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INSEGNAMENTI DISPERSI *

Il ritardo della scuola italiana nei confronti di quella degli altri paesi europei, e del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, non si limita ai livelli di apprendimento degli studenti, ma riguarda anche la dispersione scolastica. Che si concentra per lo più tra la fine della scuola media e l’inizio della secondaria superiore. Un background familiare meno agiato aumenta le probabilità d’insuccesso, ma anche l’offerta educativa locale conta. Il tempo lungo riduce sia la dispersione sia il condizionamento della famiglia d’origine sui risultati scolastici.

Nel 2007, un ragazzo su cinque tra i 18 e i 24 anni aveva conseguito solo la licenza di terza media e non frequentava alcun corso di formazione, un’incidenza tra le più elevate a livello europeo. I tassi d’abbandono sono abbastanza eterogenei sul territorio italiano, con valori più contenuti nelle regioni centrali e superiori al 25 per cento in Campania, Sicilia e Puglia. Tra il 2004 e il 2007 il fenomeno si è ridotto in tutte le aree del paese. Se le diminuzioni fossero confermate anche nel successivo triennio, tuttavia, il Mezzogiorno continuerebbe a registrare un’incidenza media dell’abbandono superiore al 20 per cento, lontano dagli obiettivi fissati in ambito europeo.

DOVE NASCE LA DISPERSIONE SCOLASTICA

La dispersione scolastica è il risultato di una varietà di anomalie del percorso scolastico, che vanno dagli abbandoni prematuri alle ripetizioni dell’anno e che si verificano in prevalenza tra la fine della scuola media e l’inizio della secondaria superiore.
Prendiamo, ad esempio, un gruppo di cento quindicenni. Se in regola con il percorso scolastico, hanno già conseguito la licenza media e sono iscritti al primo anno della secondaria superiore. In realtà, 4,6 di loro sono già fuori dal sistema scolastico e 8 hanno accumulato un ritardo, essendo ancora iscritti alla scuola media. Anche il percorso dei quindicenni regolari può, inoltre, presentare delle anomalie. L’anno successivo, ad esempio, 6 di essi cambiano il tipo di scuola e 3,4 abbandonano gli studi dopo appena un anno di superiori. (1) Quali fattori spiegano la dispersione scolastica? (2)

IL RUOLO DEL BACKGROUND FAMILIARE…

I fenomeni di irregolarità del percorso scolastico sono fortemente correlati allo status socioeconomico dei genitori e al loro livello di istruzione. Avere i genitori laureati, piuttosto che con la sola licenza media, allontana di circa dieci volte la probabilità di essere in ritardo o di abbandonare gli studi. Il fatto che la “selezione sociale” inizi già a questa età, meriterebbe una maggiore attenzione nel dibattito sulla scuola. Ai divari del grado di alfabetizzazione della popolazione adulta è anche riconducibile parte del differenziale Nord-Sud in termini di tassi di abbandono scolastico.
Anche l’offerta educativa locale conta. L’efficacia del sistema scolastico nel ridurre le disuguaglianze di partenza dei giovani e, più in generale, la dispersione scolastica, non sembra tuttavia dipendere dalla quantità delle risorse impiegate, quali il numero di docenti per alunno o la numerosità delle classi. Appaiono, invece, più significativi la composizione del corpo docente, le modalità con cui opera nella scuola, la qualità delle strutture scolastiche dove si svolge l’attività didattica.

…E QUELLO DELLA SCUOLA

Il rischio di ripetere l’anno è minore dove è più bassa la percentuale di docenti a tempo determinato. A questo contribuirebbero alcuni aspetti negativi della precarietà quali un elevato turnover del corpo docente, la discontinuità dell’attività didattica, le inefficienze nell’adozione dei libri di testo, il disincentivo dei docenti a investire nella relazione con la classe. Inoltre, l’assenza di meccanismi di valutazione degli insegnanti fa sì che non vi siano alcuni degli aspetti positivi del rapporto a termine quali la possibilità di screening dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, e l’incentivo dell’insegnante a impegnarsi per segnalarsi positivamente per una futura assunzione. (3)
Migliori infrastrutture scolastiche sono invece associate a una minore probabilità di abbandonare gli studi. Edifici impropriamente adattati a uso scolastico e scuole con infrastrutture e impianti scadenti possono sia influenzare negativamente gli apprendimenti degli studenti, sia segnalare una minore attenzione degli enti locali nei confronti del mondo della scuola, scoraggiando pertanto la prosecuzione degli studi. Anche in questo caso, il divario territoriale tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord è significativo.
Infine, la diffusione del tempo lungo nella scuola media è correlato negativamente al rischio di ripetere l’anno e di abbandonare gli studi. Il tempo lungo, oltre a risolvere i problemi pratici delle famiglie, aiuta lo sviluppo formativo del giovane, garantendo un’assistenza educativa per lo studio e favorendo il processo di socializzazione e di allargamento degli orizzonti culturali. L’effetto del tempo lungo è particolarmente importante per quei ragazzi che provengono da famiglie meno scolarizzate e che pertanto corrono maggiori rischi di insuccessi scolastici. La figura 1 mostra l’effetto della diffusione del tempo lungo sulla probabilità di essere in ritardo o di abbandonare gli studi a 15 anni. L’effetto è calcolato per giovani con genitori con diversi livelli di scolarizzazione e a parità di altre condizioni. La dispersione scolastica è prossima allo zero per i figli di genitori laureati, e diminuisce all’aumentare della diffusione del tempo lungo. La probabilità di essere in ritardo o di abbandonare gli studi è significativamente più elevata per i figli di genitori con la sola licenza media. Per questi giovani, aumentare la diffusione del tempo lungo dal primo al terzo quartile della distribuzione riduce la dispersione scolastica di quasi 8 punti percentuali, contribuendo a colmare parte del gap rispetto a quelli che provengono da contesti familiari più favorevoli. Gli effetti del tempo lungo potrebbero diventare ancora più rilevanti in una scuola caratterizzata dalla crescente presenza di alunni stranieri e da una più marcata eterogeneità dei punti di partenza, garantendo l’ampliamento degli spazi educativi e dei momenti di integrazione e di inclusione scolastica.

Per dispersione scolastica qui si intende la probabilità sia di essere in ritardo sia di abbandonare la scuola a 15 anni. Le altre variabili di controllo (caratteristiche sociodemografiche individuali, occupazione dei genitori, e variabili di contesto locali, inclusi gli effetti fissi regionali) sono considerato al loro valore medio.
Fonte: elaborazioni su dati Rfl.

* Le opinioni qui espresse sono personali e non impegnano necessariamente l’Istituzione di appartenenza.

(1) I dati sono tratti dalla Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl). Dalla stessa indagine non è possibile sapere se il giovane iscritto nella secondaria superiore ripeterà o meno l’anno successivo. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, il 18 per cento degli studenti iscritti al primo anno non sono ammessi alla classe successiva; tale percentuale diminuisce con il procedere degli anni. L’ammissione alla classe successiva è peraltro spesso accompagnata da debiti formativi, nel 36 per cento dei casi, particolarmente frequenti in matematica.
(2) Per un’analisi più approfondita si veda il mio “Educational choices and the selection process before and after compulsory schooling”, Temi di discussione, n. 691, Banca d’Italia. Si veda anche l’approfondimento sulla dispersione scolastica e gli apprendimenti degli studenti nel documento “L’economia delle regioni italiane nell’anno 2007”, Economie Regionali, n. 1/2008, Banca d’Italia.
(3) Per un’analisi approfondita sulle caratteristiche del mercato del lavoro degli insegnanti si veda Barbieri, G., P. Cipollone e P. Sestito (2008), “Labor market for teachers: demographic characteristics and allocative mechanisms”, Temi di discussione, n. 672, Banca d’Italia.

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SE IL LAVORATORE NON SI RIALLOCA

  1. Stefania Sidoli

    Condivido in toto quando scritto dall’autore. Vorrei aggiungere un ulteriore elemento di riflessione: mentre il livello di dispersione scolastica nel Mezzogiorno è estremamente alto, i dati sul lavoro minorile regolare ci dicono che al Sud questo fenomeno è assai meno esteso di quanto non accada al Centro ed al Nord. E in questo contesto quello che dovrebbe rappresentare in sè un elemento di positività diviene al contrario un dato fortemente negativo. Perchè significa che i ragazzi che abbandonano la scuola trovano la risposta che cercano – o sono indotti a cercare – quando va bene nel lavoro nero, nella peggiore delle ipotesi nella criminalità organizzata. La condizione sociale che li porta fuori dal circuito scolastico è la medesima che li trascina fuori dalla legalità. Credo che questa considerazione non possa essere letta in modo neutro e che la risposta ad un problema così complesso richieda una pluralità di interventi basati non su una lettura generica del problema ma fortemente collegata al contesto in cui il problema si pone. E’ ipotizzabile che si realizzi oggi? Dubito

  2. federica

    Già nella scuola primaria, dove io lavoro, sento in maniera sempre maggiore la discrasia tra l’assunto della valutazione che giudica e misura gli apprendimenti dimostrati dagli alunni e quello della formazione dei docenti alla motivazione ad apprendere. Se ognuno di noi compie un’azione per qualche più o meno buona ragione (vedi il cane di Pavlov e il mio…) trovo poco stimolante una scuola erogatrice di tecniche esecutive e altrettanto prevaricante quella scuola che, giudicando e misurando la quantità della cose che ha insegnato, non considera la soggettività, le storie personali e la significatività dei suoi interventi. Mi chiedo poi dove va a finire la parola COERENZA che mette d’accordo il potere della penna sul registro con la concreta presenza umana di chi prova a far crescere delle persone. Se sono credibile, divento un modello e stimolo l’alunno a seguire il percorso che gli propongo. Sono gli adulti che devono riconquistare significatività educativa a discapito di una società illusoria, di comodo e di finti protagonisti. Anche la famiglia si fiderà di me, se vede un figlio crescere, e per loro dobbiamo cambiare gli stili educativi e alzare il tiro… ex-ducere.

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