Le sanzioni imposte dai paesi occidentali alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina non hanno rallentato l’economia russa. Perché Mosca le ha superate grazie alla crescente prosperità dei “paesi terzi”. Sui quali potrebbero ora ricadere nuove restrizioni.
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Risolta la fase critica dovuta alle sanzioni, la banca centrale russa deve oggi districarsi tra l’esigenza di una stretta monetaria che raffreddi economia e pressioni inflazionistiche e la volontà politica di continuare ad alimentare la macchina bellica.
Le dure sanzioni imposte dai paesi occidentali dopo l’invasione dell’Ucraina non hanno portato al tracollo l’economia russa. I motivi sono da ricercare in misure inizialmente blande su gas e petrolio, nelle contromosse russe e nel contesto internazionale.
In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, molte imprese si sono volontariamente unite alle sanzioni decise da alcuni Paesi. Le sanzioni private derivano dal timore che, in caso di inazione, le imprese avrebbero potuto essere penalizzate dai loro stakeholder. Alcuni azionisti, lavoratori e clienti sono disposti a subire un danno economico pur di vedere rispettati i loro valori. Le imprese dovranno tener conto in modo sempre maggiore delle conseguenze politiche delle loro scelte.
Le sanzioni contro la Russia sono efficaci o a pagarne il prezzo sono i cittadini europei? Per ora hanno dato risultati le misure finanziarie e personali. Nel lungo periodo Mosca dovrà fare i conti con calo del Pil, minori investimenti e fuga di cervelli.
Le sanzioni alla Russia sono sacrosante, ma alcune decisioni sembrano irrazionali. Per esempio, la volontà statunitense di portare Mosca al default. Oppure la discussione sul pagamento in rubli del gas. Un po’ di pragmatismo sarebbe più utile dei proclami.
Nei primi giorni di maggio le esportazioni di gas russo verso l’Europa attraverso la rotta ucraina hanno registrato un significativo e rapido aumento. Succede perché i flussi sono regolati dai contratti. E Mosca riesce ad approfittare della situazione.