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L’autonomia differenziata tra economia e Costituzione

L’autonomia differenziata creerebbe eccessive sperequazioni nella sfera di attribuzioni di materie alle diverse regioni, già dall’avvio dei negoziati. È ciò che legittima le regioni svantaggiate a impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale.

Le critiche degli economisti

Il recente Country Report sull’Italia della Commissione europea segnala rischi per la coesione e la finanza pubblica e maggiori costi, sia per il settore pubblico sia per quello privato, derivanti da un’eccessiva devoluzione di poteri a singole regioni su base differenziata e in mancanza di una cornice unitaria. Preoccupazioni nello stesso senso sono state espresse dalle testimonianze rese dalle istituzioni indipendenti “esperte” in tema di economia e finanza pubblica (Banca d’Italia, Corte dei conti e Ufficio parlamentare di bilancio) presso le Commissioni parlamentari. Autorevoli economisti hanno denunciato come le richieste di massiccio decentramento di competenze pubbliche, perdipiù in modo differenziato tra regione e regione, in ordine sparso e senza un disegno complessivo, determinino maggiori diseguaglianze, effetti incalcolabili sui conti pubblici, inefficienze, minore trasparenza per i cittadini e difficoltà per le imprese. Su lavoce.info lo scrivono per esempio Massimo Bordignon, Giuseppe Pisauro, Leonzio Rizzo, Ivo Rossi, Gianfranco Viesti, Sandro Staiano, Alberto Zanardi (anche qui). Le richieste di decentramento differenziato dovrebbero di conseguenza limitarsi a integrazioni delle attuali competenze e a ciò che è trasferibile in base a parametri che valutano gli interessi generali in rapporto alle specificità dei territori regionali ed essere pertanto giustificate alla luce di questi criteri. Sono state messe in evidenza anche l’incompiutezza e varie lacune della legge quadro.

Le ragioni di incostituzionalità 

Allo stesso tempo le argomentazioni critiche basate sulla Costituzione (tra cui il paper di Astrid e suoi coautori, i pregiudiziali di costituzionalità presentate in Parlamento dal Gruppo del PD, l’ordine del giorno Cuperlo n. 9/1665/22, articoli di Maurizio Meschino (qui e qui) e, con diversa argomentazione,  di Marco Cammelli, Sandro Staiano e altri) segnalano che con la legge Calderoli le possibili richieste di autonomia riguardano materie o ambiti di materie, come accadeva nelle prime proposte di intesa su funzioni e risorse avanzate sulla scia dei referendum regionali di Veneto e Lombardia, diretti a ottenere così una sorta di statuto speciale. L’articolo 116, terzo comma, prevede invece forme e condizioni particolari di autonomia “concernenti” determinate materie che vengono meramente individuate richiamando il successivo articolo 117. Le forme ulteriori e le condizioni particolari di autonomia sono all’interno delle sfere di competenza per materia fissate dall’articolo 117 e si avvalgono dei loro ampi margini di flessibilità. Ne deriva l’impossibilità di azzerare in ciascuna materia la titolarità e la competenza normativa primaria dello stato, che può essere ridotta solo per le porzioni che si ritengono trasferibili in relazione alle condizioni particolari di ciascuna regione. L’articolo 116 terzo comma si integra – e non si sovrappone – con l’articolo 117; è una clausola evolutiva e non dissolutiva del sistema dell’autonomia ordinaria e della distinzione tra questa e l’autonomia speciale fissata dallo stesso articolo 116. Altrimenti, l’articolo 116, terzo comma, dovrebbe essere letto come una norma a sé stante dotata di procedure che sovrasterebbero – non si sa perché – altre fondamentali previsioni costituzionali, fuori da qualsiasi sistema, determinando proprio quella confusa e non organizzata congerie di competenze pubbliche paventata dagli economisti.

La legge Calderoli cerca di realizzare un compromesso e uno scambio con le altre regioni con la promessa della attuazione e finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, ma non scioglie il nodo originario delle intere materie come oggetto di negoziato. Questo nodo verrà messo subito in gioco sulle materie non Lep: infrastrutture, energia, ambiente, per citarne alcune. Politiche strategiche come queste sono necessariamente multilivello ed è ancor più evidente la irragionevolezza di uno spostamento integrale di competenze, del superamento di qualsiasi ruolo dello stato e della disordinata moltiplicazione di diversi assetti su vaste porzioni del territorio, con le gravi conseguenze negative che denunciano gli economisti.

Proprio nei settori più trainanti si determinerebbero quelle eccessive sperequazioni tra la sfera di attribuzioni di diverse regioni che la Costituzione non consente. È un pericolo che si manifesta con il solo avvio dei negoziati su basi costituzionalmente improprie, che non devono consolidarsi attraverso fatti compiuti. Ne deriva la legittimazione per le regioni svantaggiate a impugnare in via diretta la legge, entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore.

Ci possiamo augurare che sarà la Corte costituzionale a restituire il baricentro costituzionale ed economico alla legge Calderoli, una volta investita dalle regioni minacciate da uno sproporzionato esercizio di autonomia differenziata rispetto a quello ben più circoscritto previsto dalla Costituzione.

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  1. Savino

    La competenza normativa primaria è sempre dello Stato, uno ed indivisibile, non essendoci una forma di Stato federale e non essendo essa prevista nemmeno dal già pasticciato Titolo V. Cosa vuol dire che pezzi di territorio nazionale “negoziano” delle materie in base alla propria “condizione”? Che “condizione” cambia tra Milano e Palermo, tra il Veneto e la Basilicata? Il bisogno di servizi sanitari, infrastrutturali, scolastici è diverso? Ai cittadini non interessa l’affidamento, come interessa a Zaia, Fontana e i loro amici o come la magistratura ha individuato nell’interesse particolare di Toti, ma interessa, invece, l’efficienza qualitativa e la prossimità dei servizi. Questi Presidenti pseudo-autonomisti stanno tradendo le istanze delle loro stesse popolazioni e non stanno facendo alcuna autocritica del caos amministrativo accaduto con l’epoca del covid. In Spagna, Puigdemont è stato incarcerato per aver aizzato verso certe falsità sulla forma di Stato, che non è quella fasulla ed inventata, ma è quella della Carta formale e sostanziale

  2. bob

    io rimango allibito come possa un Paese disquisire su una assurdità del genere . Su un atteggiamento in malafede è disonestà intellettuale che non ha riscontri nella Storia. Come si possa dare credito a queste persone e al loro passato “politico”.
    C’è una sola cosa che nello stesso tempo mi conforta e mi atterrisce :
    mi conforta che l’altissima percentuale di astenuti alle votazioni siano persone coscienti, oneste e stanche che pensare di dare credito a questi soggetti genera loro un atteggiamento di repulsione . Per assurdo una forma di maturità dei cittadini.
    Mi atterrisce che una becera minoranza in barba a tutte le regole civili e di buonsenso tira avanti senza un minimo di etica alla faccia di tutti, ma soprattutto rendendoci ridicoli alla faccia del mondo.
    Il Paese sta perdendo ulteriormente tempo. Il Paese ha bisogno come il pane di una ” ristrutturazione” generale per affrontare il futuro. Esattamente l’opposto di questa patetica, assurda penosa follia .
    Il compito di agire non è più della destra o della sinistra ma della società civile nel suo insieme

  3. B&B

    Articolo 53
    Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
    Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

    Questo è un articolo che non prevede controllo diretto della spesa, da parte di chi è obbligato a pagare. Non sono previste sanzioni per spese illegittime, in conflitto di interessi o arbitrarie.

    (Valido motivo per non pagare le tasse)

    • Savino

      Quello stesso articolo si può applicare non solo alle persone fisiche, ma anche rispetto alla capacità contributiva (di introito) delle Regioni (personalità giuridiche) nei riguardi del sistema istituzionale complessivo. Proprio perchè la Lombardia ha una capacità contributiva maggiore deve contribuire, in proporzione, al bilancio dello Stato, al risanamento dei conti pubblici e alla perequazione dell’assetto.

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