La campagna elettorale per le Europee ha ignorato temi che saranno di grande rilevanza nei prossimi anni. A cominciare dall’energia e dalla dipendenza dal gas russo. Sullo sfondo, le difficili trattative sul trattato commerciale Usa-UE e l’accordo Russia e Cina.
UNA CAMPAGNA SCHIZOFRENICA
Nel week end del 25 maggio gli europei sono andati a votare alla fine di una campagna elettorale schizofrenica. Si è discusso animatamente dei pro e contro dell’euro, cioè di una moneta che oggi vale un terzo più del dollaro, la valuta di riserva del mondo. Ci si è divisi sulle conseguenze della possibile disintegrazione dell’Eurozona, un evento a cui i mercati attribuivano (e attribuiscono) una probabilità quasi zero. Insomma, l’Europa ha votato guardandosi l’ombelico e rimuginando su decisioni assunte vent’anni fa. In questo quadro colpisce che la campagna elettorale abbia del tutto ignorato temi che, a differenza dell’improbabile disintegrazione dell’euro, avranno una forte influenza sulla vita quotidiana degli europei nei prossimi anni. Uno di questi è la politica energetica.
DOVE L’EUROPA È DAVVERO TROPPO TEDESCA
Nelle ultime settimane si è parlato molto di una Europa “tedesca” che con l’euro ha (avrebbe) fatto solo gli interessi della Germania. Si è puntato il dito contro l’eccessivo surplus commerciale tedesco nei confronti degli altri paesi dell’Eurozona, dimenticando che questo surplus è in netto calo (dal 4,5 per cento del Pil nel 2007 al 2 per cento del 2013). Parlando di Europa troppo attenta agli interessi tedeschi, non si è invece accennato alle titubanze della politica europea nell’imporre alla Russia sanzioni che le grandi imprese europee con interessi a Mosca (non solo tedesche, ma anche tedesche) non vogliono. Si è parlato ancora meno della proposta di accordo transatlantico sull’energia tra Europa e Stati Uniti del ministro portoghese Macaes: un accordo che, riducendo gli acquisti di gas dalla Russia, sarebbe un modo pratico per imporre a Vladimir Putin sanzioni che non costano e che quindi potrebbero essere gradite a tutti i paesi europei.
Facciamo un passo indietro. È da tempo che Usa e UE hanno cominciato a negoziare un mega accordo transatlantico per rilanciare il libero scambio mondiale contro la crisi. l’accordo piace a Barack Obama e alla signora Merkel, ma incontra grandi resistenze, soprattutto in Europa, per questioni ambientali come quelle legate alla liberalizzazione degli Ogm che viene vista come una minaccia esiziale per il settore agricolo e per i prodotti tipici del sud Europa. Il grande accordo transatlantico è una palude da cui sarà difficile uscire soprattutto perché molti europei non ne vedono grossi vantaggi. Invece, un accordo settoriale Usa-UE solo sull’energia che preveda la cancellazione del divieto di export di energia dagli Usa (in atto dalla prima crisi petrolifera della metà degli anni Settanta) e la predisposizione delle necessarie infrastrutture da un lato e dall’altro dell’oceano Atlantico per lo scambio di energia avrebbe parecchi vantaggi. Potrebbe consentire all’Europa e, in generale, al mondo G7 il vantaggio geo-politico di affrancarsi dal ricatto di Putin sul gas e sul petrolio. In Europa potrebbe fare da leva per indurre gli Stati che hanno lo shale gas nel loro territorio a realizzare quegli investimenti infrastrutturali che agitano le coscienze degli ambientalisti e di tutti, ma che sono importanti per garantire la sostenibilità dell’industria occidentale. Sulla sponda occidentale dell’Atlantico l’accordo creerebbe nuovi mercati per i produttori di energia americani (e canadesi) incentivando ulteriori investimenti nel settore.
Di tutti questi problemi nella campagna per le elezioni europee non si è parlato. In definitiva, non è stata sollevata la domanda delle domande: se sia opportuno che i singoli paesi continuino a privilegiare canali nazionali nel trattare con la Russia in materia di energia, anche ora che la crisi ucraina ha di fatto portato la Russia fuori dal G8. Sarebbe stato utile conoscere l’opinione degli aspiranti al Parlamento europeo su questi temi. La conosceremo dopo le elezioni, dopo aver dato loro una delega in bianco.
MENTRE L’EUROPA DORME, RUSSIA E CINA TRATTANO
Nel frattempo, però, oltre gli Urali, Vladimir Putin non è rimasto inattivo, ma è andato a Shanghai a firmare un accordo quadro con la Cina per forniture di gas, impianti e comuni progetti di trivellazione per un totale di 400 miliardi di dollari in dieci anni. Grazie all’accordo, i cui dettagli sono rimasti riservati, il colossale produttore di gas russo Gazprom potrà coprire il costo di 55 miliardi (una parte dei quali forse pagati in anticipo dai cinesi alla firma del contratto) necessari per realizzare l’impianto per trasportare gas nella Siberia orientale. Dalla Siberia avverrà la fornitura di 38 miliardi di metri cubici di gas naturale per trenta anni alle città costiere della Cina orientale, il che consente alla Cina di aprire un nuovo rubinetto di energia pulita per il suo energivoro manifatturiero. Ovviamente, l’accordo tra Russia e Cina non elimina le vecchie ruggini che, come ha scritto l’Economist, rendono i due paesi “frenemies” (amici-nemici) da sempre. Rimane che Mosca, con l’accordo, ha ottenuto un successo diplomatico nel momento in cui il mondo le impone sanzioni per il suo comportamento aggressivo in Ucraina.
E così, in Europa, le elezioni sono passate, ma la noncuranza degli europei ai loro veri problemi di domani avrà purtroppo conseguenze più durature. Quando verrà il freddo autunnale, per fortuna gli europei avranno ancora l’euro, cioè una valuta forte, per pagare le loro importazioni di gas, un terzo del quale continuerà a venire dalla Russia. Ma l’accordo commerciale con la Cina darà a Putin un’arma in più per spuntare condizioni negoziali migliori di fronte a un’Europa che si presenterà purtroppo ancora in ordine sparso.
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Paolo
Il gas è certamente meglio del carbone o del petrolio, ma è azzardato definirlo energia pulita. Sempre di combustione si tratta.
maria di falco
Effettivamente l’Unione Europea sta perdendo un bel treno: il treno del dialogo, della democrazia e del progetto di un nuovo modello di sviluppo mondiale, fondato sulla coesistenza pacifica di più poli e non sulla contrapposizione in parte voluta e artefatta tra Paesi produttori e Paesi non produttori di materie prime. Io credo che l’Europa non possa rinunciare a comprare il gas dalla Russia e quindi non sono d’accordo con le sanzioni che stanno impedendo alla Bulgaria di completare il gasdotto, ma nello stesso tempo si deve cercare un punto di equilibrio con la democrazia (che in Russia difetta) e con gli Stati Uniti (un po’ autoritari e con una mentalità imperialista). In questa lettura (che forse è sbagliata, non so) si inserisce la questione dell’Ucraina, che anche l’insipienza dell’Europa sta trascinando in una guerra civile, le cui ferite occorrerà molto tempo per rimarginarle. Vogliamo un’altra Siria o un altro Iraq? Sviluppare progetti industriali comuni anche con gli Stati Uniti, basta che non si ripeta l’errore dell’Iraq. Cooptare e non emarginare, coinvolgere e non contrapporsi, perché il gas finisce e io vorrei che si tracciasse un progetto di lungo periodo che possiamo lasciare alle future generazioni.
Giovane
Scenario brillante, affrancarsi dalla Russia per diventare ancora più dipendenti dagli Stati Uniti. Gli stessi Stati Uniti del programma Prism che praticamente invade la privacy di tutti i cittadini europei, a partire dai vari capi di governo. Gli stessi Stati Uniti che tengono così tanto agli interessi dell’Europa, come confermato dal famoso ”Fuck the Eu” della diplomatica Nuland. Gli stessi Stati Uniti supporter n.1 dei terroristi del F in Siria e dei Nazisti del Right Sektor in Ucraina. Se c’è una cosa che l’Europa deve fare è affrancarsi in primis dagli Usa, prima minaccia alla sicurezza e alla pace mondiale, oltre che alla stabilità economica. Perchè poi legarsi ancora di più ad una economia totalmente incapace di qualsiasi riforma significativa e ormai ridotta esclusivamente a politiche di Quantitative Easing, come se queste fossero prive di rischi? E che senso ha dal punto di vista economico abbandonare le già presenti infrastrutture che consentono l’utilizzo delle risorse energetiche russe, sperperare fondi per crearne altre verso gli Usa, le cui risorse sarebbero tra l’altro più costose? E le sanzioni a Putin per cosa? Ricevere il premio Nobel dell’ipocrisia? Ha forse fatto di peggio di quello che Israele fa da 50 anni a questa parte? O delle innumerevoli violazini di diritto internazionale delle amministrazioni Bush e Obama? Per una volta l’immobilismo europeo ha avuto una sua praticità; ci ha impedito il suicidio economico, oltre che morale di seguire gli USA in una inutile e controproducente guerra fredda 2.0.
Gertsen
“Cooptare e non emarginare, coinvolgere e non contrapporsi [alla Russia]”? Si sottovaluta la grandiosità e l’ambizione del progetto politico putiniano, che matura da molto tempo, ben prima della crisi ucraina, ha un respiro globale e una propria profondità di elaborazione intellettuale. E si sopravvaluta la disponibilità russa a lasciarsi “cooptare”, atteggiamento che tradisce una certa sicumera eurocentrica (“se dialoghiamo, diventeranno come noi Europei'”). Dal punto di vista russo è l’Europa a dover essere cooptata in una nuova visione dell’ordine mondiale ispirata a superiori “valori russi” (eurasisti), presentati come alternativa storica alla democrazia dello stato-nazione post-guerra fredda. La politica mondiale è intesa come lo scenario di un vero e proprio scontro di civiltà strisciante: lo dicono e lo scrivono da tempo in tutte le salse. Si considerano e agiscono come se una nuova guerra fredda ci fosse già. Vero o falso, piaccia o non piaccia, questo è il modo in cui ragiona la classe dirigente russa di oggi. L’obiettivo è perseguito con grande determinazione, disciplina collettiva e tenacia, usando una miscela molto moderna di leve culturali, politiche, mediatiche, militari ed economiche. Quando Putin dichiara che “per la sua storia e la sua geografia la Russia è destinata ad essere leader mondiale”, crede in quello che dice. E’ un grave errore non prenderlo sul serio. Per questo il problema della diversificazione delle fonti di energia è effettivamente importante.
AM
Il problema del gas in parte è dovuto agli Usa che hanno soffiato sul fuoco nello scontro Russia-Ucraina in parte anche agli stessi europei che hanno destabilizzato la Libia. Infine l’Italia ha la colpa di aver traccheggiato nella predisposizione dei terminali per le metaniere. L’importazione via nave consente infatti una grande flessibilità perché permette acquisti nei vari continenti e a prezzi bassi.
Piero
Obama, se toglie il divieto dell’export del petrolio americano fa un bene all’Europa e alla stessa America: in primis è una volontà unilaterale e se in cambio dall’Europa non vuole l’apertura sugli Ogm va tutto bene. Non vedo questo come un problema che possa fare passare in secondo piano i problemi toccati dall’Autore, si afferma che l’euro ha preso il posto del dollaro (falso), si afferma che i mercati non credono più alla disgregazione dell’area valutaria euro ( falso), il surplus tedesco si sta riducendo (vero, ma non si prende posizione di come si rimette in circolo la liquidità drenata dalla Germania con i surplus causati dall’euro, quindi il problema resta). L’Autore conosce bene la situazione, ha già pubblicato articoli su tali argomenti, non deve fare passare in secondo piano tali discussione e affermare che la politica energetica europea consiste nell’accordo Usa/ Europa. Ricordo che la politica energetica europea non può essere messa in discussione, l’Europa sul punto ha fatto passi notevoli, certo che se arriva anche l’offerta del gas americano facciamo diminuire i prezzi alla Russia, ciò non è politica energetica ma semplice domanda e offerta, la vera politica energetica l’Europa la sta facendo sull’energia alternativa e su altri campi.
Guest
Chi dice che la soluzione non sia viceversa rinegoziare accordi con la Russia e rinforzare gli accordi commerciali con la CIna/medio-oriente?
Dove ha portato il laisser-faire/bandwagoning americano, soprattutto in ambito economico/finanziario? Ricordiamoci dello spionaggio commerciale (molti ancora si bevono la storiella dei terroristi). Non esistono ‘veltri’ filosofali: certo l’Europa dorme della grossa (ultimo paragrafo).
marco
Io credo che la politica Usa degli anni di Obama sia stata assai più imperialista di quella di Putin. La destabilizzazione di tutti gli stati nordafricani provocata dagli Usa e non ostacolata dagli europei si sta rivelando disastrosa e l’Italia in particolare ne sta subendo gli effetti peggiori con l’esplosione dell’immigrazione e della perdita del petrolio libico. La Russia oggi non ha una politica aggressiva verso l’Europa, l’interscambio va benissimo, energia contro manufatti e investimenti in settori cruciali dell’industria avanzata come l’aeronautica. Gli Usa vogliono evidentemente mantenere il predominio industriale, finanziario e politico sull’Europa e cercano in tutti i modi, politici e non, di sabotare la politica di collaborazione fra Europa e Russia. Vergognoso che ci costringano a sostenere anche i governi para-fascisti dell’Ucraina per costruire una nuova cintura di sicurezza contro la Russia. Visti i risultati disastrosi delle politiche americane degli anni recenti spero proprio che l’Europa e l’Italia non si lascino ulteriormente coinvolgere dalla politica imperialista americana.
AM
Perfettamente d’accordo con Marco su quasi tutto quello che scrive. Io avrei evitato il termine “para-fascista” a proposito dell’Ucraina. Si deve parlare semmai di nazionalismo, fenomeno presente in molti paesi, anche extraeuropei, e in particolare in Russia e in Ucraina.
AM
Concordo pienamente con Marco. Non mi piace tuttavia l’uso del termine “para-fascista” per il governo di Kiev. Puzza di propaganda filo-russa. Meglio semmai usare il termine “nazionalista”.
Gertsen
Alle elezioni ucraine i candidati delle forze di destra estrema (Settore di destra e Sloboda) hanno preso rispettivamente l’1% e il 3%. Nelle regioni orientali le elezioni sono state bloccate dai separatisti. E’ decisamente più “parafascista” la Francia di Le Pen, mi pare. Occorrerebbe informarsi prima di bere come oro colato la propaganda putiniana.
Giovane
Eppure l’attuale governo è composto anche da membri di Svoboda. O sbaglio? O vogliamo darci alla disonestà intellettuale e negare la realtà perché Putin non ci è simpatico? L’uso del termine parafascista non piacerà, ma se la realtà non ci piace non è che possiamo mettere la testa sotto la sabbia e pretendere che vada tutto bene. Il partito Svoboda è chiaramente di ispirazione nazista, neanche fascista, viste le regolari dichiarazioni antisemite dei propri politici.
AM
Vedo che si incomincia a distinguere fra fascismo e nazismo; è già un ragionevole passo. Per quanto riguarda le posizioni contro gli ebrei, non sono e non sono state una specificità del nazismo. L’attentatore del Museo ebraico di Bruxelles non era certamente un nazista. Dato il suo livello culturale forse non sapeva nemmeno cosa fosse stato in realtà il nazismo. Infine eviterei di usare il termine antisemitismo, dato che anche gli arabi appartengono alla stirpe semitica. Si arriverebbe all’assurdo di considerare Hamas come antisemita.
Gertsen
Veramente l’intervento in Libia l’hanno voluto soprattutto i francesi. Chi sta cercando di fare la pace con l’Iran, che insieme all’Iraq è la principale alternativa possibile alle importazioni di energia dalla Russia?
Pier Luigi Caffese
Daveri fa apparire una guerra tra shale gas usa e gas russo ma è fuorviato dai gasisti fossili italiani che abbondano nel Governo a piene mani (De Vincenti su tutti). Studi meglio i costi e si accorgerà, come dicono 25 dei 28 Paesi Ue, che lo shale trasportato dagli Usa nel Regno Unito è caro ed il gas russo lo stesso. Siamo a 216 euro/MWh e non occorre essere bocconiani per capire che il gas in energia è finito. E’ finito nei bilanciamenti gas che sono la vera palla al piede di una classe di ignoranti in energia. Senza stoccaggi d’acqua le rinnovabili sono care e io mi sono rotto di un Governo che non capisce che è meglio produrre syngas in casa usando bene gli eccessi elettrici che stare a spendere soldi in 10 hubs (30 miliardi di costo) per ammirarli poi come cattedrali nel deserto al Sud che dei politici incapaci vedono. Hub med ma con gas liquido mat, con syngas: allora sì che sarebbe perfetto. Caso strano la proposta hubs viene da Nomisma e da Bologna che è il vero centro fossile gas trivellazioni che sta rovinando l’Italia. Poi c’è la stupidità delle trivellazioni, tipiche dei ragionamenti di Prodi, il cattivo maestro di energia solo fossile e trivellata. I ricavi delle trivellazioni sono 5 miliardi annui e comportano danni annui per 25 miliardi perché Prodi non è capace di portare la filiera mare dai 100 miliardi attuali a 150 miliardi e con le trivellazioni che consiglia la riduce a 75. Lo chiamate economista, uno che distrugge ricchezza come Monti che vuole una rete europea di gas che si scambi gas russo o importato. Gli hanno risposto 25 paesi che lo syngas lo fanno in casa loro e se ne fregano di shale gas e gas russo.
Gertsen
C’è posto e domanda per tutti: shale gas, rinnovabili, rigassificatori.
antonio gasperi
La politica energetica è alla base dell’effettiva sovranità di uno Stato: le elezioni europee non hanno affrontato il problema (in Italia, ma non ad esempio in Germania) per il solito provincialismo che guida il nostro paese, compreso l’ultima nata formazione politica, già in fase calante nei consensi. Detto questo, l’argomento è forse il più complesso fra quelli esistenti a livello globale: nello scacchiere andrebbe aggiunto il problema delle terre rare, attualmente monopolio cinese, necessarie ad alcune fonti rinnovabili.
rob
Un Paese come l’Italia non ha altro obiettivo che quello di ridurre la % dell’energia da importare. Non credo possa essere autosufficiente ( le tecnologie a mio avviso ci sarebbero pure) ma l’obiettivo e di ridurre le spese di importazione di gas o petrolio. Ma la politica non ragiona con la logica del tecnico e dell’uomo comune ha dinamiche che seguono altri interessi per questo non c’è da meravigliarsi nel definire in assoluto l’Italia il paese più oligarchico del mondo, Putin e i suoi fedeli ci fanno un baffo!
Con una sostanziale differenza che la Russia ha energia da vendere, la nostrana oligarchia gioca sulla pelle di tutti noi.
Rescart
Basta consultare Wikipedia per soprire che la Cina ha i più ingenti giacimenti di shale gas al mondo. Se dunque anche l’Ue decidesse di sfruttare con le attuali tecnologie i giacimenti presenti nel suo territorio, soprattutto in Polonia, come hanno fatto gli Usa negli ultimi 10 anni, probabilmente otterrebbe il risultato di consegnare alla Cina in un futuro prossimo le nuove tecnologie perfezionate per sfruttare lo shale gas in casa sua e farne così il leader mondiale energetico del XXI secolo. Nel frattempo i costi ambientali, finora pagati soprattutto dai cittadini statunitensi, sarebbero pagati in solido anche dagli europei. Quindi fatti quattro conti penso ci convenga ascoltare le voci allarmistiche ambientali provenienti dalla Francia, almeno fintanto che i dividendi del capitalismo internazionale saranno incassati soprattutto negli Usa oltre che dai risparmiatori cinesi che investono nel suo debito pubblico.
Gertsen
Non è solo questione di prezzo e di bilancia commerciale, di per sé importanti. Bisogna comprendere il nesso politica-economia che sta alla base del regime putiniano e del suo progetto geopolitico. Il dato fondamentale è la cooptazione di settori importanti del mondo imprenditoriale e della classe dirigente di singoli stati europei (l’Eni in Italia) in un rapporto di dipendenza e di interesse reciproco nei confronti delle compagnie statali russe, che perseguono da tempo un obiettivo strategico di influenza internazionale attentamente pilotato dallo stato russo. La politica energetica russa di fatto ha già stravolto il principio comunitario della separazione tra controllo delle infrastrutture di trasporto e proprietà del combustibile trasportato. Il 25% delle riserve di gas tedesche appartiene a Gazprom. Raffinerie bulgare, società di intermediazione, etc. Dall’inizio della crisi l’importazione di gas russo in Italia è diminuita in volume, ma è aumentata in percentuale. Rosneft ha appena acquisito Il 50% di Camfin, la società fiinanziaria che controlla Pirelli, etc.Tutto questo in pratica significa erosione strisciante della sovranità comunitaria, come si è visto chiaramente nella crisi ucraina. E’ già successo in altri paesi post-sovietici. Non credo che lo shale gas statunitense sia una soluzione realistica, ma almeno occorrerebbero passi concreti per limitare questa relazione di dipendenza crescente, che si traduce prima o poi in servilismo politico.
Paolo Rossi
L’articolo tocca due aspetti distinti che credo vadano visti separatamente. Il primo è certamente quello dei temi della campagna elettorale: piuttosto che sostenere la tesi che i candidati alle europee fossero degli ignoranti lobotomizzati, preferisco considerare che se questi erano i temi allora vuol dire che questo la gente “voleva” sentirsi dire. In altre parole siamo ancora ben lungi dall’aver costituito quel sentire comune europeo che dovrebbe stare alla base
dell’unione politica e forse ci vorranno ancora diversi anni prima che questa possa realmente riflettere il comune sentire della maggior parte della popolazione europea. Poi la questione energia: è verissimo che il trattare singolarmente con Putin ci espone a condizioni senz’altro meno vantaggiose e che diversificare le fonti di approvvigionamento ci darebbe un vantaggio economico. Ma non credo che questo sia sul medio-lungo termine il miglior vantaggio degli europei, diversamente l’opportunità è proprio quella di realizzare un’economia di massa, che coinvolga gradualmente tutti i Paesi europei, sostenibile proprio nel senso di non aver bisogno di fonti energetiche esterne, tanto più se fossili. Contrariamente a quanto affermano taluni, questo è un obbiettivo assolutamente possibile e raggiungibile; l’intero continente otterrebbe certamente maggiori vantaggi da una tale politica tecnologica ed economica rispetto al mero decidere se pagare il gas a Putin o a Obama o a chi altri. Evidentemente si deve pensare a pesanti modifiche sia al modo di produrre che a
quello di consumare, costruire immobili ed infrastrutture in modo certamente diverso da quello attuale (anche se la strada giusta è certamente stata intrapresa), muoversi assai più con mezzi pubblici rispetto al mezzo privato, produrre beni più durevoli e dal minor contenuto energetico, sprecare meno riducendo gli imballaggi inutili, introdurre nel prezzo dei beni il costo della loro impronta ecologica. Tutti questi aspetti esistono già nella politica europea ma Paesi come l’Italia in gran parte ignorano o snobbano queste tematiche ma solo in questo modo si potrà creare quel nuovo status economico tale da proteggere l’intero continente sia dalla concorrenza esterna (in particolare della Cina, lontanissima da queste tematiche) ma anche dai ricatti energetici del Putin di turno.
Pier Luigi Caffese
Quando in energia c’è del genio, vero genio. La Ministra Guidi investirà 20 miliardi in infrastrutture fossili e darà al sud del metano da mangiare invece del pesce ed alghe che volevo. Poi dovranno mettere i Vigili Fossili del gas per far ordine su 5 gasdotti e ben 10 hubs che si pappano 30 miliardi dei 20 miliardi che saranno munificati dai fossili del mondo intero. Veda la Germania: se ne frega del gas Gazprom anche se bravi tedeschi gli hanno rifilato la patacca riserve fossili, dato che usano solo il 10% di gas mentre noi cretini siamo allo 85%.La chiamo la geopolitica dei cretini perché potremmo farci in casa tutto lo syngas mandando a spigolare i venditori di gas caro come quelli della Treccani. La Guidi la pensa al contrario di me per anni di lezioni prodiane da cattivo maestro. Domani la Guidi piattisce gas in Algeria, poi andrà da Putin ma 25 paesi europei snobbano Putin e non comprano più gas da dittatori. Sono più scemi 25 paesi europei, Italia esclusa, o è più furba la channel Guidi a portare avanti le pretese fossili assurde della Scuola Fossile di Bologna e dell’Eni? Vuoi che all’Eni importi tanto piazzare gas in Italia che nessuno compra se non la stessa chimica Eni? Nel mondo il teleriscaldamento si fa con biometamo, solo in italia usiamo a piene e costose mani il gas importato.
rob
..appunto la peggiore oligarchia all’ italiana!! Con le moderne turbine ideate e con le tecnologie attuali e con la conformazione geografica-economica dell’Italia l’energia idroelettrica coprirebbe il 70% del fabbisogno. Il Canada ha surplus di energia idroelettrica che esporta
Gertsen
Bene. Supponiamo che le speranze ambientaliste si realizzino e una tecnologia rinnovabile senza sussidi permetta di sostituire una quota significativa del gas importato, diciamo del 20% (oppure che la stessa cosa si verifichi perché, magicamente, in Libia regna la stabilità politica o diventi possibile importare gas a prezzo competitivi dal giacimento Leviathan, recentemente scoperto tra Israele e Cipro). Un effetto del genere si è già verificato negli anni scorsi, sfortunatamente a causa soprattutto del crollo della produzione manifatturiera italiana. Il calo del fabbisogno di gas ha messo in crisi i vincoli venti-trentennali del take or pay e si cominciava a dire che forse il South Stream non è necessario. Cosa è successo? Pur di ‘riempire’ i gasdotti e mantenere ad ogni costo il ‘rapporto con i russi’ Eni ha smesso di importare dall’Algeria e Gazprom ha rinegoziato in parte il prezzo. Una volta creata una verticalizzazione monopolistica bilaterale dal giacimento alla distribuzione, fino alle centrali di generazione a gas, una filiera consistente di soggetti politicamente influenti è oggettivamente interessata a mantenere ad ogni costo un determinato livello di importazioni non rinnovabili da quel determinato paese, vanificando in pratica le linee guida della politica comunitaria. Facile prevedere un’azione di lobbying tutta italiana per scongiurare il ricorso a fonti alternative, fossili o non fossili che siano. Non c’è bisogno di carri armati in piazza San Venceslao.
Scambio proficuo e pacifico tra energia e tecnologie? I giornali russi di ieri hanno battuto con risalto la notizia che l’Austria, contro il parere della Commissione Europea, ha appoggiato con forza il South Stream. Le autorità russe hanno immediatamente reso noto che compagnie austriache riceveranno ingenti commesse per le infrastrutture del prossimo campionato mondiale di calcio. Se questo non è erosione della sovranità comunitaria, cioè della libertà di decidere democraticamente una politica energetica comune, non so cosa sia.
Giovane
“Erosione della sovranità comunitaria”. La politica energetica non è competenza esclusiva dell’Unione Europea ma concorrente. La Commissione ha solamente fornito una raccomandazione che, in quanto tale non è vincolante. L’Austria e la Russia hanno agito secondo le regole, inutile scaldarsi più di tanto e mentire platealmente. “Cioè della libertà di decidere democraticamente”. Sovranità e democrazia non sono sinonimi. Quando si tratta poi di decisioni della commissione, non eletta da nessuno, parlare di democrazia è quanto meno fuoriluogo.
Gertsen
Il punto non è il rispetto formale delle regole, sempre invocate dalle autorità russe nei consessi internazionali, ma il condizionamento politico indiretto e concreto che ne deriva. Anche Chodorkovskij è stato condannato prima e graziato poi secondo una procedura legale formalmente impersonale. Di sicuro “sovranità” e “democrazia” non sono sinonimi in Eurasia. Il punto è se l’Eurasia e i suoi metodi devono estendersi fino a Lisbona o no.