Il reddito di cittadinanza sembra avere un occhio di riguardo per le famiglie in affitto. In realtà, a parità di canone o di reddito, le iniquità sono tante. Differenze anche con la pensione di cittadinanza. Eppure, la soluzione sarebbe a portata di mano.
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Il meccanismo con cui si calcola il Reddito di cittadinanza nasconde una discriminazione più grave del previsto nei confronti delle famiglie numerose, in particolare di quelle con minorenni. La scala di equivalenza anomala gioca un ruolo decisivo e va corretta subito.
Così come formulate dal governo, flat tax e reddito di cittadinanza rischiano di non essere efficaci. Ma si può progettare una misura alternativa, che rispetti i vincoli di bilancio, non penalizzi gli incentivi al lavoro e riduca la povertà.
Il Rei dovrebbe mettere in moto un percorso integrato di riabilitazione sociale e di inclusione lavorativa delle persone in difficoltà. Si dovrebbe così creare un welfare di comunità focalizzato sulle reti di prossimità e l’accumulo di capitale sociale.
La legge di bilancio rafforza notevolmente il reddito di inclusione. Da luglio 2018 sarà universale e non più riservato ad alcune categorie, come le famiglie con minori. Ma le risorse non sono ancora sufficienti per raggiungere tutti i poveri assoluti.
Davvero Alitalia è indispensabile per collegare i vari angoli del paese, come sostiene il ministro Calenda? Da qui comincia il fact-checking de lavoce.info: mettiamo sotto esame le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, possibilmente con i numeri, se hanno detto il vero o il falso.
L’euro è accusato spesso di essere la causa della stagnante produttività italiana e quindi della scarsa crescita e dei bassi salari del paese. In alternativa si propone il ritorno alla lira per svalutare e sostenere competitività ed esportazioni. Ma poi c’è anche il resto. Nel 2017 in Italia l’inflazione è tornata all’1 per cento. Più probabile una discesa del rapporto debito/Pil. E le imprese possono trasferire aumenti di costo sui consumatori. Ma questi ultimi – i cui stipendi non salgono in proporzione – consumeranno meno. A meno che non arrivi la riforma dell’Irpef.
I dati del Def mostrano una spesa sanitaria sotto controllo, vicina al 6,5 per cento del Pil, in aumento di un miliardo all’anno. Bene? Ni, perché così si fa solo manutenzione del Ssn. Mancano gli investimenti (come in Germania e Francia) per migliorare i servizi negli ospedali e sul territorio e farli arrivare ai cittadini in modo il più possibile omogeneo. A questi temi è dedicato il Festival dell’economia di Trento dall’1 al 4 giugno prossimi. Titolo: “La salute disuguale“. Tra paesi e tra regioni, tra classi di reddito e tra generi, la disuguaglianza nella cura della salute è particolarmente odiosa.
Per attuare la legge delega e costruire il Reddito di inclusione, il governo ha firmato un memorandum con l’Alleanza contro la povertà. Un soggetto che riunisce 37 organizzazioni: associazioni, regioni, comuni, sindacati, enti del terzo settore. E li rappresenta per la prima volta in un percorso legislativo.
In controtendenza rispetto alla recente ondata neo-protezionista, entra in vigore l’accordo multilaterale sulle facilitazioni commerciali negli scambi internazionali (Trade Facilitation Agreement, Tfa). È l’intesa più significativa della storia del Wto. Su altri dossier, però, le posizioni sono ancora distanti.
15 anni de lavoce.info: feste-convegni 5 giugno a Milano e 6 giugno a Roma
Nel 2017, lavoce.info compie 15 anni. Festeggeremo il compleanno con i nostri affezionati lettori e sottoscrittori la mattina di lunedì 5 giugno a Milano e il pomeriggio di martedì 6 giugno a Roma. Intanto: SAVE THE DATE! A breve comunicheremo il come e il dove.
E, se potete, destinate e fate destinare il 5 per mille dell’Irpef a questo sito in quanto “associazione di promozione sociale”: Associazione La Voce, Via Bellezza 15 – 20136 Milano, codice fiscale 97320670157. Grazie!
Alla legge delega sul contrasto della povertà è seguito il Memorandum d’intesa fra il governo e l’Alleanza contro la povertà. Sarà la base per il prossimo decreto attuativo. Trasferimenti monetari e servizi alla persona sono componenti inseparabili.
Misura per le famiglie davvero povere
Grazie per tutti i commenti al mio articolo “Reddito di inclusione, un buon primo passo”. Cerco di rispondere qui alle questioni sollevate dai lettori.
Quello che scrive il lettore che si firma “Shadok” è vero: la spesa sociale italiana non è bassa. È però molto squilibrata, visto che buona parte va in pensioni. Per la famiglia e per il contrasto alla povertà spendiamo molto meno degli altri paesi europei. Con un aumento del Pil anche moderato, sarebbe possibile trovare i fondi per il reddito di inclusione semplicemente con un riequilibrio interno alla spesa sociale, tenendo ferma la voce pensioni.
Non avevo proprio pensato alla possibilità che il reddito di inclusione sia il modo per aggirare l’ostacolo dei maggiori controlli sui falsi invalidi, come suggerisce Bruno Gazzola. Forme di reddito minimo esistono in tutte le economie sviluppate, anche negli Usa. Certo c’è il rischio che se ne faccia un cattivo uso e per questo un avvio della misura lento e su una platea limitata può essere un vantaggio, perché permette di intervenire e correggere gli eventuali difetti, ma dobbiamo stare attenti a non buttare il bambino con l’acqua sporca. Sicuramente qualcuno approfitterà del nuovo trasferimento senza averne diritto, ma ci sono tante famiglie davvero povere, soprattutto dopo un decennio di crisi economica. E se anche alcuni adulti possono cercare di fare i furbi, che colpa ne hanno i loro figli?
Albert Hirschman ci ha insegnato che, quando si cerca di fare una riforma, ci sono alcuni argomenti retorici che puntualmente vengono sostenuti per opporvisi: la perversità (la riforma produrrà effetti opposti a quelli che i proponenti auspicano, nel caso specifico la povertà aumenterà), l’inutilità (non cambierà nulla, sarà solo uno spreco di soldi), la messa in pericolo (le cose addirittura peggioreranno). Elementi di rischio sicuramente esistono in ogni cambiamento, ma cerchiamo di non farci paralizzare dalle paure.
Sono d’accordo con Massimo Bassetti che la povertà si combatte soprattutto con il lavoro e che per questo sia anche importante ridurre il carico fiscale su chi lavora. Ma il reddito di inclusione completa una rete di interventi che dovrebbe soprattutto servire per reinserire al lavoro chi lo ha perso. Come scrive Giulia Ghezzi, i rischi di assistenzialismo ci sono, ma se ci blocchiamo davanti alle possibilità di insuccesso non cambierà mai nulla.
Condivido l’idea di Giustino Zulli che l’imposizione sulla prima casa sarebbe un’ottima via per finanziare il reddito di inclusione. Personalmente, aumenterei anche l’imposta sulle successioni, riducendo il prelievo sul lavoro.
Gennaro usa a proposito dei poveri l’aggettivo invisibili: ci aiuta a capire perché in Italia non c’è ancora il reddito minimo, mentre abbiamo tanti altri interventi, più o meno importanti, introdotti negli anni per soddisfare categorie politicamente più visibili.
La legge delega contro la povertà è stata approvata definitivamente. La misura principale è l’introduzione del Rei, il reddito di inclusione. Avvia un processo che può portare in pochi anni l’Italia ad avere un reddito minimo universale.
Perché il Rei può funzionare
Di Ugo Trivellato
il 12/05/2017
in Commenti e repliche
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