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Facciamo i conti giusti sul federalismo differenziato

Davvero le regioni del Nord sono penalizzate rispetto a quelle del Sud nella ripartizione della spesa pubblica? Dipende dai dati che si usano e dalla definizione di settore pubblico. E non può essere la ragione per le richieste di maggiore autonomia.

Le risorse: il vero tema dell’autonomia differenziata

La concessione delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia previste dall’articolo 116, comma 3 della Costituzione è entrata come questione prioritaria nel contratto di governo tra Lega e Movimento 5 stelle del giugno 2018. L’attuazione dell’autonomia differenziata di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto era così diventata un treno in corsa, che a lungo è sembrato difficile fermare, per poi finire sul binario morto dei contrasti interni alla maggioranza. Ora però è probabile che, tra gli strappi della Lega e le frenate del M5s, nelle prossime settimane le intese arrivino in Parlamento.

L’attuazione del federalismo differenziato ha fatto discutere per diversi motivi: la segretezza degli incontri tra i rappresentanti delle regioni che la richiedevano e il governo; il ruolo di marginalità nel quale si intende lasciare il Parlamento su un tema di vitale importanza per l’unità nazionale; le carenze nella dimostrazione della relazione tra decentramento delle funzioni alle regioni e guadagno di efficienza.

Lo spettro delle criticità che hanno visto confrontarsi visioni diverse è ampio, ma l’elemento più ricorrente nel dibattito resta quello delle risorse (si vedano i contributi apparsi su lavoce.info). Non è un tema nuovo. Da quando la questione settentrionale ha fatto ingresso sulla scena, i governatori delle regioni del Nord, Veneto e Lombardia in testa, hanno fatto proprie le istanze della presunta ingiustizia fiscale sofferta dai contribuenti settentrionali. Oggi, sotto nuove forme, sono ancora le richieste di più risorse a motivare le proposte di maggiore autonomia delle regioni del Nord. Ma è davvero troppo bassa la spesa pubblica della quale beneficia il Nord rispetto alle regioni del Sud?

I dati sulla spesa pubblica regionalizzata

Sul sito del dipartimento per gli Affari regionali sono stati resi noti i testi delle “parti generali” delle intese fin qui concordate tra il governo e le tre regioni richiedenti. Sono stati pubblicati anche i dati sulla spesa pubblica regionalizzata di fonte Ragioneria generale dello stato discussi di recente da Paolo Balduzzi su lavoce.info.

In base a questi dati, Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia si collocano ai livelli più bassi per spesa pubblica pro capite (figura 1). Un’evidenza che dimostrerebbe l’eccesso di spesa pubblica al Sud, motivando il diritto alla restituzione delle regioni forti del paese. Ma come viene discusso in una recente nota della Svimez (in corso di pubblicazione nella Rivista economica del Mezzogiorno) questi dati forniscono un’informazione parziale dell’effettivo livello di spesa pubblica nelle regioni italiane.

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Per due motivi. Il primo motivo è che la Ragioneria regionalizza circa il 43 per cento della spesa dello stato. Per avere un’idea della parzialità dei dati, basti pensare, ad esempio, che viene regionalizzato solo il 5 per cento della spesa statale in diritti sociali, politiche sociali e famiglie, un comparto cruciale nelle richieste di autonomia e di particolare rilevanza per la coesione nazionale.

Il secondo motivo è che i servizi pubblici non vengono finanziati solo dallo stato. Ad occuparsene è l’operatore pubblico nelle sue diverse articolazioni, il settore pubblico allargato (Spa), definito dall’insieme dei diversi livelli di governo della Pa (stato e altre amministrazioni centrali, amministrazioni regionali e amministrazioni locali) e dalle imprese pubbliche nazionali e locali.

Il sistema dei conti pubblici territoriali (Cpt), la fonte ufficiale più completa in materia di flussi finanziari pubblici regionalizzati, permette di superare entrambi questi limiti. I Cpt misurano, a livello regionale, i flussi di spesa dei diversi livelli di governo della Pa e degli enti appartenenti alla componente allargata del settore pubblico. A differenza della Ragioneria, i Cpt regionalizzano la quasi totalità della spesa dello stato e quantificano il conto consolidato dei flussi di spesa della Pa e del settore pubblico allargato, fornendo in tal modo un quadro esaustivo della distribuzione della spesa dell’operatore pubblico tra regioni.

E la graduatoria esposta nella figura 1 cambia radicalmente impiegando i dati di fonte Cpt. Rimandando alla nota della Svimez per maggiori dettagli, basta qui osservare come man mano che il perimetro dell’operatore pubblico si amplia dallo stato di fonte Cpt alla Pa, al Spa (figure 2-4), le regioni meridionali tendono a scendere in graduatoria, mentre Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto abbandonano le ultime posizioni.

Conoscere per deliberare

I dati di fonte Ragioneria generale dello stato, utilizzati per denunciare, più o meno esplicitamente, il flusso eccessivo di spesa pubblica al Sud e richiedere di trattenere quote consistenti del gettito maturato nelle regioni forti del paese, forniscono un quadro molto parziale dell’intensità dell’intervento pubblico nei territori rispetto ai Cpt. Una discussione razionale e informata dovrebbe perciò partire da un utilizzo corretto, e non strumentale, delle diverse fonti ufficiali disponibili sulla finanza pubblica territoriale.

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Figura 1 – Spesa pro capite dello stato al netto degli interessi (Rgs)

Nota: per l’elenco delle spese dello stato regionalizzate dalla Rgs si veda la pubblicazione La spesa statale regionalizzata. La spesa dello stato che non viene regionalizzata dalla Rgs riguarda le erogazioni a enti e fondi, e la spesa statale non regionalizzabile per la natura della spesa o per la mancanza di necessari elementi conoscitivi.

Figura 2 – Spesa pro capite dello stato al netto degli interessi (Cpt)

Nota: Vengono ripartite a livello regionale anche le erogazioni a enti e fondi e, utilizzando opportuni indicatori di riparto, la spesa statale ritenuta non regionalizzabile dalla Rgs per la mancanza di necessari elementi conoscitivi (si veda la Guida ai Cpt).

Figura 3 – Spesa consolidata pro capite della Pa al netto degli interessi (Cpt)

Nota: La Pa include lo stato e le altre amministrazioni centrali, le amministrazioni regionali e le amministrazioni locali. Per l’elenco completo degli enti appartenenti alla Pa si veda la Relazione annuale Cpt 2018 (p. 56). Per spesa consolidata si intende al netto dei trasferimenti tra i diversi enti appartenenti alla Pa.

Figura 4 – Spesa consolidata pro capite del Spa al netto degli interessi (Cpt)

Nota: Il settore pubblico allargato include, oltre alla Pa, il settore extra Pa costituito dalle imprese pubbliche nazionali e dalle imprese pubbliche locali. Per l’elenco degli enti appartenenti al settore extra Pa si veda la Relazione annuale Cpt 2018 (p. 57). Per spesa consolidata si intende al netto dei trasferimenti tra i diversi enti appartenenti al Spa.

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11 commenti

  1. Afferma l’articolo: che esistono “carenze nella dimostrazione della relazione tra decentramento delle funzioni alle regioni e guadagno di efficienza”. Ma non sono note agli autori le differenze ad esempio nei livelli dei risultati scolastici delle prove OCSE PIA e INVALSI tra le diverse Regioni italiane? Questa è una prova eclatante della relazione (negativa!) tra accentramento (o mancato decentramento) e perdita di efficienza. Non si potrebbero quindi percorrere per la formazione scolastica e professionale strade diverse da quelle degli ultimi decenni se non dall’Unità d’Italia?

  2. Francesco

    Le Bozze attuali ipotizzano la sostituzione del criterio della spesa storica con quello della spesa media po capite nel caso di mancata approvazione dei costi standard. Se si utilizzano i dati Cpt queso criterio migliorerebbe la condizione di Lombardia, Emilia e Veneto. Nel caso di impiego dei calcoli Svimez lo stesso criterio avvantaggerebbe le Regioni del Sud. O no?

  3. Francesco Saponaro

    I testi ufficiali dei disegni di legge per Lombardia, Veneto d Emilia Romagna prevedono l’utilizzo della spesa storica e poi, in caso di mancata approvazione dei costi standard, l’applicazione del criterio (molto stupido in verità) della spesa media pro capite. Secondo i dati della spesa di fonte CPT con quest’ultimo criterio si avvantaggerebbero le tre Regioni proponenti. Se invece si utilizzassero le elaborazioni SVIMEZ (molto discutibili) si avvantaggerebbero Regioni come la Puglia e la Campania. È così? Chiedo lumi agli autori

  4. Giancarlo Corò

    Nel calcolo CPT-SPA il settore pubblico si “allarga” francamente un po’ troppo e, in ogni caso, considera logiche di offerta che non sono distributive, bensì produttive: un’impresa di utility che eroga un servizio energetico, idrico o ambientale serve una domanda pagante attraverso tariffe full cost recovery, le quali gravano direttamente sui bilanci di imprese e famiglie locali, non certo su fondi nazionali. L’unico servizio davvero sussidiato è quello dei trasporti, la cui distribuzione territoriale può essere considerata in dettaglio.

  5. Pinco Pallo

    Con i confronti sulla spesa senza guardare a cosa si ottiene dalla spesa torniamo indietro di trent’anni. E’ una retrospettiva, non una prospettiva. E forse è l’unica cosa che ci si aspetta da un paese come questo.

  6. Mahmoud

    Fino a che il fondo perequativo (garantito a livello costituzionale) continuerà ad elargire altrove denari prodotti e dichiarati in alcune specifiche regioni, queste (legittimamente) non arresteranno la loro battaglia affinché possano godere di maggior autonomia. Fondo perequativo che ha dimostrato non essere argine alle disuguaglianze, che tra regioni continuano comunque ad aumentare. Si richiede, in fin dei conti, di moderare lo spreco altrove di denari prodotti e dichiarati nelle regioni più produttive. Sarà in questo quadro utile vedere quanto il reddito di cittadinanza standard a livello nazionale aiuterà (o danneggerà) la produttività e la competitività del mercato del lavoro regolare nelle regioni più povere.

  7. Luciano Munari

    Articolo molto interessante. Come però mi sembrano segnalare alcuni commenti occorrerebbe indagare più a fondo: l’allocazione delle risorse non dice nulla se non se ne misura l’efficienza. Bisognerebbe capire se una diversa allocazione delle risorse ne aumenterebbe la produttività.

  8. Elia

    A quali anni si riferiscono le Figure 2,3 e 4?

  9. Gerardo Coppola

    Fate bene ad occuparvi di questi aspetti. Vi chiedo di continuare. E’ stato fondato un giornale Il quotidiano del Sud che in modo aggressivo dimostra il contrario: il Sud sfruttato dal Nord. in più per iniziativa della Presidente della Commissione Finanze Ruocco è stata creata una commissione per i fabbisogni standard, iniziativa portata avanti dalla sinistra meridionale e dai 5 Stelle. Continuate vi prego stiamo tornando al dopoguerra quanto al dibattito NORD SUD.

  10. stefano fracasso

    la spesa statale in diritti sociali, politiche sociali e famiglie, non ha un ruolo cruciale nelle richieste di autonomia. Piuttosto l’istruzione che incide, in termini di spesa, nella misura in cui si regionalizza il personale. Per il dato sul settore pubblico allargato condivido le riserve di Giancarlo Corò. Per stimare l’incidenza del trasferimento di risorse a seguito di regionalizzazione delle funzioni trovo convincente il contributo di Filippetti CNR-Issrfa, pubblicato anche dalla lavoce.info.

  11. simone

    articolo molto interessante e finalmente ottimo utilizzo della banca dati CPT. speriamo sia utilizzato come spunto di riflessione nel dibattito sulla autonomia differenziata.

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