Solo in inverno il governo Conte ha riaperto il dossier della più larga autonomia per Emilia, Lombardia e Veneto. Restano ancora aperti tutti i problemi legati al finanziamento delle funzioni trasferite. E sono da definire almeno due aspetti politici.

La situazione di partenza

Al momento del giuramento del governo Conte, lo stato dell’arte del federalismo differenziato era fermo al 28 febbraio 2018.

In quella data era stata siglata una storica pre-intesa (più precisamente, tre pre-intese) tra governo e le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto che prevedeva il trasferimento di alcune competenze. Seppur con alcune differenze tra le tre regioni, le funzioni coinvolte erano: tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, tutela della salute, istruzione, tutela del lavoro, rapporti internazionali e con l’Unione europea. Per la sola Lombardia, comprendevano anche il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e il governo del territorio.

Poco invece si diceva del finanziamento delle funzioni. A determinare le risorse da assegnare o trasferire alla regione avrebbe dovuto essere una commissione paritetica stato-regione, rispettando una serie di principi: l’utilizzo di compartecipazioni o riserve di aliquota al gettito di uno o più tributi erariali, riferiti al territorio regionale; il finanziamento integrale delle funzioni attribuite; l’utilizzo, in una prima fase del costo storico per valutare la spesa sostenuta dallo stato in riferimento alle funzioni assegnate; sostituzione entro un massimo di cinque anni del costo storico con i fabbisogni standard, da definire entro un anno dall’approvazione dell’accordo. La durata prevista delle intese era di dieci anni.

Il contratto di governo tra Movimento 5 stelle e Lega (punto 20, pag. 36), recita nello specifico (e in estrema sintesi): “[…] portando anche a rapida conclusione le trattative tra governo e regioni attualmente aperte […]”. Cosa è stato fatto finora?

Cosa è stato fatto nel primo anno di governo

Nei primi mesi del governo Conte la questione non è stata affrontata; le istanze regionali avrebbero dovuto essere discusse in autunno, ma sono state più volte rimandate. Il tema è tornato all’ordine del giorno a partire dall’inverno. Tuttavia, la trattativa con le regioni è stata fatta sulla base di documenti riservati e il dibattito pubblico si è spesso svolto, salvo qualche eccezione, più in termini ideologici che di contenuto.

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Il 14 febbraio 2019 il governo ha recepito le osservazioni dei ministeri alle nuove richieste delle tre regioni e ha aggiornato le intese. Con le nuove richieste, all’Emilia-Romagna sarebbero trasferite 16 funzioni, alla Lombardia 20 e al Veneto tutte le 23 funzioni possibili.

Nel frattempo, quasi tutte le altre 12 Regioni a statuto ordinario hanno intrapreso iniziative più o meno formali per attivare il comma 3 dell’articolo 116 della Costituzione.

Per quanto concerne il finanziamento, oltre a confermare quanto scritto nelle pre-intese, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto avrebbero ottenuto che trascorsi tre anni (e non più cinque), se non sono ancora stati individuati i fabbisogni standard, l’ammontare delle risorse da assegnare alle regioni non potrà essere inferiore al valore medio nazionale pro capite. Ciò comporterebbe un aumento dei finanziamenti alle tre regioni, in quanto sono inferiori alla media per tutte le risorse attuali. L’aggiunta di una clausola di invarianza finanziaria, secondo la quale dall’applicazione delle intese non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fa presupporre che gli (eventuali) aumenti saranno ottenuti a scapito delle altre regioni. Inoltre, eventuali variazioni di gettito da compartecipazioni o riserve di aliquote, rispetto a quanto riconosciuto alla regione sulla base del costo storico o dei i fabbisogni standard, restano a disposizione delle regioni. La congruità delle compartecipazioni e delle riserve di aliquota è comunque sottoposta a una verifica biennale da parte di un’apposita commissione.

Cade infine il termine di dieci anni: le intese si intenderebbero quindi prive di scadenza predeterminata.

Al momento della pubblicazione, non risultano passi avanti, nonostante il ministro competente, Erika Stefani, abbia di recente dichiarato che la materia sarà di nuovo all’esame di uno dei prossimi Consigli dei ministri.

Al di là delle questioni economiche, certamente importanti, restano ancora da definire almeno due aspetti politici. Da un lato, il ruolo e il coinvolgimento del Parlamento nel procedimento di approvazione del trasferimento di competenze. Dall’altro, l’approvazione di una legge di attuazione del comma 3 dell’articolo 116, in modo da standardizzare, per quanto possibile, il procedimento di richiesta di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia da parte delle altre regioni. Maggiori dettagli sono disponibili qui.

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