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La fragile economia ucraina nella guerra di logoramento

In una guerra sempre più di logoramento, l’economia ucraina mantiene per il momento una fragile stabilità grazie agli aiuti internazionali. Ma sconfiggere economicamente la Federazione Russa è difficile, dato il suo enorme patrimonio di risorse naturali.

La situazione dopo più di due anni di guerra

Dopo oltre 850 giorni dall’aggressione russa, il conflitto in Ucraina si è trasformato in una guerra di logoramento che sta dissipando molte risorse. In questo contesto, diventa cruciale comprendere come sta reagendo l’economia ucraina.

Dopo uno shock iniziale nel 2022, che ha generato un calo del prodotto interno lordo di quasi il 30 per cento, l’economia ucraina ha avuto un discreto rimbalzo nel 2023 (+5 per cento) e nel 2024 (+3,2 per cento). Le previsioni per i prossimi anni non sono cattive, ma ovviamente il livello d’incertezza è altissimo (vedi grafico 1). Rimane il fatto che un terzo delle imprese ucraine è sparito e il 10 per cento delle abitazioni è totalmente inagibile. Per non parlare poi della produzione di energia elettrica, che è uno dei principali bersagli degli attacchi russi, e oggi è ridotta al 20 per cento del suo livello pre-guerra.

Anche in termini d’inflazione, dopo un 2022 orribile (+20 per cento), la situazione appare sotto controllo con prezzi al consumo che viaggiano attorno al 6 per cento. Tuttavia, il livello dei prezzi è tutt’altro che omogeneo nel paese, data la difficile situazione logistica: oltre 8.400 chilometri di strade e 50 chilometri di ferrovie totalmente compromessi, quasi 400 ponti distrutti, il trasporto aereo interrotto e quello marittimo difficile.

Figura 1

Fonte: Yuriy Gorodnichenko (Università della California, Berkeley e Cepr) Ukraine’s Economy 

Il problema dei “deficit gemelli”

Da un punto di vista macroeconomico, il problema più rilevante è rappresentato dai deficit gemelli della bilancia dei pagamenti e dei conti pubblici. Come ricorda un recente rapporto dell’Ispi: “Prima della guerra, l’Ucraina aveva adottato un modello economico orientato alle esportazioni per oltre due decenni (cereali, metalli, fertilizzanti, attrezzature a bassa e media tecnologia). Ma durante la guerra, diverse imprese metallurgiche, di costruzione, di macchinari e chimiche sono andate distrutte o sono state chiuse; molti terreni agricoli non sono utilizzati a causa delle conseguenze delle ostilità”. Le esportazioni ucraine si sono così praticamente dimezzate, mentre le importazioni sono rimaste stabili e di conseguenza la bilancia commerciale presenta oggi un deficit molto elevato. Solo grazie agli aiuti esteri, il tasso di cambio della grivnia è rimasto stabile nell’ultimo anno e mezzo e le riserve internazionali del paese hanno superato i 40,5 miliardi di dollari.

Il deficit pubblico viaggia, invece, attorno al 14 per cento del Pil. Le spese per la difesa e la sicurezza assorbono tutte le entrate, pari al 41 per cento del Pil. Gli altri beni pubblici, quali l’istruzione e la sanità, che continuano a essere erogati, devono essere invece finanziati da debito per lo più estero.

Figura 2

Fonte: NBU Staff calculations

Un altro grave problema attanaglia l’economia ucraina: le tensioni sul mercato del lavoro, conseguenti alla drammatica situazione umanitaria. Sei milioni e mezzo di ucraini sono emigrati all’estero, altri cinque milioni sono sfollati all’interno del paese. Quasi 800 mila uomini sono al fronte, a cui vanno aggiunti 26mila civili morti e feriti  e un numero imprecisato di militari caduti. 

Cruciali gli aiuti dall’estero

La relativa fragile tenuta dell’economia ucraina è in larga parte dovuta agli ingenti aiuti ricevuti dall’estero. I dati raccolti dall’Kiel Institute for the World Economy mostrano che a fine aprile gli stati europei (sia quelli Ue che quelli non-Ue) avevano fornito all’Ucraina 102 miliardi di euro di aiuti militari, finanziari e umanitari, mentre gli Stati Uniti ne avevano accordati 72 miliardi. Se però guardiamo solo agli aiuti militari, la quota americana risulta superiore a quella europea. Più ampia appare poi la quota degli aiuti promessi (committed) da entrambe le sponde dell’Atlantico, il che ci porta a credere che ancora per qualche tempo il sostegno occidentale alla causa ucraina non mancherà. Tuttavia i cambiamenti politici che si intravedono sia negli Stati Uniti che in Europa destano preoccupazione.

A titolo di cronaca, vogliamo ricordare che, sempre in base ai dati forniti dal Kiel Institute, l’Italia risulta essere uno dei paesi europei che ha fornito meno aiuti all’Ucraina, sia in termini assoluti che in percentuale del Pil. In più, in base a un indice di trasparenza, il nostro paese si posiziona ben sotto la media mondiale, in questo caso in compagnia di Francia, Spagna e Portogallo.

Come va l’economia russa

Vale la pena fare un’ultima considerazione sull’economia russa. Dopo uno shock iniziale, anche l’economia della Federazione Russa sembra aver raggiunto una certa stabilità: quest’anno la crescita sarà del 3,2 per cento, i prezzi al consumo aumenteranno del 6,9 per cento, con un avanzo delle partite correnti del 2,7 in percentuale del Pil e un deficit pubblico dell’1,9 per cento. Questi risultati sono stati ottenuti grazie a un limitato effetto delle sanzioni, alla “militarizzazione” dell’economia e soprattutto al sempre rilevante ricavato delle esportazioni di gas, petrolio e altre materie prime. È probabile, come sostengono alcuni studi, che nel lungo periodo l’economia russa conosca una bassa crescita, ma è certamente difficile che Kiev possa vincere sul piano economico una guerra di logoramento. Se non altro perché l’Ucraina riesce a sopravvivere grazie agli aiuti esteri, che non si sa quanto dureranno, mentre la Russia può contare sul suo enorme patrimonio di risorse naturali.

Audentes fortuna iuvat (la fortuna aiuta gli audaci) scriveva Virgilio, oggi possiamo aggiungere “anche quando sono dei dittatori”.

Figura 3

Fonte: IFW, The Ukraine Support Tracker

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Il Punto

  1. B&B

    La Russia puo’ contare sulla Cina Comunista. Quest’ultima desiderosa di invadere il mondo intero, come sta già iniziando invadendo Taiwan.
    Speriamo si riesca a fermarla prima, per questo occorre uno sforzo occidentale unitario.

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