Il Tfr in busta paga dovrebbe stimolare consumi, domanda aggregata e occupazione. I dati suggeriscono che una quota tra il 5 e il 16 per cento di dipendenti del settore privato potrebbe decidere di spendere in consumi il flusso annuale del Tfr. Con un aumento del Pil tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento.
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Il provvedimento sul Tfr in busta paga è un elemento importante della strategia complessiva per un rilancio della domanda aggregata e dei consumi. Certo, non mancano le criticità. Alcune simulazioni per chiarire gli effetti della misura nei diversi casi.
Corsi e ricorsi di un’idea sbagliata: mettere il Tfr in busta paga. Una proposta che continua a riaffiorare nella politica italiana e che aprirebbe voragini sul futuro pensionistico di molti lavoratori. Senza rilanciare i consumi. Una raccolta di articoli sul tema.
Dieci buoni motivi (in ordine di importanza) per bocciare il progetto di mettere il Tfr in busta paga. E un Dossier con gli interventi pubblicati su questo sito.
Fa bene il ministro dell’Economia Padoan a sfidare la Commissione europea sulle stime dell’output potenziale dei paesi membri e, particolarmente, del nostro. Perché calcolato con metodi sofisticati ma con una notevole dose di arbitrio. Cerchiamo di capire come reagirà l’Europa alla decisione unilaterale di Italia e Francia di non rispettare gli obiettivi del Patto di stabilità e crescita non solo sul debito, ma anche sul disavanzo. Quali le procedure previste? Con quali tempi? E le eventuali sanzioni?
Per i suoi studi sulla regolamentazione e il potere dei mercati Jean Tirole è il Nobel 2014 dell’economia. Il suo grande merito è stato quello di utilizzare la teoria dei giochi per capire le interazioni fra imprese. È stato, tra l’altro, autore con Olivier Blanchard (oggi capo economista al Fmi) di una proposta di riforma del lavoro in Francia con contratto unico a tutele progressive.
L’euro è una trappola? Un confronto tra Hans-Werner Sinn e Massimo Bordignon.
Una replica di Stefano Patriarca, autore di “Tfr in busta paga?”, al commento di Michele Tronconi e ad altri interventi sul tema.
Il Governo sta discutendo se inserire il Trattamento di fine rapporto in busta paga. Elenchiamo dieci motivazioni, in decrescente ordine di importanza, per cui questa scelta non sembra ottimale.
A mo’ di replica all’intervento di Stefano Patriarca e di tutti quelli che plaudono all’idea di mettere il Tfr in busta paga rispondo a due domande, accenno ad un progetto e faccio una controproposta. Senza alcuna pretesa di essere esaustivo.
Si chiamano cicli e ricicli. L’idea di mettere il Tfr in busta paga continua a riaffiorare nella politica italiana. Recuperiamo un pezzo d’archivio che discuteva questa proposta tre anni fa. E prima di allora Tremonti e Damiano ne avevano trattato. È una misura sicuramente popolare ma che apre voragini sul futuro pensionistico di molti e ben difficilmente potrà rilanciare i consumi. Se è questo l’obiettivo, il Governo dovrebbe anzitutto dimostrare di saper coprire il bonus di 80 euro e altri tagli alle tasse. Ma della spending review nella manovrina si è persa ogni traccia.
Riuscirà la legge di stabilità che il Governo sta preparando a non venire rimandata al mittente da Bruxelles? Bene riguardare i vincoli europei raccolti in un nostro Dossier che riproponiamo.
Con la riforma della pubblica amministrazione la politica dovrebbe rimanere fuori dalla porta. Peccato che sia prevista la possibilità per gli enti locali di assumere dirigenti a tempo determinato. Un modo per cooptare esponenti di partito nelle amministrazioni.
Altro che olio per gli ingranaggi! La corruzione fa crescere la spesa pubblica per il maggior costo dei servizi e dei beni e allo stesso tempo diminuisce il tasso di crescita del Pil e perciò riduce il gettito fiscale. Eppure né da questo Governo né dai precedenti sono arrivate misure efficaci per arginarla.
Michele Tronconi, presidente di Assofondipensione, commenta l’intervento di Stefano Patriarca “Tfr in busta paga?“
Al di là di obiezioni più o meno fondate, la vera questione è se il Tfr in busta paga servirà a rilanciare l’economia italiana. La crisi ha cambiato in peggio le aspettative delle famiglie italiane sul futuro e non sarà facile riportare l’ottimismo.
Tfr in busta paga: perché sì e perché no
Di Pietro Reichlin
il 20/10/2014
in Commenti e repliche
Le “dieci ragioni” contro la proposta di lasciare il Tfr in busta paga enunciate da Tito Boeri non mi convincono. È evidente che il superamento di questo istituto implica ostacoli e problemi di transizione non banali. Come si finanzieranno da domani le piccole imprese? Quali asimmetrie di trattamento si verranno a creare tra lavoratori? Tuttavia, ogni riforma dei regimi previdenziali determina ostacoli e diseguaglianze. Non mi soffermo, quindi, sui problemi legati all’attuazione della misura, ma sui principi più generali. In particolare, provo a elencare quattro ragioni per cui, secondo me, sarebbe opportuno lasciare ai lavoratori la libertà di scegliere come impiegare il proprio salario.
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