I mesi di lockdown hanno messo a nudo tutti i ritardi e le lacune delle infrastrutture digitali italiane. Al di là della fusione Tim-OpenFiber di cui si discute, serve un cambio di passo. Da parte dei fornitori di servizi e della Pa ma anche da parte dei cittadini.
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In un mondo in cui gli operatori di servizio utilizzano contemporaneamente molte infrastrutture di rete, si attenuano le ragioni per l’integrazione verticale nelle telecomunicazioni. Su questo scenario del prossimo futuro si innesta la vicenda Telecom.
L’infografica mette in evidenza le partecipazioni di Vivendi in Mediaset e in Tim. Il gruppo di Bolloré ha rastrellato il 28,8 per cento nel capitale della società del Biscione (29,9 per cento dei diritti di voto per effetto delle azioni proprie della società) ed è dunque a un passo dalla soglia dell’Opa obbligatoria. Ma non si arriverà a questa operazione se l’Agcom – autorità per le telecomunicazioni – la riterrà giuridicamente impraticabile. Già ora, infatti, Vivendi sembra occupare una posizione dominante nel mercato delle telecomunicazioni e dei media in Italia secondo le regole del Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni creato dalla legge Gasparri. L’Agcom ha tempo fino al 21 aprile per ufficializzare queste conclusioni e indicare le strade percorribili per sciogliere il nodo tra queste società se arriverà alla conclusione che non è ammesso dalla legge.
L’Europa nel panico davanti ai profughi ammassati alle frontiere delega alla Turchia il compito di bloccarli. Con le sue regole. Per il fastidio, 6 miliardi di euro e la riapertura del negoziato per l’entrata di Ankara nella Ue. Vincere la paura è difficile finché i profughi saranno identificati come potenziali terroristi e confusi con gli immigrati economici.
Non c’è pace per Telecom Italia. Dopo la privatizzazione del 1997 è passata di mano in mano fino al nuovo socio di maggioranza Bolloré con la sua media company Vivendi. All’orizzonte un’alleanza societaria con Mediaset. I nuovi assetti saranno un bene per le aziende coinvolte se stavolta il cda di Telecom tutelerà l’interesse dell’impresa, non quello dei suoi grandi azionisti.
Gli occhi sono sempre puntati su quanta occupazione si crea. Conta però anche la qualità del lavoro: tra i paesi Ocse, l’Italia è quasi in media nelle remunerazioni, scarsa nella protezione di chi perde il posto e in fondo alla classifica per l’ambiente lavorativo. Ancora da vedere, in questi campi, l’effetto Jobs act.
Quando lavorano insieme, università e imprese danno ottimi risultati. Ma avviare la collaborazione è difficile. Uno studio ha individuato i fattori che la ostacolano e quelli che la favoriscono. Ecco un tema che il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia dovrebbe segnarsi nell’agenda.