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ROBIN HOOD ALL’ITALIANA

La tassa sui profitti delle società petrolifere finirebbe per colpire soprattutto l’Eni. Altre compagnie di raffinazione o di distribuzione non hanno avuto quest’anno risultati particolarmente brillanti, nonostante la crescita del prezzo del greggio. Per i beneficiari, l’aumento delle disponibilità dovrebbe avere moderati effetti espansivi. Anche sulla spesa per carburanti e trasporti. In contrasto con gli impegni del Protocollo di Kyoto. Demagogico l’obiettivo di porre un freno alla speculazione. Si apre forse una stagione di interventi straordinari, dopo quella delle una tantum?

Robin Hood portava via ai ricchi per dare, o ridare, ai poveri: un’azione “etica” ispirata a ragioni di equità di fronte a uno stato ingiusto e vessatorio. Questa volta, in piena globalizzazione, i panni di Robin Hood è deciso a vestirli il nostro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: i cattivi sarebbero le compagnie petrolifere che fanno enormi e ingiusti guadagni sull’aumento del prezzo del petrolio, complice la riprovevole speculazione finanziaria, e i poveri sarebbero i cittadini, dal momento che il petrolio è una fonte energetica e l’energia serve per produrre tutto, beni e servizi.

LA ROBIN HOOD TAX

Il ministro è l’ultimo, ancorché il più determinato, in ordine di tempo ad avanzare una simile proposta. Se ne discute da almeno tre anni negli Stati Uniti, anche se George W. Bush ha sempre provveduto a rintuzzare simili proposte, mentre Barack Obama ha ventilato l’idea di imporre una tassa del 20 per cento su ogni barile di petrolio che costi più di 80 dollari, da destinare a una riduzione del carico fiscale delle famiglie dei lavoratori pari a mille dollari e all’assistenza di coloro che non possono pagare la propria bolletta energetica. Quando il ministro Tremonti ha prospettato la sua idea a margine dell’ultimo Ecofin, il presidente del gruppo Juncker si è mostrato possibilista, mentre il commissario per il mercato interno, Mc Creevy, ha sostenuto che la competenza in materia è dei governi nazionali purché non vi siano distorsioni della concorrenza. Interessati i francesi, guardinghi gli altri.
Ma in cosa consiste esattamente la proposta di Tremonti? Anzitutto si tratta di un intervento straordinario che è in fase di studio sia per le forme del prelievo che dell’utilizzo, quindi un provvedimento a due facce. Sappiamo di cosa non si dovrebbe trattare: non è lo sconto fiscale sul prezzo dei carburanti introdotto dal ex ministro Bersani, poi scaduto, e non rinnovato dal ministro Scajola (anche se forse ci sta ripensando) e non è nemmeno il tetto all’Iva proposto dal presidente francese Sarkozy. C’è la volontà di colpire la speculazione, dovrebbe toccare i profitti delle società dell’intera filiera e dovrebbe produrre un gettito da restituire in maniera non distorsiva, ma etica, a chi ne ha più bisogno.
In un contesto già così vivace dal punto di vista dell’interesse di cronaca e delle reazioni politiche, possiamo azzardare qualche considerazione anche se i dettagli tecnici mancano del tutto, e quindi qualsiasi analisi economica degli effetti di una simile proposta deve essere rimandata a quando se ne saprà di più.

CONSEGUENZE PER CATTIVI E BUONI

Possiamo cominciare a guardare la Robin Hood tax dal punto di vista di chi la subirebbe. Qui sembra che la società maggiormente interessata dal provvedimento sia l’Eni. Le altre compagnie attive nella raffinazione non hanno avuto quest’anno risultati molto brillanti in termini di utile nonostante l’aumento del prezzo del greggio. Ancor meno le compagnie di distribuzione dove i margini dei gestori sono alquanto compressi. Insomma, il grande utile è quello di “big oil” versione nostrana, cioè l’Eni, 6,6 miliardi di euro nel 2007 con un dividendo versato nelle casse dello Stato di circa 1,6 miliardi. La tassa avrebbe dunque come principale effetto quello di colpire gli utili della prima azienda nazionale, finendo per sostituire dividendi con gettito. Ma la riduzione dei dividendi danneggerebbe anche tutti gli altri azionisti, inclusi i grandi investitori e i piccoli risparmiatori. Questo avrebbe un effetto depressivo sul bilancio di uno strato di cittadini risparmiatori, soprattutto perché deprimerebbe il corso di borsa delle azioni Eni. Difficile prevedere le conseguenze precise di tale operazione. Le altre società petrolifere quotate subirebbero sorte analoga, in presenza di bilanci meno floridi. Il mercato è però alquanto oligopolistico e vi potrebbe essere il tentativo di scaricare l’onere della tassa a valle: passando per lo stadio della distribuzione, finirebbe per gravare sui cittadini utenti dei mezzi di trasporto, privato o collettivo, di persone o merci. A livello di distribuzione, visto il carattere più frammentato del mercato, alcuni protagonisti potrebbero addirittura finire per iscrivere delle perdite a bilancio.
Dal punto di vista dei potenziali beneficiari, non sappiamo come tecnicamente il gettito della tassa verrebbe redistribuito, ma immaginiamo che si tratterebbe di detrazioni, sconti o benefici che vanno a incidere sul reddito delle famiglie (quali sarà da capire). In questo caso l’aumento delle disponibilità dovrebbe avere moderati effetti espansivi. Ciò si tradurrebbe in parte, grande o piccola, anche in un aumento della spesa per carburanti e trasporti, compensando così l’effetto delle crescita dei prezzi di tali prodotti e servizi.

TASSA STRAORDINARIA

Nel complesso è difficile prevedere il risultato netto dell’operazione, ma si può comunque anticipare qualche conclusione.
Per rispondere all’emergenza clima l’Italia, come altri paesi, ha assunto precisi impegni di riduzione delle emissioni in sede di Protocollo di Kyoto e di Unione europea. Da questo punto di vista, ogni intervento dovrebbe essere improntato – piaccia o meno – alla riduzione, non già all’aumento, crescita o recupero, dei consumi di fonti fossili di energia. Il consumo più riottoso a ridursi è proprio quello del petrolio connesso ai trasporti. Questa è la ragione per cui ci eravamo già detti contrari al rinnovo dello sconto fiscale sulla benzina. Nonostante il possibile gradimento immediato, non sarebbe fatto un buon servizio ai cittadini se questi si trovassero a dover pagare successivamente, e in modo più salato, le conseguenze di un provvedimento che avesse  stimolato la mobilità e i consumi di carburante;
La Robin Hood tax dovrebbe comunque essere un intervento a saldo nullo per il bilancio dello Stato. Sarebbe dunque necessaria un’attenta analisi che tenesse conto di tutte le modifiche al bilancio dello Stato sia sul versante delle entrate – gettito della tassa e proventi da partecipazioni in società – sia su quello delle spese – trasferimento a categorie di contribuenti ed effetti sul risparmio privato.
L’obiettivo di porre un freno alla speculazione sembra alquanto demagogico. La speculazione di cui si parla è quella del mercato internazionale del petrolio. Assai meno ovvia è la sua presenza sul mercato nazionale, inserendosi tra il petrolio grezzo e il prodotto petrolifero finito: un elemento di evidenza dovrebbe essere la presenza di ampie scorte speculative di materia prima o prodotti intermedi o finiti di cui non pare esservi traccia. Ancora più “speculativa” è l’eventuale partecipazione alla speculazione internazionale di società petrolifere nazionali.
Per stessa ammissione del proponente, la tassa ha carattere di straordinarietà e colpisce un’industria specifica in un momento particolare, in cui i profitti sono considerati abnormi. Viene però da domandarsi se non vi siano o non vi siano state altre industrie con profitti molto ampi, ma che non hanno attratto la stessa attenzione, pur producendo beni o servizi di larghissimo utilizzo: che dire delle bolle immobiliari (prezzo abitazioni)? di quelle finanziarie (mutui)? di quelle agricolo-alimentari? Dovremmo attenderci tasse straordinarie sui profitti anche in quei casi? L’Ocse suggerisce che è preferibile lasciare il mercato e la concorrenza svolgano appieno le loro funzioni. Noi invece sembriamo andare in una diversa direzione: dopo il periodo degli interventi una tantum, adesso sembra essere il periodo degli interventi straordinari.

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LE CONSIDERAZIONI FINALI

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15 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    La Robin Hood Tax è la versione nostrana della più famosa e più equa tassa proposta dal premio nobel James Tobin. Sfortunatamente la versione nostrana sarà la solita partita di giro (meno divendi governo=tasse o prezzi ai consumatori ovvero presa in giro. E’ il gioco delle 3 carte. Non si capisce perché fino ad ora si sono permessi extraproffitti ad aziende a partecipzione statale (l’ENI a Giugno 2008 risulta al 30,3% dello Stato e nel 2007 gli ha dato ben 1,2 miliardi di euro in dividendi) e improvvissamente si vogliono redistribuire. Ma come si fa a pensare una cosa palesemente contro il mercato e società quotate in borsa ora che l’ENI è ad esempio per un 37,65% in mano estera? La speculazione la si combatte contro gli oligopoli e monopoli applicando regole di mercato e concorrenza e non lasciando che si formino. Ma dov’era il ministro Tremonti quando ad esempio i prezzi del petrolio calavano ma i prezzi della benzina alla pompa mai? Che senso ha una tassa di questo tipo nazionale? Peché allora non applicare la vera Tobin Tax o sue varianti ortodosse e non creative? Come misura ambientalista bisogna ridurre il consumo di petrolio perché sembra inutile tassarlo…

  2. Luigi

    Alcuni anni fa il premio Nobel per l’economia James Tobin ideò una forma particolare di tassazione avente lo scopo di disincentivare pratiche finanziarie speculative a breve termine fortemente destabilizzanti per i mercati finanziari tali, a volte, da provocare delle vere e proprie crisi finanziarie a livello internazionale. La tassazione prese il nome dal suo ideatore e venne chiamata “ Tobin Tax “. Ora il Ministro Tremonti ha allo studio un provvedimento fiscale da applicarsi ai profitti delle compagnie petrolifere al fine di combattere il caro greggio. La tassazione in questione è già stata denominata Robin Tax richiamandosi, probabilmente, a Robin Hood, il popolare eroe inglese che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Anche in questa circostanza il Ministro ha fatto ricorso alla sua nota creatività: ha cambiato semplicemente una consonante e così, accanto all’imposta Tobin, c’è ora l’imposta Robin.

  3. Alessandro

    Buongiorno, volevo soltanto dire che fate bene come "Voce.Info" a insistere su questi temi. Per una persona come me, nata nel 1981, sarà uno dei pochi temi del futuro. Come coniugare la crescita economica con un uso attento e intelligente delle risorse – sempre più scarse – della natura. Segnalo anche la rivista "Aspenia" che qualche mese fa dedicò un intero numero alle questioni ambientali/climatiche.

  4. Giovanni Medioli

    Ci sono due effetti principali del costo dei carburanti sull’economia. Il primo incide sulla mobilità delle persone, come spiega Galeotti, e una "mancata attenuazione" potrebbe avere (anche) impatti positivi riducendo consumi di scarsa utilità (ma chi lo spiega agli operatori turistici?). Il secondo attiene alla mobilità delle merci: se aumentano i carburanti, inevitabilmente, aumentano anche i prezzi al consumo. Pur rimanendo contrario in linea generale a tassazioni straordinarie (che hanno sempre effetti distorsivi) credo che un provvedimento come quello annunciato dovrebbe riguardare soprattutto il secondo effetto, che ha certamente carattere di interesse generale.

  5. Pasquetta Cherchi

    Occorrebbe limitare il consumo di benzina favorendo le persone che utilizzano la macchina solo nei casi di difficoltà a raggiungere il posto di lavoro per un tot kilometrico e mancanza di facile e comodo trasporto. Avere cioè dei buoni fissi settimanali e incentivare per chi vive in città l’utilizzo del mezzo pubblico con relativo sconto. In tutti gli altri casi prezzo di benzina libero. lasciando che si lasci la macchina posteggiata e ci si muova con i treni che arrivano puntuali o gli aerei che fanno gli scali comodi anche per noi.

  6. Bruno Stucchi

    Malgrado il prezzo dei carburanti sia sempre in aumento, il loro consumo è quasi costante. Aumentarne il prezzo, per ridurne i consumi e diventare virtuosi per le anime belle col Kyoto fisso si dimostra inefficace e dispendioso. Forse perché i carburanti sono beni a domanda rigida? Ma queste cose si dovrebbero risapere fin dalle materne…

  7. Gianni Mastrilli

    Premesso che personalmente sono contrario ad una tassazione straordinaria, non capisco un provvedimento che colpisce solo un attore del mercato nazionale, cioè l’ENI, con una cospicua partecipazione dello Stato nel capitale. Questo significa destabilizzare il mercato in quanto provocherebbe un calo della quotazione in borsa della società con notevole danno per gli azionisti privati. Ritengo, invece, che sarebbe più utile cercare di colpire i profitti anche delle altre compagnie petrolifere estere presenti in Italia, direttamente o tramite loro Società di distribuzione. Infine, sono dell’idea che i prezzi così alti dei carburanti favoriscano, per il trasporto privato, un maggior utilizzo dei mezzi pubblici, con evidenti benefici sia dal punto di vista ecologico che di stress a livello personale, per non dovere stare nel traffico. Per quanto riguarda il trasporto delle merci bisogna utilizzare parte del gettito derivante dalla nuova tassa a beneficio degli autotrasportatori (ed altre categorie di operatori), magari con dei “Bonus” nominativi, per evitare che il maggior costo del carburante venga traslato sulle merci, innescando un movimento inflativo.

  8. Alessandro

    L’utilità di una tassazione sugli utili delle compagnie petrolifere è assai poco chiara. Come emerge dai commenti all’articolo è lampante che il castello che demagogicamente si tenta di costruire ha le fondazioni di carta. I problemi più significativi, ovviamente in strettissimo legame, sono la diminuizione di entrate sotto forma di dividendi, un aumento di entrate sotto forma di gettito fiscale (la somma di questi due flussi opposti sarà prossima a zero?!) e un inevitabile aumento del prezzo del prodotto finito sulle spalle del consumatore. Poichè l’extragettito maturato porterà assai poco realisticamente una diminuizione del carico fiscale del cittadino, quest’ultimo subirà, facendo le somme, solo un aumento del prezzo dei carburanti e un eventuale diminuizione dei dividendi percepiti (se il cittadinoè anche azionista). Limitare, o disincentivare fortemente, la speculazione sui prezzi di alcune commodities può essere ben più utile (i problemi derivano però dalla sovranazionalità della manovra perché sia efficace). In questo contesto, infatti, i mercati finanziari (e in particolare quelli dei derivati) influenzano l’economia reale in modo determinante.

  9. bosco giuliano

    Mi sembra che l’intervento di Galeotti sia ascrivibile tra quelli che "…per non sbagliare critichiamo, poi vediamo". I profitti abnormi delle compagnie petrolifere, credo siano sotto gli occhi di tutti, a cominciare dal trasferimento immediato "alla pompa" delle quotazioni giornaliere del greggio, anche se il prodotto raffinato che mettiamo nel serbatoio è stato acquistato con contratti firmati chissa quanto prima (e chissà con quali prezzi, inferiori rispetto a quelli "del giorno"). Aggrapparsi a Kyoto oppure alla presenza di altri settori che fanno profitti (non dicendo quali sono…), mi sembra un modo di ragionare improntato alla "critica punto". Forse che l’attivismo del nuovo governo dà fastidio, se confrontato con il "quasi immobilismo" di quello che l’ha preceduto ? Ai posteri l’ardua sentenza. Giuliano Bosco.

  10. Gjergj Zefi

    A dire il vero questa uscita di Tremonti in merito alla tassazione straordinaria delle società ricche di bilancio suona molto da propaganda elettorale. Visto che si tratta di società quotate in borsa tale misura, molto probabilmente, andrebbe a penalizzare il prezzo dei titoli sui mercati finanziari e dato che il Tesoro Italiano possiede delle quote all’ENI non so quanto sia conveniente per l’azionista "Tesoro Italiano" tutta questa potenziale architettura fiscale del Ministro. Di certo non sono io che deve insegnare al Prof. Tremonti come deve implementare la politica economica in Italia, ma sulla Robin Hood tax e meglio che ci ripensi perché altrimenti il mercato dei capitali lo potrebbe penalizzare in maniera significativa. Il hedge funds inglese oppure altri investitori di portafoglio nei loro fondi vogliono dare credito alle società che hanno un corporate tax sempre più basso perché in fin dei conti a loro interessa il net profit che è sempre una grandezza di bilancio after Tax. Cordiali Saluti, Gjergj Zefi

  11. Francesco Bogliacino

    Vorrei solo fare due brevissime (spero) considerazioni: 1) sono ovviamente d’accordo con tassazioni che aumentino i costi di produzioni inquinanti, hanno il loro ovvio fondamento economico; ma per favore (lo dico al Ministro Tremonti), non cerchiamo di imbrogliare, esitono gli effetti di equilibrio economico generale. In un mercato con domanda inelastica e con offerta (almeno relativamente) elastica, chi volete che paghi l’imposta se non il consumatore? 2) se passa il messaggio che ogni volta che c’é un extra-profitto bisogna mettere una tassazione straordinaria si aumenta l’elemento di arbitrarietà della norma fiscale (già a mio avviso abbastanza fantasiosa). Chi verrà a investire in Italia? (Ammesso che gli investimenti siano graditi, vista la sceneggiata sulla presunta "invasione barbarica" operata da Air France con Alitalia comincio ad avere qualche dubbio) Complimenti per l’articolo ed il sito Cordialmente

  12. Alessandro

    Ho letto attentamente l’articolo ma quello che non son riuscito a capire è come questa manovra possa contribuire ad abbassare il prezzo del carburante, forse perchè l’obiettivo non è questo? Non mi ha convinto neanche il discorso che plaude all’aumento dei carburanti come mezzo per favorire il raggiungimento degli accordi di Kyoto. Personalmente penso la domanda di carburante non possa calare più di tanto perciò si deve intervenire sulle tecnologie del trasporto che abbandonino il motore a benzina per quello a metano e magari anche per le auto elettriche, tecnologie che chissa come mai i produttori di auto non sembrano intenzionati a proporci in maniera seria… che dopo la Robin Hood tax sui petrolieri sia il caso di una altrettanto straordinaria tassa sui produttori di automobili.

  13. Paolo Zanghieri

    Da quanto ne so non si è mai visto che tassando un bene il suo prezzo scenda, è più probabile che le imprese petrolifere scarichino l’onere della tassa (con un mark up generoso) sui consumatori. Più che di Robin Hood allora bisognerebbe parlare di Superciuk, il supercattivo avvinazzato dei fumetti di Alan Ford, che rubava ai poveri per dare ai ricchi.

  14. Andrea

    La mia sensazione è che la RH Tax sia l’ennesima dimostrazione che la nostra classe dirigente continui ad approfittare delle difficoltà economiche per centralizzare e guidare dall’alto le crisi. Sarebbe molto più semplice ed efficace ridurre la pressione fiscale sui carburanti ed aumentare la concorrenza tramite pressioni politiche sull’ENI, ma Tremonti (come altri prima di lui) preferisce aumentare il gettito statale a discapito del mercato (che inevitabilmente si rifarà sui consumatori finali) per aumentare le risorse a disposizione del governo. Inutile dire che quel gettito verrà veicolato anche per rastrellare consenso, ed al solito vediamo applicate da parte di libertisti pentiti politiche spudoratamente centraliste. Mi piacerebbe vedere, anche in Italia come in UK, servizi giornalistici semplici e corretti, che spieghino alla gente che, al di là del becero tifo politico, alcune politiche non sono nè ragionevoli nè efficaci e che il nome del ladro gentiluomo sia in questo caso usato clamorosamente a sproposito. Ma questo resta un sogno, perchè il "dissenso da buon senso" in Italia non può esistere e se qualcuno si permette di alzare la mano viene bollato come fazioso…

  15. phzerouno

    Facile capire come risponderanno i petrolieri (a parte l’Eni che e’ sotto il controllo dello Stato che incamera in larga parte i profitti di Eni): aumenteranno i prezzi dei distillati in uscita dalla raffineria: GPL, benzina, gasolio, nafta. E cosi’ la Robin tax la pagheremo – come al solito – noi che andiamo a far benzina ad Agip, Exxon, Shell, Total, Tamoil, etc…. A Robin hood: ma v……o!

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