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Il Punto

Sono sempre poche le donne al World economic forum (Wef) di Davos: quest’anno solo il 22 per cento dei partecipanti. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni del mondo. Vale anche in Italia, dove aumenta la percentuale di donne nei Cda delle quotate ma meno gli amministratori delegati. Al Wef si è parlato anche di disuguaglianza economica: 3,8 miliardi dei più poveri al mondo hanno tutti insieme un patrimonio pari alle 26 persone più ricche. Si può discutere dei numeri precisi ma il quadro è quello.
Tim soffre di una governance instabile, incapace di esprimere una visione. In realtà la società è paralizzata da poco trasparenti lotte tra azionisti sul tema dello scorporo della rete. E così il titolo soffre in borsa mentre si ricomincia a sentire odore di intervento statale.
Il suo presidente Mario Draghi – ammettendo il rallentamento dell’economia Ue – ha confermato che la Bce non toccherà i tassi fino a dopo l’estate e che continuerà a reinvestire i titoli pubblici in scadenza. Da Francoforte una politica “accomodante” ma anche un atteggiamento severo verso le banche che dovrebbero disfarsi dei loro crediti in sofferenza. Lo stesso rigore, accompagnato da richieste di trasparenza, andrebbe applicato agli strumenti finanziari illiquidi che riempiono i conti delle banche, specie francesi e tedesche.
Arriva la stagione delle analisi costi-benefici delle grandi opere pubbliche. Vediamo come è stata fatta quella del Terzo valico ferroviario (verso la Liguria), risultata negativa. Con valutazioni discutibili, a partire dalla riduzione delle accise sul carburante (meno trasporto su gomma) considerata stranamente un costo.
Le rotte migratorie si aprono e si chiudono secondo le politiche dei paesi di transito e di arrivo. Come mostra la storia dei nostri rapporti con la Libia. Ci sarà sempre qualche percorso verso l’Europa e nessun paese può illudersi di contrastare da solo gli ingressi irregolari. Serve istituire vie legali e corridoi umanitari.

Il Punto

Mentre Germania e Francia provano a dare concretezza alla proposta di Macron per rilanciare l’Europa (un bilancio comune per l’Eurozona, con fondi per lo sviluppo a chi è in regola), il governo Conte va avanti ad attuare la manovra bocciata dalla Ue. Probabilmente partirà la procedura di infrazione, forse un po’ attenuata dai marginali e poco credibili correttivi proposti dall’esecutivo. Nella finanziaria 2019 c’è un bel regalo per tanti lavoratori autonomi e imprese individuali: il regime di tassazione dei “minimi” viene esteso a tutti gli indipendenti sotto 65 mila euro di ricavi. Risultati sicuri: perdita di gettito per lo stato, ingiustizia rispetto a dipendenti e pensionati, incentivo per le imprese a rimanere piccole. Anche l’anticipo dei pensionamenti con “quota 100” sarà un probabile regalo ai 475 mila aventi diritto, finanziato come in passato dai più giovani. Con “coperture” temporanee e nuove iniquità anche a carico delle donne (del tutto trascurate in questa legge di bilancio). In ogni caso si può stimare che la bassa crescita e l’alta disoccupazione degli ultimi 20 anni abbiano già ridotto l’importo della pensione futura rispetto al 1995, anno di avvio del sistema contributivo, quando si puntava su un Pil in aumento all’1,5 per cento annuo.
Bel sogno (o pura propaganda) proclamare, come Di Maio, “rifiuti zero, tutto riciclato”. In un futuro possibile si dovrà sempre bruciare una parte di spazzatura. In paesi come Germania, Svezia, Olanda tra un terzo e metà finisce nei termovalorizzatori. Che producono energia e sono a bassa influenza camorristica.
Con la controversa nomina a Ceo di Tim, Paolo Gubitosi trova sul proprio tavolo vari dossier delicati. A partire dallo scorporo della rete, potenziale infrastruttura a controllo pubblico che ingolosisce la politica ma anche asset strategico e unico per l’ex TelecomItalia, grande società oggi zavorrata dai debiti.
Nulla di nuovo nella pretesa del ministro dell’Interno Salvini di rafforzare “finalmente” le forze di polizia con circa 6 mila nuove assunzioni. Era già previsto nei programmi del governo Gentiloni.

Dalla rete al futuro, Tim gioca una partita da brivido

La nomina di Gubitosi ad amministratore delegato apre un nuovo capitolo della vicenda di Tim. In gioco non c’è solo la creazione di un’unica infrastruttura nazionale in mani pubbliche. C’è anche il futuro di una grande società, oggi oberata dai debiti.

Nasce dalla rete l’ennesima tempesta su Tim

Il progetto di costruire una seconda rete di telecomunicazione ultrabroadband probabilmente implicava già la riunificazione con la rete di Tim. Ma la fusione perseguita dal governo Conte apre molti problemi. Alcuni dei quali di competenza dell’Antitrust.

Il Punto

La Brexit annacquata proposta da Theresa May ai britannici scontenta soprattutto i brexisti duri perché l’accordo con la Ue fa tante concessioni a Bruxelles, ad esempio mantenendo la giurisdizione della Corte di giustizia europea sulle controversie. In caso di bocciatura in Parlamento possono arrivare esiti molto diversi, tragici o comici.
Il progetto del governo italiano di scorporare la rete da Tim per fonderla con quella che OpenFiber sta costruendo è probabilmente all’origine del licenziamento del Ceo, Amos Genish, contrario all’idea. Sullo sfondo una certa confusione sulla relazione tra pubblico e privato e su autorità indipendenti e concorrenza.
Il disegno di legge Pillon vuole sostituire le norme sull’affido condiviso con un impianto che penalizza le madri. Ignorando il reale stato della cura dei figli e del mercato del lavoro femminile in Italia, la legge suggerisce alle donne di non separarsi anche se coinvolte in unioni infelici.
Tanta attenzione mediatica sul contrasto all’ingresso degli irregolari in mare, alle frontiere e dentro al paese, con identificazioni ed espulsioni. Al netto dei titoloni in realtà tale attività oggi ristagna al contrario di ciò che è avvenuto in passato. Vedere i numeri per credere.
Per rappezzare i numeri traballanti di una manovra economica che non servirà per la crescita si ricomincia a parlare di vendita del patrimonio pubblico. Di cui abbiamo stimato l’entità. Per gli immobili dello stato, i problemi di sempre: valori depressi da scarso utilizzo e poca redditività. Nella legge di bilancio, su regioni e comuni c’è la semplificazione delle regole fiscali, il rilancio degli investimenti e lo sblocco delle aliquote delle imposte locali. E incentivi per tagliare i costi della politica dei quali non si calcolano i risparmi attesi.
Riformare la prescrizione dilatando all’infinito i tempi di una causa penale cozza contro la garanzia costituzionale di un processo di “ragionevole durata”. Serve che l’imputato non rimanga ostaggio della giustizia e al contempo che, grazie ad abili avvocati, non muoiano i procedimenti per decorrenza dei termini.

Il Punto

La “quasi” flat tax che verrebbe introdotta nell’ipotesi di un governo M5s-Lega darebbe metà dei risparmi ai redditi più alti lasciando comunque 50 miliardi di buco nei conti pubblici. Nel frattempo Matteo Salvini si concentra su un obiettivo più facile, la riforma del bilancio Ue, bollata con il riassunto: “Meno soldi agli agricoltori, ai comuni, alle famiglie, 100 miliardi di nuove tasse europee e più soldi per gli immigrati e chi li ospita”. Falso, come indica il fact-checking de lavoce.info.
L’eventuale accordo M5s-Lega potrebbe includere come punto qualificante anche l’assunto che la concorrenza serve a poco. Se fosse, niente di nuovo: come ricorda la relazione dell’Autorità antitrust, anche nel 2017 la legge “annuale” per la concorrenza era stata approvata con un ritardo di tre anni. Intanto con la Cassa depositi e prestiti (Cdp) ritorna la mano pubblica in Tim a supporto di un fondo d’investimento che dice di voler proteggere i piccoli azionisti dallo sfruttamento di Vivendi. In effetti Cdp e il fondo Elliott hanno messo in minoranza il primo azionista e controllano la maggioranza del cda di Tim. La Consob dovrebbe chiedere chiarimenti ai tre azionisti. Altra contesa dai contorni poco chiari è quella dei diritti televisivi del calcio. Su cui Lega calcio, Sky e la società Mediapro giocano una partita miliardaria a colpi di aste, trattative private, ricorsi agli arbitri (Antitrust e Tribunale civile). È il caso di dirlo: il calcio è nel pallone.
Negli ultimi dieci anni si è ridotta dal 48 al 45 per cento del totale la quota di paesi classificabili come democrazie. Tra gli stati in recessione democratica la Tunisia ma anche Gabon, Ucraina, Messico e Maldive. E crescono gli elementi illiberali in Usa e alcuni paesi Ue (Malta, Polonia, Ungheria). Cosa sta succedendo?

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E se il nuovo cda facesse l’interesse di Tim?

Tim è ora guidata da una coalizione variegata, nella quale manca un socio dominante. La situazione che si è creata dà al cda un’occasione storica per fare il suo dovere. Che non è garantire un profitto ai soci, ma agire nell’interesse dell’impresa.

Il Punto

La proprietà e il controllo di Tim sono oggi contesi tra privati come Vivendi di Bolloré e il fondo Elliot e un operatore pubblico come Cassa depositi e prestiti. L’importante per i servizi tlc sarà che si realizzi la rete a banda ultralarga, integrandola con le altre infrastrutture per le telecomunicazioni.
Giorgia Meloni vorrebbe risparmi per 3 miliardi allineando la spesa per gli “immigrati clandestini” a quella per le pensioni sociali. Ma, come risulta dal fact-checking de lavoce.info, la leader di Fratelli d’Italia confonde immigrati in regola e non, pensionati sociali, asili nido e altri conti che non darebbero comunque un risparmio di quell’importo.
Due miliardi di euro è la cifra che il M5s vuole investire per rinnovare i Centri per l’impiego, un complemento del reddito “di cittadinanza” che vogliono introdurre. Facendo un po’ di conti, viene fuori che per migliorarne l’efficienza ogni anno potrebbe bastare meno della metà di tale importo.
L’accordo per l’Alcoa prevede che il 5 per cento della società vada ad un’associazione di lavoratori. Si rilancia così il confronto sulla loro partecipazione alla gestione delle imprese. Un po’ ovunque nella Ue ci sono forme di intervento dei lavoratori nelle aziende ma non esiste un modello unico. Da noi il riferimento è l’articolo 46 della Costituzione. Sempre a proposito di lavoro, la legge di bilancio 2018 prevede nuovi incentivi alle imprese per la formazione. Ma – lo svela uno studio – spesso le aziende preferiscono una forte flessibilità basata su contratti a termine con lavoratori che certo non vengono “formati”.
Sui quasi mille chilometri di ferrovia ad alta velocità nella nostra penisola il business si sviluppa a ritmi maggiori che sugli 8 mila chilometri degli altri grandi paesi europei. Probabilmente perché l’Italia è l’unico che ha aperto questo mercato alla concorrenza. E i consumatori ne apprezzano i frutti.

Il Punto

La Corte costituzionale dice di aver ridotto il proprio costo a carico dei contribuenti di 9 milioni. Al netto di riclassificazione di voci, i milioni tagliati sono però solo due. Gocce nel mare della spesa pubblica. Ma i giochetti contabili da parte di uno dei massimi organi della Repubblica sconcertano.
Il sospetto di manipolazione dei dati sorge anche quando grandi imprese britanniche – sotto l’impulso di una nuova legge – si trovano a dichiarare che il differenziale di stipendi tra uomini e donne è zero. Una prima analisi dei dati italiani indica che da noi il divario è più alto per le grandi che per le piccole imprese.
Volge alla fine la breve guerra tra Berlusconi e Bolloré, il patron di Vivendi che ha tentato di scalare Mediaset e controlla Tim con il 24 per cento delle azioni. Proprio quest’ultima pagherebbe il prezzo della pace tra i due litiganti. Ma è ora che di tutto ciò il mercato venga informato chiaramente.
Sognano di metter su famiglia con un paio di figli i giovani italiani e francesi. Ma i primi rinviano le loro scelte, mentre i secondi – dicono i numeri – realizzano i progetti. Merito di scelte coerenti nelle politiche per la famiglia, qui carenti e occasionali. Le troveremo (ed espresse come) in qualche programma elettorale?
Il flusso di immigrati regolari, in maggioranza con competenze limitate, sembra aumentare la già elevata polarizzazione del mercato del lavoro e nei livelli di istruzione in Italia. Chi percepisce bassi salari non trova conveniente studiare di più, mentre chi fa lavori ben pagati beneficia di servizi meno cari – dice uno studio recente.
Diventano più stringenti le regole europee sui crediti inesigibili (Npl) che richiedono alle banche di farli emergere e disfarsene in tempi rapidi. In Italia, però, c’è un macigno che blocca il cammino: la lentezza della giustizia civile. Un ostacolo che le lobby degli avvocati e dei magistrati non vogliono rimuovere.

Nel duello Vivendi-Mediaset a perdere è Tim

Dopo il mancato “matrimonio”, Vivendi e Mediaset sono comunque costrette a trovare un’intesa che chiuda il contenzioso. Sembra che la soluzione sia a portata di mano grazie a Tim, nell’ennesimo sopruso perpetrato dai suoi azionisti di riferimento.

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