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Ma non tutti i risparmiatori sono uguali

Con le nuove regole gli intermediari finanziari dovranno agire in modo onesto, equo e professionale. E per farlo la miglior arma è l’informazione. Che dovrà essere calibrata sui risparmiatori meno “sofisticati”. Molte norme di trasparenza non si applicano invece nelle operazioni con clienti considerati capaci di valutare la rischiosità degli investimenti. All’investitore si richiede comunque una certa capacità critica che lo guidi nelle scelte. Da promuovere dunque una maggiore “scolarizzazione finanziaria”.

Le nuove regole della direttiva Mifid hanno l’obiettivo di creare un mercato in cui gli intermediari dovranno agire in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei clienti. (1) La protezione degli investitori dovrà essere assicurata anche dall’informazione, ritenuta la miglior arma per combattere eventuali “inefficienze” o “prepotenze” a danno dei risparmiatori.

 

L’informazione per gli investitori: la “giusta dose”

 

Secondo la direttiva, però, non tutti i risparmiatori sono uguali e “le misure destinate a proteggere gli investitori dovrebbero essere adeguate alle specificità di ciascuna categoria”. (2)

I doveri di informazione potranno risultare superflui per la tutela di alcuni clienti, quelli che per caratteristiche intrinseche possono essere considerati capaci di valutare la rischiosità degli investimenti, e necessari, invece, per un’efficace salvaguardia degli altri meno “sofisticati”. L’informazione dovrà essere calibrata e misurata proprio su questi ultimi. Il rischio tipico è infatti rappresentato non solo dalla mancanza, ma anche da un eccesso di informazioni, dal contenuto troppo tecnico, che sommerga l’ignaro risparmiatore. Spesso gli annunci di prodotti di investimento richiamano l’esistenza del prospetto informativo, ma quante sono le persone che realmente lo leggono e soprattutto decidono in base alle notizie offerte? Secondo la direttiva bisogna consentire a tutti coloro che si accostano al mercato finanziario di poter “ragionevolmente comprendere la natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari che vengono loro proposti nonché i rischi a essi connessi. Perché possano, di conseguenza, prendere le decisioni in materia di investimenti con cognizione di causa”. (3)

Le informazioni dovranno essere non solo date, ma anche raccolte e l’impresa sarà tenuta a predisporre un flusso informativo binario, verso il cliente e dal cliente stesso, come già prevede il nostro ordinamento. Ed è importante sottolineare che destinatari degli obblighi informativi saranno anche i “potenziali” clienti, quindi coloro che hanno concluso o concludono un contratto di prestazione di un servizio di investimento e coloro che si accostano a un’impresa di investimento con la possibile intenzione di concludere un contratto futuro.

 

Tre categorie di clienti

 

La direttiva individua tre categorie di clienti: al dettaglio, professionali e controparti qualificate. (4) Solo ai primi l’intermediario sarà tenuto ad assicurare l’integrale applicazione di tutte le disposizioni previste dalla direttiva. E in particolare a ricevere e dare tutte le informazioni richieste dalla normativa. Le operazioni concluse con controparti qualificate (imprese finanziarie o di particolare qualità e dimensione oppure enti, come governi o banche centrali) sono invece esentate dall’applicazione di numerose regole di trasparenza. (5)

Da queste possono essere escluse, ed è qui la novità, anche le attività esercitate nei confronti dei clienti professionali, categoria che viene individuata in maniera molto dettagliata, lasciando pochi, forse troppo pochi, margini alla regolamentazione secondaria che dovrà precedere l’applicazione delle nuove regole.

Accanto a una definizione generale, che individua nel cliente professionale “un cliente che possiede l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere le proprie decisioni in materia di investimenti e valutare correttamente i rischi che assume” (6), la Mifid fissa ulteriori requisiti. In particolare, nel caso si tratti di persona fisica, singolo investitore privato, richiede due presupposti. Il primo, che sia il cliente stesso a farne richiesta scritta all’intermediario, il secondo, che possieda almeno due di tre requisiti: una data frequenza nell’effettuare operazioni di significative dimensioni, nel possedere un portafoglio di una certa entità, nel lavorare, o aver lavorato in passato per un anno almeno, in una posizione professionale tale da richiedere specifiche competenze in materia finanziaria. (7)

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È questo uno degli aspetti più delicati e importanti per i suoi risvolti pratici, della nuova disciplina. Infatti, le misure di attuazione della direttiva dovranno determinare con oculatezza i confini propri delle diverse tipologie di clientela alle quali è opportunamente collegato un diverso grado di tutela.

Occorrerà, in sostanza, realizzare adeguate e rigorose protezioni per gli investitori, evitando, però, di porre a carico delle imprese di investimento obblighi che comportino oneri elevati, ma di scarsa utilità. È indispensabile che sia trovato un equilibrio tra le effettive esigenze di informazione e i costi imposti agli intermediari per adempiervi. Costi che l’informazione comporta sia in quanto tale, sia nell’ottica del controllo che le imprese dovranno garantire in relazione alla compliance.

 

Non solo regole

 

Perché l’informazione sia un effettivo strumento di tutela dell’investitore è però necessario che questi si ponga anche quale parte “attiva”, combattendo la sua naturale propensione ad affidarsi passivamente all’intermediario e sviluppando, al contrario, una certa capacità critica che lo guidi nelle scelte di investimento. Le imprese di investimento, le Autorità di vigilanza, e anche le associazioni dei consumatori, cui peraltro l’attuale versione del disegno di legge di attuazione della direttiva affida la rappresentanza in giudizio per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, sono chiamate a svolgere un compito collaterale, ma necessario, di “scolarizzazione finanziaria”, promovendo occasioni destinate a incrementare l’educazione finanziaria di tutti, con beneficio non solo dei singoli destinatari, ma anche del buon funzionamento complessivo di tutto il mercato.

 

 

(1) Vedi articolo 19, comma 1, direttiva 2004/39/Ce.

(2) Vedi considerando n. 31 direttiva 2004/39/Ce.

(3) Vedi articolo 19, comma 3, direttiva 2004/39/Ce.

(4) Attualmente la Consob riconosce con regolamento la “speciale categoria di investitori” degli “operatori qualificati”, esentando dall’applicazione di alcune regole i rapporti tra questi ultimi e gli intermediari autorizzati (art. 31 reg. 11522 del 1° luglio 1998, modificato con delibera n. 13710 del 6.8.2002).

(5) “Gli Stati membri possono altresì riconoscere come controparti qualificate altre imprese che soddisfano requisiti adeguati determinati in precedenza, comprese soglie quantitative”. Articolo 24, direttiva 2004/39/Ce, comma 3 e comma 2.

(6) Allegato II della direttiva Mifid, dir. 2004/39/Ce.

(7) Per le operazioni la frequenza media deve essere di dieci a trimestre nei quattro trimestri precedenti e il portafoglio superiore a 500mila euro. Allegato II della direttiva.

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Sommario 27 aprile 2007

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Sull’immigrazione ci vuole coerenza

  1. Alberto Pozzolo

    Sono assolutamente d’accordo sul ruolo della “scolarizzazioe finanziaria”. Vorrei a questo proposito segnalare le iniziative dell’autorità di vigilanza britannica a favore dell’educazione dei consumatori e della trasparenza delle condizioni di offerta dei prodotti finanziari (http://www.moneymadeclear.fsa.gov.uk/), che disciplina anche le caratteristiche delle note informative (key feature documents) arrivando a definire la dimensione del carattere con il quale devono essere stampate.

  2. Marco Solferini

    E’ un argomento interessante, più filosofico che economico, il sottoscritto ha investito per 7 anni sui mercati finanziari, anche per conto di terzi e devo ammettere che la capacità di ascoltare e di capire, nonchè di riflettere, sono doni assai rari negli investitori privati. Già il fatto che alcuni identifichino l’operatività di Borsa Valori come “giocare in Borsa” ci suggerisce molto sotto un profilo comportamentale. Sono d’accordissimo circa l’educazione alla finanza, aggiungerei anche al capitalismo e non solo in termini di prudenza, bensì anche di azzardo. Il punto centrale però è che spesso l’investitore strumentalizza se stesso, indossa il paraocchi e segue un indole Omerica, tutto l’apparato finanziario che offre i prodotti finanziari per quanto in talune circostanze mendacemente tacciabile di mala fede, si avvantaggia realisticamente di un tarlo irrealistico, quale è il miraggio del guadagno. Un dato molto personale, molto soggettivo. L’investitore deifica chi lo fa guadagnare e demonizza chi lo fa perdere. Attenzione a non creare, con la scolarizzazione, un paradosso, una forza inarrestabile che si scontra contro un muro invalicabile. La finanza è anche selezione. La selezione determina che qualcuno deve perdere. Ovviamente in un sistema virtuoso, giusto nella competizione, organico nella cinica capacità di raziocinio.

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