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Diamo i numeri dell’autonomia italiana

I numeri dell’autonomia italiana, misurati dal Regional Authority Index, rivelano la distanza da paesi tradizionalmente federali o con regioni a vocazione autonomista. Le nostre regioni hanno però più potere rispetto a enti simili di stati centralizzati.

Così l’autonomia farà crescere le differenze

Il sistema delineato dalle intese con le tre regioni che chiedono l’autonomia  aumenterà il divario nella qualità e quantità dei servizi offerti a livello regionale. Si dovrebbero sciogliere i nodi dei fabbisogni standard e degli incrementi di gettito che restano nel territorio.

Il Punto

Scenderanno le tasse nel 2020? Aumenterà l’Iva? Ci sarà l’Irpef “flat” al 15 per cento? Gli italiani si fanno queste domande e non trovano risposte. Il governo risponde in un modo nella propria propaganda e scrive l’opposto nei documenti ufficiali. Cerca la quadratura del cerchio: ridurre le imposte mentre sale la spesa pubblica.
Con esiti opposti agli esami di maturità, i test Invalsi mostrano che l’apprendimento degli studenti del Sud è ben al di sotto della media nazionale. Molto dipende dalla qualità dell’insegnamento. Un’idea – irrealizzabile nell’attuale quadro legislativo e sindacale – sarebbe quella di affidare ai docenti più bravi il ruolo di formare gli altri colleghi, trainando le loro scuole. Proprio sull’istruzione litigano il governo e i tre presidenti delle regioni che vogliono l’autonomia. La componente M5s non vuole trasferire competenze su scuola e università per 11,4 miliardi di spesa. In ogni caso, Lombardo-Veneto ed Emilia-Romagna avranno più risorse a disposizione. Quest’anno abbiamo accompagnato il confronto sul tema con tanti articoli, raccolti in un Dossier. Un altro punto di cortocircuito dei due schieramenti che governano è quello delle infrastrutture, il cui ministro Toninelli è attaccato direttamente dal vicepremier Salvini. Perché, non risolve i problemi amministrativi e finanziari legati alle opere pubbliche e preferisce bloccarle. Come la Gronda di Genova. Altro che “decreto sblocca-cantieri”!
Sono donne quattro ogni dieci europarlamentari, una presenza femminile senza precedenti a Strasburgo. Con forti differenze tra stati. Dei 28 paesi membri, 13 sono al di sotto della media. L’Italia (per una volta!) è in linea, con capofila la rappresentanza del M5s.
Grandi volumi per grandi investimenti. È la regola del settore automotive che vuole (deve) fare ricerca e produzione di motori elettrici. La più recente prova è l’accordo Volkswagen-Ford. Serve a occupare un posto in prima fila nel nuovo mercato e a cercare di mitigare le sanzioni Ue per chi non riduce il CO2.

Convegno annuale de lavoce.info il 16 settembre a Milano. Save the date!
“Abolire davvero la povertà” è il titolo del convegno annuale de lavoce.info che si svolgerà nel pomeriggio di lunedì 16 settembre all’Università Bocconi di Milano con speaker di eccezione. Sarà un’occasione per vederci di persona, dopo tante interazioni digitali! Presto comunicheremo il programma. La prima parte dell’incontro è riservata ai nostri collaboratori e sostenitori più affezionati (quelli che ci hanno finanziato con almeno 100 euro nell’ultimo anno o cumulativamente negli ultimi tre anni). Chi vuole è ancora in tempo per fare una donazione.

Dove ci guadagnano le tre regioni in cerca di autonomia

Il negoziato sulla maggiore autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna rischia di bloccarsi sull’istruzione. Ma anche escludendola, il passaggio potrebbe risultare molto conveniente per le tre regioni se i fabbisogni standard non fossero adottati.

Il Punto

Sono scesi a 53 miliardi (erano 91 nel 2012) i debiti della pubblica amministrazione verso i fornitori. E, grazie a una direttiva Ue recepita dal governo Monti, si sono anche ridotti i tempi medi di pagamento. In tutto questo – come ricordato anche da Christine Lagarde – nulla c’entrano i minibot, l’arma di distrazione di massa della settimana.
A Osaka il prossimo G20 sotto la presidenza giapponese prova a rilanciare il multilateralismo picconato tutti i giorni da Donald Trump. Un’impresa da samurai. È giusto chiedersi se e quanto possa fare il forum dei 20 decisori che rappresentano oltre l’80 per cento del Pil e del commercio mondiale e due terzi della popolazione del mondo. In ogni caso, l’Italia è ultima del gruppo nel rispetto degli impegni condivisi.
All’età di 79 è mancato Martin Feldstein, a lungo professore ad Harvard, capo dei consulenti economici del presidente Reagan, pioniere nell’uso dei dati per analizzare questioni di politica economica. Rimarrà come rifondatore del National Bureau of Economic Research, un modello per gli istituti di ricerca di tutto il mondo.
Dei 40 miliardi all’anno che oggi lo stato spende per l’istruzione, 12 o 13 saranno trasferiti a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che vogliono il federalismo differenziato anzitutto nella scuola e università. A meno che non si ridiscuta la devoluzione di tale materia per alcuni buoni motivi economici, sociali e culturali.

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Istruzione non fa rima con devoluzione

L’istruzione è la voce più rilevante nel processo di federalismo differenziato. Toglierla dalla trattativa ridimensionerebbe il nodo delle risorse finanziarie e consentirebbe di discutere delle opportunità offerte dalla devoluzione di altre materie.

Il Punto

Nell’ultimo anno lo spread tra i tassi sui titoli pubblici italiani e tedeschi è salito più di 100 punti base. Per ora famiglie e imprese – malgrado le perdite di valore dei loro portafogli – non ne hanno sentito gli effetti sul costo del denaro perché le banche, quando prestano, usano la liquidità immessa dalla Bce. Ma la tassa occulta c’è e verrà fuori. Peccato perché proprio adesso il sistema bancario tira un po’ il fiato dopo gli anni neri dei crediti inesigibili, come ha spiegato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Per risolvere il problema servono operatori specializzati che si impegnino in una gestione attiva dei crediti, senza limitarsi al loro recupero. Due esperienze europee indicano come fare.
Concluso il secondo turno elettorale di una parte piccola ma significativa dei comuni italiani, vedremo se anche stavolta si è ripetuto il solito fenomeno: solo un quarto degli elettori utilizza l’opzione di voto con doppia preferenza differenziata per genere. Così le donne elette rimangono minoranza. Abbiamo invece dati freschi dell’Agcom (Autorità per le comunicazioni) sui tempi televisivi delle liste in corsa per il Parlamento Ue. Sorpresa: i due partiti di governo mostrano un indubbio vantaggio. E poi la legge sulla par condicio sta diventando un colabrodo nell’era dei social network.
I governatori che reclamano per le loro regioni il federalismo differenziato partono dal presupposto che oggi Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siano penalizzate in termini pro capite nell’allocazione della spesa pubblica. Un’analisi accurata dell’universo dei dati regionali mostra che ciò non è poi così vero.

Pietro Ichino risponde ai commenti al suo articolo “La Cassazione e il Jobs act”.

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Facciamo i conti giusti sul federalismo differenziato

Davvero le regioni del Nord sono penalizzate rispetto a quelle del Sud nella ripartizione della spesa pubblica? Dipende dai dati che si usano e dalla definizione di settore pubblico. E non può essere la ragione per le richieste di maggiore autonomia.

Il Punto

“Un’Europa più vicina ai cittadini”: facile a dirsi, difficile a farsi. Un modo concreto potrebbe essere quello concentrare ed etichettare i fondi Ue che finanziano programmi sociali anziché disperderli. Costruendo un’Unione sociale che armonizzi i welfare nazionali per dare protezione a tutti gli europei. Concludiamo così il confronto – raccolto in un comodo Dossier – su cosa fa e cosa potrebbe fare la Ue in vista del voto di domenica per il Parlamento di Strasburgo. Anche di questi temi si parlerà al Festival dell’Economia di Trento tra giovedì 30 maggio e domenica 2 giugno. Nei quattro giorni tutti a discutere anche con molti autori de lavoce.info.
Assenti ingiustificati alle riunioni internazionali o messi a margine, i tre leader e il ministro degli Esteri del governo “del cambiamento”, dopo un anno non hanno messo a segno un solo obiettivo di politica estera. Meglio è andato tra mille difficoltà e insuccessi l’outsider Giovanni Tria. Proprio il governo che ha il capo della Lega come azionista che fa la voce grossa non ha portato a casa neanche il federalismo differenziato per Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Dopo tanti rinvii è tornato fuori. Ma non si capisce come sarà finanziato e che ruolo avrà il Parlamento nel trasferimento delle competenze.
Sarà lo spirito dei tempi, ma c’è aria di fronda nella magistratura verso il Jobs act. La Cassazione interpreta le norme sul licenziamento come se ci fosse ancora il lavoratore inamovibile dal suo “posto fisso”, anche nel caso di illeciti. Legittimo dubitare che questa fosse la volontà del legislatore.
Le domande per il reddito di cittadinanza sono molto meno di quanto atteso. Soprattutto perché i requisiti richiesti agli stranieri li tengono lontani da questo sussidio. Alla faccia di quanto scrive la Costituzione che vieterebbe le discriminazioni.
La banda larga favorisce sensibilmente la crescita di fatturato e produttività (non dell’occupazione) delle imprese. Lo dice uno studio pilota sull’installazione di internet veloce nelle zone rurali del Trentino.

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A che punto siamo col federalismo differenziato

Solo in inverno il governo Conte ha riaperto il dossier della più larga autonomia per Emilia, Lombardia e Veneto. Restano ancora aperti tutti i problemi legati al finanziamento delle funzioni trasferite. E sono da definire almeno due aspetti politici.

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