La spinta verso la globalizzazione “selettiva” non porterà necessariamente i paesi ad aggregarsi sotto la sfera di influenza americana o cinese. Molti stati non vogliono né possono scegliere uno schieramento: potrebbe diventare un fattore equilibratore.
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L’inflazione resta persistente negli Stati Uniti e nell’Unione europea. Dunque, le banche centrali dovrebbero insistere con gli incrementi dei tassi di interesse. Ma dal punto di vista della solvibilità delle banche, ciò potrebbe rivelarsi disastroso.
Il fallimento di Silicon Valley Bank trae origine da errori del management e carenze della vigilanza. E un ruolo ha giocato la deregulation di Trump sulle banche medie. La gestione della crisi sembra però in grado di evitare un allargamento del contagio.
L’economia mondiale sembra riconfigurarsi in gruppi integrati di paesi affini, sotto la sfera di influenza americana o cinese, in competizione per l’egemonia economica, politica e culturale. Per la Unione europea non sarà un percorso semplice.
Dopo due anni di controllo democratico del Congresso e della Casa Bianca, i Repubblicani torneranno a controllare perlomeno la Camera, con importanti conseguenze sulla qualità dell’attività legislativa.
L’inflazione rimane alta negli Stati Uniti e continua a crescere in Europa e in tanti altri paesi. Forse nei prossimi mesi cominceranno a rallentare i prezzi delle materie prime energetiche e alimentari, ma le banche centrali non cambieranno politica.
Tradizionalmente, negli Stati Uniti il partito del presidente perde voti e seggi alle elezioni di Midterm. In questa tornata, poi, con l’inflazione in crescita e il rischio di una grave recessione, è la situazione economica a preoccupare gli americani.
La Fed sembra ormai prossima ad avviare una decisa “normalizzazione” della politica monetaria. Ma il suo assetto operativo è cambiato radicalmente negli ultimi anni. Comprendere il nuovo regime è fondamentale per prevedere le prossime mosse.