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I profitti eccezionali delle banche? Non resteranno a lungo

Anche nel 2024 i profitti delle banche sono cresciuti, trainati da alto margine di interesse, tenuta delle commissioni e costi e accantonamenti che restano bassi. Vari fattori fanno però pensare che la situazione sia destinata a cambiare presto.

Profitti ancora in crescita

Anche nel primo semestre di quest’anno le principali banche italiane hanno realizzato profitti eccellenti: oltre 13 miliardi, +18 per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente. Così gli amministratori hanno promesso agli investitori di chiudere l’esercizio 2024 e 2025 con risultati altrettanto gloriosi. Messaggi simili sono giunti dalle altre banche europee, anche se con importanti eccezioni.

Ancora una volta i profitti delle aziende di credito sono stati trainati da un alto margine di interesse, una tenuta delle commissioni e dei costi, mentre gli accantonamenti sui Npl (Non Performing Loan) sono risultati particolarmente bassi.

Tuttavia, se si analizzano con attenzione i dati trimestrali delle diverse poste di bilancio si ha l’impressione che il livello dei profitti degli istituti di credito abbia toccato il suo massimo: al netto di poste eccezionali, il margine d’intermediazione del secondo trimestre è risultato pari a quello del primo. La confusione con la quale sono stati redatti molti comunicati stampa lascia poi perplessi.

Il vero problema diventa allora capire quanto i risultati positivi siano destinati a durare: rappresentano un fenomeno strutturale o sono solo il risultato di una particolare congiuntura?   

La velocità e l’intensità del rialzo dei tassi d’interesse ufficiali, poi la lentezza della loro discesa, l’abbondantissima liquidità ancora presente nel sistema e il fatto che sinora le economie non siano cadute in recessione spiegano questa dinamica. Infatti, diversamente dagli altri cicli, i tassi sui depositi sono rimasti a lungo bassi, mentre non si è registrata nessuna fuga dai depositi e soprattutto nessun aumento dei crediti in sofferenza.

Restano problemi strutturali

Un recente lavoro del Fondo Monetario Internazionale, dal significativo titolo: “Profitability in Europe: Not Here to Stay”, dopo aver analizzato con cura i bilanci di oltre 2.500 banche europee a partire dall’inizio del secolo, giunge alla conclusione che gli abnormi utili degli ultimi due anni diminuiranno presto, una volta che i tassi ufficiali inizieranno a scendere, riducendo i margini d’interesse, mentre gli accantonamenti cominceranno a erodere i profitti con il tradizionale ritardo.

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Una serie di problemi strutturali che hanno limitato negli ultimi due decenni la performance delle banche europee, specie se confrontate con quelle americane, è rimasta in gran parte irrisolta. Fra questi, citiamo l’assenza di un mercato dei capitali profondo, che permetta di raccogliere più commissioni di trading e d’intermediazione, una bassa concentrazione e quindi un limitato potere di mercato in molte giurisdizioni, una scarsa internazionalizzazione e un eccessivo numero di filiali. Bisogna poi ricordare che le banche americane hanno investito molto di più in tecnologia – e ciò ha permesso loro una crescente automazione dei processi – e hanno goduto di una più forte crescita macroeconomica.

L’effetto delle tasse sui profitti straordinari

In questo contesto, i responsabili politici europei dovrebbero favorire la crescita economica, incoraggiare la nascita di un mercato dei capitali europei, portare a termine l’Unione bancaria e il consolidamento del sistema, evitando di introdurre tasse sui profitti “straordinari”.

Secondo un altro lavoro dell’Fmi, dal 2023 quasi la metà dei paesi dell’Ue (12 su 27) ha infatti approvato nuove tasse sulle banche. Le imposte sono caratterizzate da una notevole eterogeneità in termini di base imponibile, aliquota d’imposta, durata, gettito fiscale complessivo generato e possibilità di sostituire l’imposta con misure di raccolta di capitale. Tutto questo con l’unico scopo di accrescere le entrate fiscali, alimentando però notevoli distorsioni.

Un’ultima parola merita il sistema bancario italiano che negli ultimi anni ha compiuto importanti passi in avanti in termini di efficienza operativa, riduzione dei costi, diversificazione dei ricavi e riduzione dei rischi. Tuttavia, non è il caso di illudersi troppo. Una rapida caduta dei tassi di interesse e un repentino peggioramento del quadro congiunturale porterebbero a un significativo aumento degli accantonamenti e alla riduzione dei profitti. Ovvero, “This time is not so different”.

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  1. Savino

    Perplessità ci sono su un effettiva volontà di riallineamento dei tassi, su una politica fiscale che, dove c’è, è blanda e su nuovi mercati e nuove figure di intermediazione creditizia, di cui ci sarebbe un gran bisogno, soprattutto negli squilibri tra fasce di popolazione e tra generazioni, ma che barriere all’entrata evidenti non fanno vedere neanche lontanamente all’orizzonte.

  2. Giancarlo Macchi

    Il tasso di interesse calerà poco, al massimo 2,5 punti percentuali, e questo favorirà una tenuta del margine di interesse (anzi qualche istituto ha già dichiarato che per il 2024 e 2025 aumenterà
    ancora), che unito all incremento delle commissioni sui servizi (welth management in primis), per questi 2 anni ci sarà un incremento dei profitti, per circa il 15/cento annuo.

  3. Giuseppe Chimento

    Un commento terra-terra: quando i profitti sono eccezionali i depositi non vengono sufficientemente remunerati perché serviranno a sostenere gli istituti di credito nei momenti critici; quando i momenti diventano critici (spesso solo apparentemente e attraverso quanto sostengono gli stessi istituti di credito) i depositi non vengono remunerati affatto. C’è qualcosa che non mi torna…

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