimpianti. Alla sua riproposizione nella legge di bilancio si oppone preventivamente l’Autorità garante della concorrenza. Nella “finanziaria” arrivata alla Camera c’è anche la web tax che anticipa la normativa Ue allo studio. Il rischio è che la norma scivoli proprio sulle regole europee generali perché potrebbe prevedere trattamenti diversi tra le imprese stabilite in Italia e quelle che operano dall’estero.
Con 85 euro mensili di aumento si chiude il contratto del pubblico impiego? No. Rimane in ballo la complessa parte normativa, dall’assenteismo al part-time. E in più, oltre ai 2,8 miliardi per l’aumento ai dipendenti delle amministrazioni centrali, se ne dovranno trovare altrettanti per quelli degli enti locali.
In un anno in Italia gli occupati a tempo indeterminato sono saliti dello 0,3 per cento, quelli a termine del 14. Tutto il contrario di quanto succede nel resto d’Europa. Se però la mobilità è oggi la prima caratteristica del mercato del lavoro, è arrivato il momento di rimodulare le protezioni dei lavoratori, come stanno facendo in altri paesi.
Si estendono ai dipendenti pubblici gli effetti della riforma Fornero sull’articolo 18. Allora non resta che adottare una legge che modifichi il testo unico sul pubblico impiego. La questione si ripropone per le previsioni del Jobs act. Eventuali norme ad hoc e legittimità costituzionale.
Che succederà con la nuova crisi greca? Le borse a picco riflettono la preoccupazione dei mercati in attesa delle elezioni fissate per domenica 25 gennaio. Il rischio è che si arrivi a scenari di fortissima tensione, ad Atene come a Roma e Madrid. Dipende da come il nuovo governo ellenico e l’Europa affronteranno la gestione del debito della Grecia, arrivato al 170 per cento del Pil.
Tra chi ha brindato con soddisfazione in questi giorni ci sono evasori ed elusori fiscali. Nel decreto del governo sul diritto penale tributario la depenalizzazione dell’elusione fiscale e altre misure inquietanti per il cittadino che paga le tasse. Tanto che queste norme tornano in Consiglio dei ministri per essere ridiscusse.
Difficile trovare elementi di ottimismo per il futuro dell’economia italiana, afflitta dai soliti problemi strutturali. Qualche elemento positivo però c’è: con la riduzione degli spread, i tassi d’interesse a lungo termine sono al loro minimo da quattro anni. Il che fa sperare in una ripresa dei consumi e degli investimenti.
Le assenze di Capodanno dei vigili di Roma hanno confermato che i dipendenti del settore pubblico tendono ad ammalarsi più spesso di quelli privati. Per risolvere il problema servono controlli rigorosi e una riforma del pubblico impiego che coniughi i diritti dei lavoratori con le esigenze di servizio e la valutazione dei risultati.
Siamo abituati alla crescita del salario con l’aumento dell’età del lavoratore. Una dinamica destinata a cambiare dopo il Jobs act. Perché, con l’abolizione del reintegro per i licenziamenti per motivi economici, quando i neo-assunti di oggi diventeranno anziani saranno più facilmente sostituibili con dei giovani.
Per fortuna non tutte le opere pubbliche crollano a una settimana dall’inaugurazione com’è successo al viadotto siciliano. Tutte, però, sono soggette a un’esasperante lentezza nella realizzazione. Vediamo quali sono i tempi e le cause dei ritardi. Da evitare se arriverà davvero il piano europeo Juncker.
Ricambio nel comitato di redazione de lavoce.info per il 2015: ne entrano a far parte Angelo Baglioni e Michele Pellizzari che affiancano Massimo Bordignon, Francesco Daveri e Michele Polo, già in carica.
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Sulle assenze per malattia si pubblicano spesso dati elaborati per sostenere una tesi piuttosto che un’altra. Vediamo quali sono quelli consolidati, che mostrano un’incidenza maggiore nel pubblico che nel privato. E cosa serve per contenere il fenomeno entro limiti accettabili.
Le riforme del pubblico impiego degli anni ’90 hanno smantellato le carriere fissate per legge e sostituite con premi di produzione annuali. Che però non riescono a produrre incentivi significativi. La formalizzazione delle carriere e l’indipendenza dalla politica.