Una crisi economica rende più facili o più difficili le riforme strutturali? Uno studio empirico evidenzia che nei paesi in difficoltà i cittadini non amano la concorrenza e chiedono più redistribuzione del reddito e più proprietà pubblica in campo economico. Oltre a preferire un leader “forte”.
RIFORME STRUTTURALI PRIMA E DOPO UNA CRISI
Dopo una crisi finanziaria che colpisce pesantemente l’economia di un paese, è più facile o più difficile promuovere riforme che liberalizzino i mercati per far ripartire la crescita? Gli elettori rispondono alla crisi cambiando opinione sulle politiche economiche e sociali che il loro governo dovrebbe adottare? O sull’identità stessa di chi dovrebbe essere chiamato a guidare il paese?
Gli economisti si dividono da tempo sulla domanda se le riforme strutturali siano ostacolate o agevolate dai periodi di crisi. In uno studio che stiamo realizzando insieme a Gunes Gokmen e Chris Papageorgiou forniamo alcune risposte empiriche a questi interrogativi. (1)
L’effetto cui guardiamo è quello delle crisi finanziarie che hanno colpito vari paesi a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, così come sono state categorizzate dall’ampio lavoro di raccolta dati di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. (2) Un primo risultato della nostra analisi è che i governi, nei cinque anni che seguono lo scoppio di una crisi finanziaria, tendono a ridurre il livello di apertura dei mercati (così come misurato dagli indici Fmi sulla liberalizzazione dei mercati finanziari, del commercio internazionale e della regolamentazione dei servizi di pubblica utilità). (3)
Ma da dove nasce il passo indietro? Si tratta di una decisione di natura squisitamente economica o i governi rispondono a una domanda di minore apertura dei mercati (e di maggiore intervento pubblico) che proviene dagli elettori? In uno studio appena pubblicato sulla Review of Economic Studies, Paola Giuliano e Antonio Spilimbergo hanno mostrato che gli individui che hanno attraversato un periodo di recessione economica durante la loro adolescenza tendono a credere più degli altri che il successo nella vita dipenda dalla fortuna piuttosto che dall’impegno individuale, sono maggiormente a favore dell’intervento pubblico in economia e hanno poca fiducia nelle istituzioni. (4)
Nella nostra analisi, non guardiamo tanto a queste attitudini radicate nei processi di socializzazione durante l’adolescenza, quanto alle reazioni immediate dell’opinione pubblica dopo lo scoppio di una crisi finanziaria. In particolare, per tutti gli episodi di crisi finanziaria catalogati da Reinhart e Rogoff per cui sono disponibili i dati necessari, confrontiamo le risposte che i cittadini dei paesi coinvolti danno ad alcune domande dell’indagine World Values Survey (Wvs) immediatamente prima e dopo lo scoppio di una crisi. La Wvs è un’indagine campionaria realizzata in molti paesi con un questionario standardizzato che mira a catturare le opinioni dei cittadini su un ampio raggio di questioni economiche, sociali e culturali. (5)
C’È CRISI, MERCATO LADRO
Nella media dei paesi coinvolti, nell’indagine Wvs che segue una crisi finanziaria (rispetto a quella che la precede), i cittadini si dichiarano sistematicamente più favorevoli alla proprietà pubblica in campo economico (domanda E036), credono che la concorrenza sia svantaggiosa (E039), chiedono livelli maggiori di redistribuzione del reddito (E035) e preferiscono una società più egualitaria rispetto a una incentrata sulla concorrenza individuale (E066).
In particolare, in una scala da 1 a 10, la preferenza per la proprietà pubblica aumenta di circa un decimo di punto (2 per cento rispetto alla media). Ma l’effetto è molto eterogeneo tra paesi diversi: in particolare, è in media più forte per i paesi dell’Europa e dell’America Latina. Gli effetti sono tutti intorno al 2 o 3 per cento, anche nel caso delle altre risposte: non molto grandi quindi, ma tutti statisticamente diversi da zero a livelli standard. Insomma, da una parte, aumenta una domanda di eguaglianza distributiva, dall’altra si ha meno fiducia nella concorrenza privata e si chiede più intervento pubblico.
LEADER FORTE O TECNICI PER USCIRE DALLA CRISI
Ma le domande dell’indagine Wvs consentono di cogliere altri mutamenti interessanti nell’opinione pubblica tra il periodo che precede e quello che segue una crisi finanziaria. Per esempio, i cittadini che rispondono all’indagine si dicono maggiormente favorevoli al fatto che le redini del governo siano in mano a “esperti” o tecnici (domanda E115), o che siano affidate a un leader politico “forte” (E114). In entrami i casi, l’effetto è intorno al 4 per cento e statisticamente diverso da zero. Insomma, per uscire dalla crisi, serpeggia la voglia di affidarsi a tecnici con competenze specifiche o a leader politici dotati di un forte capitale politico. L’Italia, del resto, ha dato prova di entrambi gli “innamoramenti”.
Si ringrazia Enrico Di Gregorio per il prezioso aiuto nell’elaborazione dei dati Wvs.
(1) Gunes Gokmen, Tommaso Nannicini, Massimiliano G. Onorato e Chris Papageorgiou, “The Effect of Financial Crises on Reforms and Public Attitudes”, work in progress.
(2) Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, This Time Is Different: Eight Centuries of Financial Folly, 2009, Princeton University Press.
(3) I nostri risultati sono coerenti con quelli sulla regolamentazione del settore bancario e finanziario trovati dallo studio di Atif Mian, Amir Sufi e Francesco Trebbi, “Resolving Debt Overhang: Political Constraints in the Aftermath of Financial Crises”, American Economic Journal: Macroeconomics, 2014, Vol. 6(2).
(4) Paola Giuliano e Antonio Spilimbergo, “Growing Up in a Recession”, Review of Economic Studies, 2014, Vol. 81(2).
(5) Per maggiori informazioni su campionamento, struttura e questionari dell’indagine World Values Survey, si veda: http://www.worldvaluessurvey.org/wvs.jsp.
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Paolo
C’è un punto in cui si afferma che gli individui in certe circostanze sarebbero favorevoli all’intervento pubblico nell’economia e contemporaneamente non avrebbero fiducia nelle istituzioni. La contraddizione è nelle risposte degli intervistati o nella ricostruzione che se ne fa?
eccettodoveindicatoaltrimenti
Vi siete salvati con la conclusione, dato che pare che i dati siano stati letti per dimostrare, se non per avallare, questa conclusione. Almeno l’avete scritto esplicitamente.
piertoussaint
“Nella media dei paesi coinvolti, nell’indagine Wvs che segue una crisi finanziaria (rispetto a quella che la precede), i cittadini si dichiarano sistematicamente più favorevoli alla proprietà pubblica in campo economico (domanda E036), credono che la concorrenza sia svantaggiosa (E039), chiedono livelli maggiori di redistribuzione del reddito (E035) e preferiscono una società più egualitaria rispetto a una incentrata sulla concorrenza individuale (E066)”.
E’ proprio questa la mega-fregatura per il popolo, che è stato reso sistematicamente “dipendente” e impaurito dal sistema del keynesismo, che lavora in sinergia con la democrazia rappresentativa. Unica soluzione, la “società partecipativa” secondo sussidiarietà.
marcomassimo123
MI pare che le diseguaglianze si siano allargate già abbastanza e sono state alla base della crisi insieme ad altre sregolazioni da pazzi; però Lei può pensare che non sia ancora abbastanza perché si sa che “ogni scarrafone è bello a ceto suo”; tra l’altro coi soldi che i poteri finanziari hanno tratto dall’aumento delle diseguaglianze, si sono potuti comprare anche università e centri di ricerca e finanziare studi come i suoi.