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Due nuove strutture per gli investimenti pubblici

La manovra prevede due nuove strutture per il coordinamento degli investimenti pubblici. Con alcuni correttivi, potrebbero contribuire a risolvere le attuali carenze amministrative nella gestione delle prime fasi del “ciclo del progetto”.

Misure tradizionali e novità

Sugli investimenti pubblici, il disegno di legge di bilancio contiene sia provvedimenti “tradizionali”, che non si discostano da precedenti manovre finanziarie, sia alcune misure innovative che sembrano tracciare un disegno di ampio respiro e di cui valuteremo in futuro la coerenza e la completezza.
Tra le norme di carattere “tradizionale” si distinguono i nuovi stanziamenti pluriennali (98 miliardi in 15 anni) per amministrazioni centrali e locali, i nuovi stanziamenti settoriali e le nuove regole per svincolare gli investimenti degli enti territoriali dal patto di stabilità interno.
Negli ultimi anni tuttavia l’incremento delle risorse disponibili non ha prodotto alcun aumento della spesa e ugualmente non risolutive sono state le norme per incentivare quella degli enti locali.
Tra le misure potenzialmente innovative si colloca invece l’istituzione di due strutture tecniche: la Centrale per la progettazione delle opere pubbliche presso l’Agenzia del demanio e Investitalia, una struttura di missione alle dipendenze del presidente del Consiglio con finalità di coordinamento e indirizzo in materia di investimenti pubblici.

Almeno sulla carta, il legislatore sembra dunque aver centrato il reale punto di debolezza dell’attuazione degli investimenti, che consiste nella grave carenza amministrativa nella gestione delle prime fasi del “ciclo del progetto”, ossia nella programmazione-valutazione-progettazione degli interventi. Da qui il rafforzamento – soprattutto con il reclutamento di personale esterno alla Pa – delle funzioni riconducibili a quelle fasi.
Ma andiamo con ordine. Interpretando il testo normativo, a Investitalia dovrebbero competere:

  1. compiti di programmazione: analisi dei fabbisogni infrastrutturali; analisi dei programmi di investimento infrastrutturali; elaborazione di studi dai fattibilità;
  2. compiti di valutazione: valutazione dei programmi; valutazione di singoli progetti; individuazione di soluzioni operative in materia di investimento;

 

A fianco di queste funzioni programmatorie-valutative ne vengono enunciate altre:

  1. compiti di supporto: “affiancamento delle pubbliche amministrazioni nella realizzazione di piani e programmi”.
  2. compiti di monitoraggio: “individuazione degli ostacoli e delle criticità nella realizzazione degli investimenti ed elaborazione di soluzioni”.
  3. compiti normativi: “elaborazione di soluzioni, anche normative, per tutte le aree di intervento”.
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Inoltre, l’azione di supporto e di collaborazione con le amministrazioni viene estesa anche alle funzioni programmatorie e valutative.

Le difficoltà

Proprio su quest’ultimo punto, vanno segnalati due aspetti fortemente critici. In primo luogo, porre funzioni tecniche a elevata professionalità a supporto e collaborazione delle amministrazioni non ha dato grandi risultati. L’esperienza degli ultimi trenta anni ha dimostrato che la “commistione” tra strutture tecniche e amministrazioni ha generato sempre conflitti, che a loro volta hanno condotto all’abolizione delle prime o alla loro fagocitazione da parte delle seconde. Ciò si spiega in gran parte con il fatto che le amministrazioni, pur se sprovviste di quelle specifiche capacità tecniche, non sono disposte a cedere competenze proprie.
In secondo luogo, la creazione di Investitalia deve fare i conti con l’esistenza di numerose strutture tecniche che sulla carta hanno le stesse finalità, pur essendo per la maggior parte inattive o inefficienti. Si dovrebbero quindi selezionare o abolire quelle già esistenti, per evitare che conflitti di competenze (anche solo formali) impediscano o ritardino l’attivazione della nuova struttura.

In conclusione, Investitalia sarà utile se potrà disporre di un elevato grado di autonomia, mantenendo scambi di natura informativa con l’apparato amministrativo. Sarebbe poi opportuno precisare, con un successivo atto, le sue funzioni (oggi esposte in maniera vaga e generica), specificando in premessa che il principale (o esclusivo) compito dovrebbe consistere nel realizzare una efficiente produzione di progetti pubblici di investimento in tutte le prime fasi, assicurando la fattibilità e una rapida realizzazione delle opere. “Produrre progetti” è infatti proprio quello che oggi l’amministrazione non sa fare. Una maggiore produttività (e una migliore qualità) dell’azione pubblica dovrebbe influenzare in maniera decisa anche la spesa per investimenti, incrementandola a parità di risorse.
In quest’ottica, la Centrale di progettazione completerebbe in maniera positiva e adeguata le prime fasi del “ciclo del progetto”. Anche i compiti di questa struttura andrebbero comunque riesaminati espungendo (per evitare di sconfinamenti) le attività di “valutazione economica e finanziaria del singolo intervento” e “l’assistenza tecnica alle amministrazioni coinvolte nel partenariato pubblico/privato” dal testo della norma.

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In conclusione, se ben congegnato (e con i correttivi indicati), l’intero disegno permetterebbe di individuare all’interno della Pa (ma separato da essa) un luogo dove la programmazione “operativa” non è un insieme di azioni generiche o una lista di titoli, bensì l’identificazione e l’analisi di progetti sufficientemente elaborati di cui si sia verificata la realizzabilità, con un accesso pressoché automatico (e non “a richiesta”) alla fase di progettazione tecnica.

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Ma il governo snobba le imprese?

  1. giovanni

    Tutta roba che si può fare con un software. A cosa serve spendere così tanto? Mah!

  2. lucio

    che la realizzazione degli investimenti costituisca un grosso problema per la pubblica amministrazione e’ un dato di fatto. tutto sommato sono anche noti i motivi: eccesso di norme burocratiche e di procedure bizantine accompagnate da un sottofondo culturale di scarsa propensione all’innovazione e da una classe di dirigenti e amministratori pubblici, non sempre a torto, sempre piu’ propensi all’omissione dell’atto d’ufficio piuttosto che a incappare nell’abuso di atto d’ufficio. Creare una tecnostruttura che affianchi le pubbliche amministrazioni non sposta di un millimetro il problema e non lo aggredisce, si crea solo un’altra casella da riempire con organico e che nel tempo inevitabilmente crescera’. Ci vuole ben altro e ci vuole piu’ tempo non certo quello richiesto da questa epoca di tweet e proclami da social network. Cominciare dal codice degli appalti dove alcune procedure rivelatesi farraginose e tutto sommato inutile possono essere riviste e anche cancellate. Il grossissimo problema e’ rappresentato dal trade off tra semplificazione e corruzione. Forse un’azione sinergica con altre forme di lotta alla corruzione potrebbe consentire di allentare molti vincoli che rallentano o disincentivano ad intraprendere processi di innovazione e investimenti.

  3. micheledisaverio

    Articolo interessante e ricco di stimoli. Due punti di rilievo. Punto 1) la legge dovrebbe stabilire che la struttura ha accesso a tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni necessari ad espletare il proprio ruolo, prevedendo un termine perentorio perché i documenti siano inviati elettronicamente se disponibili in formato digitale, ovvero resi consultabili in sede. La struttura dovrebbe quindi poteri ispettivi e di controllo.
    Punto 2) La spesa effettiva spesso si discosta da quella inizialmente preventivata e stanziata. E’ rilevante un monitoraggio dell’avanzamento fisico-temporale delle opere e che del loro avanzamento di costo. E che questo monitoraggio sia sovlto centralmente, perché gli scostamenti di spesa sono inevitabili, ed una gestione (ottimizzazione) globale degli interventi correttivi è cosa ben diversa da un’ottimizzazione “locale” dei singoli progetti di investimento.

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