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Grecia, l’insostenibile pesantezza del debito

Standard & Poors ha nuovamente declassato il debito greco. Una decisione dovuta al fatto che non sono stati centrati gli obiettivi fiscali. Ma riflette anche il giudizio che il debito greco sia difficilmente sostenibile. Un nuovo prestito da Unione Europea e Fondo monetario servirebbe forse a guadagnare un po’ di tempo, ma non cambierebbe la sostanza delle cose. L’unica alternativa alla ristrutturazione del debito sembra essere una forte ripresa della crescita. I mercati, però, non ci credono.

 

Il 9 maggio l’agenzia di rating Standard & Poors ha nuovamente declassato il debito greco riducendone la valutazione da BB- a B, per quello a lungo termine, e da B a C per quello a breve termine. Il downgrading riflette il fatto che gli obiettivi fiscali (la riduzione del deficit al 9,6 per cento del Pil) non sono non sono stati centrati (il deficit è risultato del 10,5 per cento). Ma riflette anche il giudizio che il debito greco sia difficilmente sostenibile.

RISTRUTTURAZIONE O CRESCITA

Nel comunicato S&P sostiene perciò improbabile che la Grecia possa tornare a finanziarsi sui mercati finanziari entro il prossimo anno e stima al 50 per cento il “taglio di capelli” nel valore del debito che potrebbe essere necessario a ripristinarne la solvibilità. In effetti, tutti i principali commentatori economici considerano inevitabile una ristrutturazione del debito sovrano, e non è un caso che le voci di un nuovo prestito di 60 miliardi alla Grecia, circolate qualche giorno dopo una nota del Wall Street Journal, siano state smentite. Un nuovo prestito servirebbe forse a guadagnare un po’ di tempo , ma non cambierebbe la sostanza delle cose. Allo stato attuale, l’’unica alternativa alla ristrutturazione del debito sembra essere una forte ripresa della crescita. Vediamo perché.

La ragione sta nei dati del 2011: un disavanzo primario (d) intorno al 5 per cento del Pil, un tasso di interesse medio sul debito (i) che il ministro Papacostantinou dichiara (ottimisticamente?) situarsi intorno al 4,5 per cento, un’inflazione (Π) al 2,6 per cento, una crescita negativa (n) di circa 3 punti e un rapporto debito/Pil (b) al 150 per cento. Questi numeri implicano che sarebbe necessario raggiungere e mantenere nel tempo un surplus primario di bilancio (d*) di 7,5 punti di Pil, solo per arrestare la crescita del debito. Per questo obbiettivo bisognerebbero fare tagli equivalenti al 12,5 per cento del reddito nazionale (vedi prima riga nella tabella 1). Certamente un manovra di questa entità non potrebbe essere realizzata in un solo anno, e per un certo tempo l’indebitamento non potrebbe che continuare crescere.

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Un nuovo prestito Unione Europea- Fondo monetario internazionale di 60 miliardi servirebbe a poco (seconda riga della tabella). La cifra rappresenta circa un quinto del debito greco e dunque la possibilità di indebitarsi a tassi agevolati (per esempio una riduzione, rispetto ai tassi attuali, di due punti sui  nuovi debiti) avrebbe un effetto molto limitato sul costo medio del debito, circa 40 punti base (=200 pb/5). Di conseguenza, il surplus di bilancio necessario a stabilizzare il rapporto debito/Pil si ridurrebbe solo in misura marginale, dal 7,5 al 6,9 per cento (vedi seconda riga della tabella).
Al contrario, un default parziale ridurrebbe considerevolmente l’aggiustamento richiesto: una riduzione del valore nominale del debito del 40 per cento, in aggiunta alla riduzione dei tassi, permetterebbe di stabilizzare il debito con un avanzo primario relativamente contenuto, poco più del 4 per cento del Pil. L’’unica possibilità realistica per evitare un default sarebbe un ripresa della crescita: se tornasse positiva (ad esempio all’1 per cento) renderebbe sufficiente un misero 1,3 per cento di avanzo primario (vedi ultima riga) a stabilizzare il debito. Ma i mercati non sembrano proprio crederci.

Tabella 1

deficitprim/pil interesse inflazione interesse reale crescita pil differenziale debito/pil deficit stab  aggiustamento
d i π r =(1+i)/(1+π) -1 r-n b d*= -((r-n)/(1+n)) b d*-d 
5,0% 4,5% 2,6% 1,85% -3,0% 4,85% 150% -7,50% -12,50%
5,0% 4,1% 2,6% 1,46% -3,0% 4,46% 150% -6,90% -11,90%
5,0% 4,1% 2,6% 1,46% -3,0% 4,46% 90% -4,14% -9,14%
5,0% 4,5% 2,6% 1,85% 1,0% 0,85% 150% -1,27% -6,27%

 

Nota: d = disavanzo primario//Pil, i = costo medio del debito,  Π = tasso di crescita dei prezzi al consumo,  r = tasso di interesse reale, b = rapporto indebitamento lordo settore pubblico/Pil, d*  = rapporto disavanzo primario/Pil necessario per stabilizzare il debito,  d*- d = manovra necessaria in rapporto al Pil.

Fonti: EIU, dichiarazioni del ministro greco Papacostantinou, elaborazioni dell’autore.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. mirco

    Due sono i responsabili di questa situazione: a) le banche inglesi e americane che poi si sono trascinate quelle francesi e tedesche, nei prestiti alla Grecia. b) La classe politica greca irresponsabile tanto da rendersi antieuropea. Se si vuole il bene dell’Europa e dell’euro occorre dire che: la Francia, la Germania e altri paesi europei “virtuosi” facciano poco gli schizzinosi e si accollino il debito, a meno che la Germania non voglia ripetere al contrario la situazione in cui si trovò la repubblica di Weimar (con le conseguenze che sappiamo). L’italia pagherà per responsabilità non sue. La Gran Bretagna e le banche americane devono essere messe in condizione di non boicottare l’Europa e l’euro. Il Regno Unito deve decidere se rimanere in Europa o andarsene, visto che da quando è nella UE non fa altro che boicottarla con le sue nostalgie della grande sterlina e dell’impero britannico. In quanto agli Stati Uniti pensino ai loro debiti e a ristrutturare le loro banche (ripristinino la legge Glass-Steagall) alternativa? Nuovi partiti destroidi e pseudo fascisti in Europa e una nuova guerra mondiale.

    • La redazione

      Non condivido la tesi della "cospirazione" anglosassone ai danni dell’Europa continentale. Condivido invece alcune conclusioni, ad esempio che la banche (tedesche e francesi, ma non solo) che hanno finanziato la Grecia siano coinvolte nelle perdite, e che la Grecia paghi quanto più possibile è in gradi di fare (senza che si creino rischi sistemi). Più facile a dirsi che a farsi.

  2. Stefano Valenti

    Dissento dalle conclusioni dell’articolo. Nell’ipotesi di una ristrutturazione del debito la Grecia dovrebbe comunque conseguire un avanzo primario ingente, del 4,0 per cento del PIL, “a tassi invariati”, come afferma l’autore dell’articolo. Quella dei tassi invariati è un’ipotesi eroica: sfido chiunque a sostenere che i tassi d’interesse sui titoli pubblici greci possano restare invariati una volta subito un taglio del debito del 40 per cento. Al contrario, se l’economia greca crescesse, l’avanzo primario richiesto sarebbe di appena l’1,3 per cento del PIL. La notizia è che, nel primo trimestre del 2011, l’economia greca avrebbe messo a segno una crescita dello 0,8 per cento sul trimestre precedente. A mio parere la Grecia dovrebbe uscire dall’UEM perché è evidente che l’economia greca non può sostenere un’unione monetaria con paesi troppo più forti. Ma, se non si vuole prendere in considerazione un’uscita dall’euro, il mantenimento del piano attuale, pur sbagliato (l’UE ha imposto alla Grecia una politica ferocemente deflazionistica, che ha esacerbato il problema del debito e contribuito a renderlo insostenibile), sarebbe preferibile alla ristrutturazione del debito.

    • La redazione

      Il dibattito su rifinanziamento o ristrutturazione è aperto. La BCE per esempio considera che vada fatto di tutto per evitare rischi sistemici di contagio. Personalmente penso che si possa trarre insegnamento di casi riusciti di ristrutturazione degli anni ’80 e 90 ed in particolare da quei meccanismi (come il piano Brady) che hanno offerto ai creditori la possibilità di scegliere tra diverse opzioni di conversione.

  3. Massimiliano Deidda

    Ora si chiede ai cittadini di uno Stato membro e ai suoi creditori di pagare per aver perso la scommessa di competere sul mercato aperto “con le mani legate dietro alla schiena”. In un’economia aperta, un’area di libero scambio, governata con una moneta unica e un unico tasso di cambio, deve tenere conto del dumping dei diritti universali effettuato a danno dei lavoratori nei mercati del lavoro locali. La ripartizione su tre livelli distinti di governance delle politiche economiche – politica monetaria alla Bce, politiche fiscali agli Stati membri e politiche sociali e del lavoro alle autorità regionali e locali – appare un fattore di estrema debolezza competitiva per l’eurozona, al suo interno, e nei confronti degli altri Stati membri e dei paesi terzi. Gli Stati membri non-periferici sanno che le loro bilance dei pagamenti si sono gonfiate per l’impossibilità dei Pigs di procedere a svalutazioni competitive. Chi rifiuta di aiutare il vicino quando la casa brucia, troverà la sua stessa casa bruciata. Se non sarà onorato il debito greco in euro, nessuno presterà soldi all’Irlanda, al Portogallo, alla Spagna (i cui miracoli economici erano il vanto d’Europa) e all’Italia.

    • La redazione

      La sua analisi mi sembra piuttosto (auto) assolutoria. Paesi "periferici" non si nasce, si diventa. L’impossibilità di svalutare rispetto ai partner europei vale per la Grecia come per la Germania, la cui competitività si è accresciuta molto, nonostante il cambio. E’ vero che considerazioni elettorali, soprattutto in Germania, Olanda, Finlandia, hanno pesato negativamente sulla risoluzione della crisi. Ma è altrettanto vero che l’ esigenza di affrontare i problemi di azzardo morale e di coinvolgere i creditori nel sostenere i costi della crisi, è più che legittime

  4. paolo bevilacqua

    Ho preso negli anni scorsi dei soldi a prestito a "strozzo" per pagarmi bella vita vacanze e donne che non potevo permettermi (Grecia). Pago ai miei strozzini (Germania, Francia..) € 3000 al mese attualmente, per un debito di circa € 100.000 che però cresce continuamente perchè per pagare i miei strozzini prendo altri soldi a prestito! Ho un lavoro da € 1.300 al mese. La storia ed il buonsenso raccontano che da queste situazioni non si esce: il debito non lo ripagherò mai, i miei creditori (ai quali ho già dato un sacco di soldi) non riavranno mai il capitale possono solo scegliere se ammazzarmi o no….

  5. filippo aleati

    La Grecia dovrebbe convertire il debito in dracme svalutate al 50% sull’euro. I politici greci impadronitisi di nuovo della politica monetaria e fiscale si giocheranno poi sul mercato il destino del paese, se non viene prima massacrato dalla speculazione mondiale.

  6. antonio gasperi

    Riporto da Business News di aprile scorso: "Nel gennaio 2011 la bilancia commerciale ha fatto registrare un deficit di 2,2 miliardi di euro in Grecia e di 0,2 miliardi in Romania". Come si pareggia contabilmente la bilancia dei pagamenti? O con una svalutazione della moneta nazionale o con flussi di capitale per la cifra corrispondente: la prima via è preclusa per evidenti motivi, resta la seconda, cioè investimenti produttivi o finanziari dall’estero. Per la Grecia i secondi: ragioni puramente contabili ci fanno capire che i paesi creditori salveranno la Grecia dopo aver dato qualche contentino ai loro risparmiatori. Saluti

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