Dopo l’approvazione definitiva, ricapitoliamo come la Legge di stabilità influirà sui conti pubblici. Non rappresenta una sfida al rigore di Bruxelles, ma un modesto e temporaneo sforamento degli obiettivi di deficit. La spending review non ha tagliato la spesa in misura sufficiente.
Tag: spesa pubblica Pagina 6 di 8
Commentando, nel 2004, la candidatura di Londra per le Olimpiadi del 2012, in concorrenza con Parigi, l’Economist concludeva augurandosi che Parigi trionfasse. E non per un improvviso attacco di francofilia. Ma perché temeva costi elevatissimi e benefici, tutto sommato, modesti per il contribuente britannico che avrebbe dovuto sborsare un bel po’ di sterline. I costi previsti nel 2002 erano pari a 1,8 miliardi di sterline, poi saliti a 3,1 miliardi nel 2003 e quindi a 4,2 nel 2005 e 6,5 nel 2007, con circa 2,8 miliardi stanziati direttamente dal Tesoro. Il consuntivo, a prezzi del 2009, ha fatto registrare un costo di 14,8 miliardi di dollari: un extra-costo, rispetto alle ultime previsioni, del 101 per cento.
C’è qualche fondata ragione di pensare che a Roma le cose potranno andare meglio, anche se nel frattempo i venefici tentacoli di mafia capitale saranno stati del tutto recisi? Stando all’esperienza di altri giochi olimpici, si direbbe proprio di no. Gli extra-costi sono stati comuni a tutte le olimpiadi estive ed invernali dal 1960, con picchi a Montreal (1976) e Lake Placid (1980). Vero è che la dimensione media di questi extra-costi è andata diminuendo dal 2000 in poi, ma proprio con Londra 2012 si è avuta, ahimé, una nuova esplosione sia dei costi che degli extra-costi.
Certo gli extra-costi non sono belli, ma se venissero interamente coperti dai biglietti si potrebbe anche chiudere un occhio, a parte il fatto che i benefici non sarebbero comunque uguali per tutti e ci sarebbe da discutere se costruttori, commercianti, albergatori e ristoratori siano proprio i soggetti che si vuole favorire di più … Il guaio è che le Olimpiadi (salvo quelle di Los Angeles, 1984 e Atlanta, 1996) hanno gravato non poco sulla finanza pubblica dei paesi organizzatori. In alcuni casi (come Atene 2004) facendo la loro parte nel dissesto, prima nascosto e poi conclamato, del bilancio dello Stato. Nell’ultimo esempio italiano – i giochi invernali di Torino 2006 –il Governo e gli Enti locali ci hanno messo il 93,7% degli oltre 2, 1 miliardi (di euro) spesi per i soli investimenti (altri 1,2 miliardi sono stati spesi per la gestione dell’evento). I privati, con il consueto coraggio che caratterizza i capitalisti italiani, hanno contribuito agli investimenti per appena il 6,3%. A fronte di costi di oltre 3,3 miliardi i benefici sono stati stimati con generosità il 2,5 miliardi: con un bilancio negativo per oltre 800 milioni di euro.
Chissà se gli economisti di Palazzo Chigi hanno informato il loro capo squadriglia di questi numeri?
I quali numeri, si sa, sono aridi e non scaldano il cuore come vedere una controfigura della Regina Elisabetta calarsi dall’elicottero insieme con James Bond/Daniel Craig nel cielo dello stadio olimpico. Magari, Renzi non avrà neanche bisogno della controfigura, se si sarà tenuto in allenamento e sarà stato capace di restare in sella per dieci anni. E poi potrebbe sempre entrare in lettiga, come un imperatore romano che si rispetti.
La corruzione non è la sola responsabile dell’elevato indebitamento del nostro paese. E non basta contrastare il fenomeno per risolvere il problema. Le difficoltà incontrate da ogni tentativo di razionalizzazione della spesa appaiono un ostacolo maggiore alla creazione di un clima di fiducia.
È davvero possibile tagliare la spesa sanitaria senza compromettere i servizi erogati ai cittadini? Negli ultimi anni si è fatto ricorso a diversi strumenti, ma sono mancate le azioni strutturali e la capacità di investire sui processi di cambiamento e le competenze dei funzionari pubblici.
La deflazione è un pericolo reale per l’Eurozona: unita alla stagnazione può diventare una tenaglia letale per i paesi con alto debito pubblico. Uscirne si può, a patto di vincere alcuni tabù. Per esempio, avviando una politica di investimenti pubblici finanziata direttamente dalla Bce.
Gli investimenti in infrastrutture pubbliche sono un banco di prova importante per il Governo. Che, dalle prime mosse, non sembra aver “cambiato verso”. Occorrono strategie di programmazione e valutazioni che dimostrino quanto i benefici sono superiori ai costi.
La sanità è stata il principale bersaglio nella ricerca della quadratura dei conti pubblici. Con altri tagli i cittadini sarebbero chiamati a pagare prestazioni ora a carico della fiscalità generale. I recuperi di efficienza vanno utilizzati per colmare le carenze più rilevanti del sistema.
Da tempo in Italia si parla di revisione della spesa: poco è stato fatto, molti sono ancora i campi in cui è necessaria una razionalizzazione. Ripercorriamo gli interventi pubblicati negli ultimi 5 anni con alcuni suggerimenti ancora validi.
Nel suo programma di lavoro, il commissario straordinario per la revisione della spesa ha indicato in modo sintetico ma chiaro obiettivi e modalità dell’operazione. Ci sono però alcuni punti sulla metodologia da seguire che, se non approfonditi, rischiano di far fallire l’intera spending review.
Tutti vogliono ridurre le tasse. Ma non si può farlo se non si riduce la spesa. Per poter chiedere sacrifici, bisogna tagliare i costi della politica. Per farlo, è necessario avere un’idea chiara di numeri e sprechi. Vediamo quali.