Per compensare la rinuncia ai tagli alla cultura, il governo ha deciso di inasprire la tassazione sui carburanti. Tre le principali obiezioni al provvedimento: si introducono nuove tasse senza tener conto del grado complessivo di distorsione del nostro sistema fiscale. Si tassano benzina e gasolio solo per fare cassa. L’aggravio e il guadagno d’entrata per lo Stato è superiore a quello indicato, perché l’aumento riguarda la componente di accisa, che va ad aggiungersi al prezzo industriale, e su questa somma si calcola l’Iva per arrivare al prezzo alla pompa.
Evitiamo una volta tanto i soliti commenti critici, o se si vuole sconsolati, secondo cui da un lato si predica che le tasse non verranno aumentate o si promette che verranno addirittura ridotte - fatto necessario per rilanciare la crescita o fatto conseguente all’introduzione del federalismo - e dall’altro si razzola male. Stiamone lontano.
Diciamo invece che in una fase di tagli di bilancio coniugata a una crescita che fatica a rilanciarsi, la parola tasse e il ricorso a esse è più che mai in auge. Naturalmente, in maniera totalmente disorganica. Abbiamo perciò letto di tassa sul turismo, di imposta municipale unica, di tasse sul biglietto del cinema, e alla fine siamo arrivati alle tasse - guarda un po’ - sui carburanti.
Evidentemente i tagli alla cultura erano più insopportabili dei tagli agli stipendi di alcune categorie di dipendenti pubblici, e altrettanto evidentemente, la maggiorazione del costo del biglietto dei cinema era più insopportabile della maggiorazione del costo di benzina e gasolio.
TRE PERÒ SUL PROVVEDIMENTO
Ci sono tre però in questa decisione di inasprimento della tassazione che, è bene ricordarlo, si accompagna all’aumento del costo di molti servizi, a partire dai trasporti pubblici.
Il primo però è che si modificano tasse esistenti o se ne introducono di nuove in maniera scollegata, senza un occhio attento non solo al livello di pressione fiscale complessiva – è sempre in seguito che si scopre che è aumentata – ma al grado complessivo di distorsione del nostro sistema fiscale.
Il secondo però riguarda la tassazione dei carburanti in particolare. Spiace che ancora una volta si segua la tradizione di tassare i carburanti solo per fare cassa, per ragioni di gettito, senza nessun riguardo all’esigenza di tassare per correggere delle esternalità, di cui quella ambientale è nel caso in questione la più importante. Alla guerra d’Abissinia (combattuta nel 1936), la crisi di Suez (1956), la tragedia del Vajont (1963), l’alluvione di Firenze (1966), il terremoto del Belice (1968), il terremoto del Friuli (1976), il terremoto dell’Irpinia (1980), la missione in Libano (1983), la missione in Bosnia (1996), il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004) aggiungiamo ora il rifinanziamento del Fus (2011).
Al lettore che stesse pensando che comunque tassare i carburanti, qualunque la motivazione, controlla quelle esternalità, giova ricordare due fatti. Il primo è che l’Italia dovrà ridurre - come scritto nelle direttive europee - le emissioni di anidride carbonica generate da settori diversi dall’industria e dalla generazione elettrica del 13 per cento entro il 2020. Questo obbligo riguarda i settori civile, trasporti e terziario e siamo sempre in attesa di sapere e vedere quali misure il nostro governo, tra una discussione sul nucleare e costi degli incentivi al fotovoltaico, intende prendere. Il secondo è che la tassazione dell’energia per finalità ambientali è fonte di gettito che andrebbe dedicato non tanto alla cultura, ma a progetti ambientali come il finanziamento di più estesi e determinati interventi di efficienza energetica e dell’innovazione nelle tecnologie verdi. Perché l’Italia ha anche in questo caso precisi obblighi stabiliti dalle direttive europee sull’incremento del ricorso alle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi finali di energia come specificato nel Piano dazione nazionale per le energie rinnovabili presentato dal ministero dello Sviluppo economico (Mse) lo scorso giugno 2010.
L’ultimo però è che l’aumento di 1-2 centesimi della tassazione della benzina riguarda la componente di accisa, la quale va ad aggiungersi al prezzo industriale, e su questa somma si calcola l’Iva per arrivare al prezzo alla pompa. Significa che l’aggravio di tassazione - e il guadagno dentrata per lo Stato - non è di 1-2 centesimi. A titolo di esempio, i valori medi dello scorso febbraio secondo il ministero davano il prezzo industriale della benzina a 660.69 eurocent e l’accisa a 564.00; sulla somma si commisurava l’Iva al 20 per cento per un importo di 244.84, per arrivare a un prezzo finale di 1469.63. Due centesimi in più di accisa portano a un prezzo finale di 1472.03, con un’entrata extra per le casse dello Stato di 2,4 centesimi per litro. Il banale calcolino è a parità di prezzo industriale. Ma vale forse la pena notare che quando il prezzo del petrolio oscilla più velocemente in ascesa che in riduzione, come l’esperienza insegna quando si mette in moto l’effetto amplificatorio dell’Iva che ora si commisura su una base, anche se di poco, più ampia.
Così, giusto per non dimenticare.
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Andrea Fronzi
Oltretutto se il contributo da recuperare è pari a 400 milioni di euro sarebbe potuto bastare un incremento dell’accisa sulla benzina di 0,1 centesimi al litro. Sarebbe onesto dichiarare cosa altro si vuole fare con l’extra gettito derivante da un incremento di 2 centesimi al litro.
LeM
Solo che siamo governati, come nel 70% degli ultimi 17 anni, da dei dilettanti allo sbaraglio. Peccato che, al contario della popolare trasmissione, questa cosa non fa per nulla ridere.
Alberto Boiti
Quello che stupisce, sempre, è il pressapochismo con cui vengono fornite le cifre in gioco. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio parla di sostituire l’aumento di un euro per biglietto del cinema con "uno-due" (sic!) centesimi di accisa in più sui carburanti. Ma in Italia si vendono circa 120 milioni di biglietti all’anno, e quindi ~120 milioni di euro sarebbero andati al FUS, mentre si vendono circa 36 miliardi di litri di carburanti ovvero 360 milioni per ogni centesimo di accisa in più. E 72 milioni di IVA in più. Quindi secondo questi personaggi il finanziamento potrà variare senza problemi tra 120 e 720 milioni di euro. E tra 72 e 144 milioni come bonus per le esangui casse dello stato. P.S. i conteggi che ho fatto non hanno la pretesa di essere perfetti, non è facile trovare dati certi in breve tempo in rete. Solo per stabilire un ordine di grandezza.
ARIS BLASETTI
L’ aumento delle accise sulla benzina non ci azzeca nulla con la cultura, ma non ci azecca nulla anche il fatto che noi contribuenti siamo costretti a finanziare i film di Muccino o con la Littizzetto.
Barbara B.
Quanti Italiani sono interessati a teatro, opera, cinema non da cassetta, mostre ecc..? Probabilmente meno di 15.000.000 milioni. Il resto degli Italiani non è interessato a questo tipo di prodotti o, comunque, non se li potrebbe permettere. L’idea di sostenere qualcosa di cui fruiscono in pochi aumentando le tasse al resto della popolazione (anche ai meno abbienti che pure riscaldano casa, usano i mezzi di trasporto) è politicamente geniale. In questo modo la "cultura" perde la sua natura di occasione di crescita, di strumento per rispondere a dei bisogni fondamentali, e viene rappresentata come un privilegio ad uso di pochi intellettuali, opportunisti e spocchiosi, alimentato mettendo le mani in tasca a tutti gli altri. E visto che si è trovato un colpevole per questa tassa, meglio approfittarne per fare anche un po’ di cassa. Ricordo male o questo Ministro dell’economia ha esaltato chi non legge libri ed ha manifestato più volte le proprie idee sulla poca utilità del prodotto "cultura" in un momento economicamente così critico? A "pensar male" cose apparentemente insensate sembrano logiche..
Roberto Cappelloni
Visto che è stato così "facile" reintegrare le risorse per la cultura, materia prima presente in Italia o, come viene detto, il nostro "petrolio", perché a questo punto non raddoppiarle con un aumento doppio delle accise?
paolo
Condivido in pieno l’articolo. Ricordo che purtroppo la benzina non è l’unico esempio di sistemi con cui fare cassa in modo discutibile: bollo auto, riscosso dalle Regioni, che in grande misura finanzia il sistema sanitario; oneri di urbanizzazione dei Comuni, che finanziano spesa corrente e soprattutto spingono ad espansioni edilizie ancora una volta discutibili; contravvenzioni stradali, di Comuni e Province, messe a preventivo fra le entrate, non destinate al miglioramento della sicurezza stradale, ma per finanziare la spesa corrente. Probablimente ci saranno ancora tanti esempi. Ce la potremo fare?
giulio
Dell’aria fritta prodotta dai nostri illustri intellettuali farei volentieri a meno. Condivido appieno che quel prelievo per ogni litro permette ben più che finanziare la nostra "cultura": qui qualcuno (lo Stato) ci "mangia" sopra…
Lea
Articolo molto interessante, che condivido. Inoltre, ascoltavo per radio alcuni commenti alla notizia degli "1-2" centesimi di aggiunta al prezzo della benzina per il fondo alla cultura e molti commentavano che in televisione (?!) e al cinema i soldi girano in abbondanza e che invece la benzina costa sempre troppo. Questa mi sembra proprio un’azione che non fa bene alla cultura, perché, a parer mio, la gente non capisce che il FUS "aiuta" la sopravvivenza del patrimonio lirico e musicale di questo Paese. Credo che il cittadino medio tra scegliere di pagare meno la benzina e non andare a teatro (perché magari chiuso per mancanza di fondi) scelga la prima opzione (è credo sia normalissimo). Tutto ciò contribuisce solo a disaffezionare gli Italiani alla cultura.
Bruno Stucchi
Mi spiegate perché “La Voce” chiede (come tutti!) con regolarità contributi?
Non dovrebbero essere gli autori a finanziarla?
La redazione
Gentile Bruno Stucchi,
tutti i nostri 27 redattori si autotassano ogni anno oltre a prestare il loro lavoro e tempo gratuitamente per lavoce. Tuttavia questo non basta per garantire a lavoce le risorse per il suo funzionamento. Per questo con regolarità chiediamo anche il supporto dei nostri lettori.
BOLLI PASQUALE
La benzina con la cultura non ci azzecca; ci azzeccherebbe, invece molto bene, la diminuzione dei tanti parolai rissosi che vengono dagli italiani mantenuti, quali anomali propri rappresentanti;anomali perchè non rappresentano il popolo italiano, ma chi li ha nominati, per legge elettorale che ha creato non dignitosi rappresentanti, ma soggetti servili per solo opportunismo esistenziale. Chi ci governa ha perso il concetto della razionalità,della moralità e della giustizia perché con la gente che vive in grande affanno i disagi della quotidianità per supportare i bilanci familiari ed aziendali, non ritiene di avere nulla a che spartire. Questi inutili parolai non ci sono nè utili, nè necessari, per come interpretano il loro ruolo.anzi ci creano soltanto danni per l’immagine internazionale. Quante risorse si potebbero reperire riducendo deputati, senatori,ministri,sottosegretari,consiglieri regionali,provinciali e comunali? Quando si elimineranno gli innumerevoli privilegi che impediscono al popolo di dare cultura ai propri figli? E’ tempo di dire basta a chi ci governa affermando di avere nei suoi comportamenti la religione della libertà che,però, non è per gli altri, ma per sè.
luca cigolini
È fuori discussione che in Italia lo Stato debba finanziare la cultura ed è inevitabile quindi prender dei soldi dalle tasse, cioè dalle tasche dei cittadini. Qui il problema nasce dall’aver usato molti fondi pubblici per scopi meno nobili, dicendo che, se aumentano le tasse, è colpa della cultura! Quali i costi per una data diversa per i referendum? E per il finanziamento di progetti mai realizzati (ricordiamo il Ponte di Messina)? E per chiudere i conti con la Storia e con Gheddafi, quando forse sarebbe bastato tener duro ancora una ventina di mesi (La grande preveggenza dei nostri governanti!)? Lì i soldi sono stati trovati e nessuno è andato in giro a ricordare agli italiani che prima o poi sarebbero finiti, con inevitabile aumento delle tasse.
Luigi Ingrosso
Condivido in larga parte le osservazioni contenute nell’articolo, ma vorrei chiedere all’autore quali sarebbero le alternative all’aumento delle accise sulla benzina? Oltre alle soluzione ovvie (ma non per il Governo!) di accorpare referendum e amministrative e i tagli agli stipendi dei manager della PA, in che altro modo potrebbero essere reperiti i fondi per il finanziamento del FUS? Sarebbe stato preferibile aumentare il prezzo del biglietto dei cinema?
Irina Boscolo Gnolo
In questo Paese il petrolio è tutto, anche cultura! L’Italia è un paese che ha fatto del petrolio la sua acqua e chi siede al governo, se deve decidere un aumento, lo fa a livello di materia prima, poichè tale aumento avrà ripercussioni ben più estese dell’aumento del pieno di benzina. Se fossi anch’io al governo, stando così le cose, farei lo stesso, e mi giustificherei dicendo che il debito pubblico e il modello di sviluppo del Paese non sono stata io a crearli. Inutile discutere sul dove sia meno doloroso un aumento, quando tutti abbiamo bisogno di elettricità a livelli vertiginosi per qualsiasi nostra attività. Per cui la scelta più democratica di tassazione deve riguardare il carburante! Così non si scontenta nessuno: altamente, mediamente, scarsamente acculturati. Teniamoci stratta quel pò di cultura che ci viene ancora offerta e difendiamola! Dimenticarne l’importanza ci rederebbe ancor più schiavi.