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Adesso c’è chi vuole riportare la sanità al centro

È una buona idea ricentralizzare la sanità italiana, come chiedono alcuni politici? In realtà è legittimo i sospetto che l’istanza nasconda una scopo solo di potere. Perché il fatto che la gestione dell’emergenza abbia mostrato numerose falle è un problema organizzativo più che istituzionale.

Sta nuovamente salendo di tono il conflitto tra lo stato e le regioni, in particolare la regione Lombardia. La lettura più diffusa è quella di un problema istituzionale, una allocazione delle competenze nella Costituzione inadeguata e confusa. Aggravata dalla oggettiva difficoltà a fornire risposte adeguate a un virus del quale sappiamo ancora troppo poco e quel poco lo stiamo imparando a caro prezzo dagli errori. Persino lOrganizzazione mondiale della sanità, che dovrebbe fornire una guida scientifica sicura, è arrivata in ritardo a riconoscere la pandemia e ancora manda messaggi contraddittori, per esempio su vantaggi e svantaggi nelluso delle mascherine e dei tamponi.

Problema istituzionale e conflitto politico

Ma il problema istituzionale sembra in realtà la foglia di fico di un conflitto politico: tra le regioni del Nord del paese, in particolare la Lombardia, martoriate dal virus sul fronte sanitario ed economico e controllate dallopposizione, e il governo nazionale, guidato da forze politiche minoritarie al Nord. Lo si vede dal pericoloso scaricabarile sul caso di Alzano Lombardo che sta emergendo in questi giorni e del quale finirà per occuparsi la magistratura.

Per dare soluzione al problema istituzionale si levano alte le voci per ri-centralizzare la sanità e riportarla tutta nelle mani dello stato, rivedendo le allocazioni di competenze ai diversi livelli di governo definite nel titolo V della Costituzione. Alla ri-centralizzazione si accompagnano le richieste di nuove risorse per la sanità, guidate dalle critiche per leccesso di rigore finanziario in passato, con regioni e stato che si accusano a vicenda.

Sul primo punto, non è ovvio esattamente cosa si voglia ottenere con laccentramento. Se il tema è che la crisi abbia messo in evidenza difficoltà nella gestione della catena di comando, non c’è dubbio; ma il problema è più operativo che legislativo. Esiste infatti un piano nazionale per affrontare le epidemie che specifica con chiarezza responsabilità e catene di comando. Da quando viene dichiarata lemergenza nazionale (il 31 gennaio nel nostro caso), le funzioni di coordinamento spettano senza ambiguità al Presidente del consiglio dei ministri e lorgano chiave di comando diventa il comitato operativo della Protezione civile, al quale partecipano, oltre al governo, sia le strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile che le amministrazioni regionali. Se problemi di coordinamento ci sono stati, questi dunque non dipendono da carenze legislative, ma da conflitti politici e problemi operativi.

Competenze di stato e regioni

Se invece il tema è che le regioni si sono mostrate troppo autonome e la sanità deve diventare una funzione condivisa tra livelli di governo, è bene ricordare che è già così. Gli spazi di azione per le regioni sono definiti allinterno della cornice definita dalla legge statale: è lo stato che definisce i Lea, livelli essenziali di assistenza, e ne garantisce integralmente il finanziamento; è lo stato che definisce lo standard dei posti letto sulla popolazione e qual è il modello da adottare per pagare gli ospedali. Spetta alle regioni organizzarsi per fornire i servizi ai cittadini e stabilire come rispettare gli standard e i modelli fissati dallo stato. Va anche aggiunto che per la sanità, a differenza di altre funzioni, la riforma costituzionale del Titolo V del 2001 centra poco. Il decentramento sanitario, nel senso di una maggiore autonomia allente regionale nellorganizzazione dei servizi, è avvenuto a cominciare dai primi anni Novanta e con legge ordinaria, in reazione appunto ai guasti creati da un centralismo eccessivo. La riforma del Titolo V si è limitata a fotografare lesistente. E vista leterogeneità dei territori è difficile immaginare che una funzione come la sanità possa in tutti i casi essere decisa dal centro in modo uniforme: una qualche forma di cogestione tra governo nazionale e locale su questa funzione è necessaria.

Impreparati allemergenza sanitaria

Sul tema del finanziamento e dei tagli si è già scritto. Una razionalizzazione dei posti letto era necessaria ed è stata perseguita anche da altri paesi. È chiaro invece che ci sono stati errori di programmazione. I piani predisposti per affrontare le pandemie sono rimasti sulla carta e il paese è risultato impreparato ad affrontare il coronavirus. È necessario per il futuro attrezzarsi in modo che posti letto in più e dispositivi di protezione individuale che potrebbero servire nelle emergenze pandemiche siano resi più rapidamente disponibili. È anche argomentabile che si sia speso troppo poco sulla sanità negli ultimi anni. Ma questa è una scelta politica: siccome esiste un vincolo di bilancio, se si decide di spendere di più sulla sanità, bisogna risparmiare su altri fronti o aumentare le pressione fiscale.

Ci sono poi degli equivoci. Uno dei vantaggi del decentramento è la differenziazione, la possibilità di dare risposte diverse a problemi simili tenendo conto delle caratteristiche e delle preferenze differenziate dei territori. Questo non garantisce però che queste scelte si rivelino corrette in tutte le circostanze. Per esempio, è ormai chiaro che in Lombardia la decisione di puntare sulla presa in carico dei pazienti cronici da parte degli ospedali e delle strutture socio-sanitarie, invece che coinvolgere di più il territorio e i medici di medicina generale, si sia rivelato uno svantaggio quando il problema è stato quello di affrontare un’epidemia.

Un altro vantaggio del decentramento è la sperimentazione, cioè il fatto che nei diversi territori si propongano soluzioni diverse e che alcune di queste, rivelatesi migliori, siano poi adottate a livello nazionale. Non c’è dubbio che questo sia avvenuto nel caso attuale. Non staremmo a confrontare il caso veneto con quello lombardo se tutte le scelte per affrontare operativamente la crisi fossero state decise in modo perfettamente uniforme sul territorio nazionale da uno stato centralizzato. Sono proprio gli spazi di autonomia consentiti alle regioni dalla attuale configurazione istituzionale ad aver consentito la sperimentazione veneta.

Infine, il decentramento aumenta la responsabilizzazione dei politici ma non necessariamente conduce i cittadini a scegliere buoni amministratori delle principali funzioni regionali, su tutte la sanità. Purtroppo, la tendenza recente è andata più nella direzione di privilegiare l’appartenenza o la visibilità mediatica rispetto alla competenza. Speriamo che i cittadini facciano tesoro di questa esperienza anche nelle future decisioni elettorali.

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17 commenti

  1. Marco Ciaramella

    Salve,
    ottimo articolo. In realtà credo che ci siano anche dei conflitti e qualche crepa proprio nel modello di gestione attuale, ovvero nella suddivisione della responsabilità tra l’attore pubblico e privato. In particolare, forse andrebbe ridiscusso l’attuale modello misto, che 1. tende a privatizzare le ospedalizzazioni, ma che allo tempo 2. non ha evidentemente una capacità pubblica sufficiente di monitorare la fase della prevenzione (e quest’ultimo mi sembra il problema più grave). I temi dell’organizzazione della sanità sono chiaramente vari, sia lato fruitori (visto che non tutte la fasi della filiera ha lo stesso intrinseco bilanciamento finanziario e questo crea tensioni tra gli attori), sia sulle questioni occupazionali.

  2. Alfredo Morabito

    Interessante. Ma io ho lavorato per anni fuori (Lazio) della Regione di residenza (Piemonte) e, in alcuni casi, non ho potuto fruire delle prestazioni in quanto non residente. Stiamo ancora parlando di Servizio Sanitario Nazionale. Per fortuna che avevo anche un’assicurazione privata, ma per questo ero e sono un privilegiato

    • Ceccobeppe

      Quali casi? Se fosse stato in vacanza al Circeo e avesse avuto bisogno di un esame qualsiasi o di un ricovero ospedaliero non l’avrebbero certo fatta morire in spiaggia. E di sicuro non le avrebbero chiesto l’assicurazione privata. Basta il tesserino SSN, la nostra assicurazione pubblica.

  3. Michele Lalla

    La frase verso la fine: “la tendenza recente è andata più nella direzione di privilegiare l’appartenenza o la visibilità mediatica rispetto alla competenza”, sagace e forse del tutto vera, non giustifica in toto le precedenti e il testo non si capisce da che parte butti. Il film visto in questi mesi è: “I demeriti sono sempre degli altri” e il governo ha sbagliato tutto in Lombardia; non lo vogliono ammettere nemmeno nel caso del “Pio Albergo Trivulzio”, che torna come uno spettro sulla scena … Non so quali altro film circolino, ma c’è una gara a dire che il governo ha sbagliato tutto e sono quelli “del senno di poi” o, come dite “dell’appartenenza” e io vi dico “della propaganda”. In questi àmbiti diventa ineluttabile la domanda che si intende scongiurare … Se anche gli uomini di scienza (economica), scendono sullo stesso palco … Che cosa fare oggi, nessuno lo sa. Gli scienziati (veri) cercano di scongiurare l’epidemia e sembra che ci sia una linea comune, approssimativamente. Gli scienziati economici, politici, giuridici hanno altri orizzonti di necessità. Difficile sviscerare tutto qui, ma il conflitto è inevitabile quando le competenze (di funzioni) vengono a sovrapporsi, ma è anche fisiologico e il rimpallo pure. I veri politici e la vera classe dirigente sanno discuterne nelle sedi adatte, giacché nessuno ha la verità rivelata, e fuori compatti. Il populismo e altri aspetti negativi, da denunciare, avvelenano il presente e il futuro e gli “scienziati” …

  4. Bruno

    Sono assolutamente d’accordo con l’articolo. Tra l’altro l’attuale vicenda sembra un caso di scuola dei vantaggi del federalismo. Senza la “disobbedienza” della regione Veneto che non ha seguito le indicazioni dell’OMS oggi non avremmo indicazioni sui vantaggi di una strada alternativa a quella della ospedalizzazione che più o meno hanno adottato tutte le altre. E comunque chi pensa che esistano soluzioni istituzionali a problemi si questo tipo ohimè si illude.

    • bob

      modello “veneto” quale sarebbe?
      ” E comunque chi pensa che esistano soluzioni istituzionali a problemi si questo tipo ohimè si illude.” Allora quali soluzioni? La rivoluzione?
      Pazzesco!

  5. Giovanni De Lorenzi

    Condivido l’analisi fatta dagli autori. Non è possibile determinare la dimensione ottimale (e quindi decentrare o centralizzare una funzione o un servizio) in un momento di estrema emergenza. Tanto più quando si parla di una sanità d’eccellenza. Conta invece chi amministra, chi deve decidere, chi opera e chi ha il compito/dovere di controllare l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici.

  6. Henri Schmit

    C1: L’analisi è equilibrata e largamente condivisibile, ma conclude male. Alla fine sembra che le istituzioni siano ottime e che il difetto sia nelle persone: tutto colpa degli elettori incapaci di scegliere “buoni amministratori”. No. I fatti sono davanti agli occhi di tutti: in Lombardia la gestione della sanità si è rivelata gravemente inadeguata per far fronte all’epidemia. medici e infermieri morti, diffusione nella Bergamasca e nel Bresciano, e letalità nelle RSA sono indicatori inconfondibili. Sarebbe sbagliato incolpare la decentralizzazione sanitaria fatta 30 anni fa. Poi c’è però stata anche la legge Tatarella, la forma di governo regionale e riforma del titolo V come ciliegina sulla torta. Ora ci troviamo con il governo centrale più debole da 30 anni e con governi regionali molto forti ma scarsamente democratici. In negativo la revisione Renzi intendeva allineare il governo nazionale a quello regionale. In positivo intendeva correggere un punto centrale del titolo V. Il sistema contrasta con quello tedesco sempre a modello (e ad alibi). I Länder sono autentiche democrazie frazionali (governo, parlamento, elezioni, trasparenza, dibattito, responsabilità), mentre le Regioni sono strutture ducali opache utilizzate facilmente per la propaganda politica, l’occupazione delle poltrone e l’arricchimento collaterale. E se fosse quest’asimmetria a sfavore dello Stato centrale a spiegare il fallimento del modello sanitario regionalizzato nella lotta all’epidemia?

  7. Henri Schmit

    C2: C’è pure un problema di incertezza: non si sa chi decide il numero e chi deve comprare i letti di rianimazione, i ventilatori, i dispositivi di protezione, i prodotti per i test sierologici, chi ha il potere di creare zone rosse. Le competenze poco chiare non dipendono solo dalle leggi scritte, troppe e incomprensibili, ma anche dall’interpretazione che, prima dei tribunali, spetta agli attori, governo centrale debole e presidenti regionali forti. Quello che interessa è il potere di decidere a chi vanno quanti soldi e chi fa le numerosissime nomine nella sanità pubblica. Alcuni attori politici hanno dato la colpa del fallimento della sanità (italiana o lombarda?) durante la crisi epidemica all’UE che non ha permesso di spendere di più. Si rifletta sulle conseguenze politiche di tale narrativa! E ora siamo a discutere di indispensabili nuovi debiti pubblici per portare la sanità verso un livello più performante, tipo tedesco. Il dato di fatto che un letto di rianimazione in Italia costa più del doppio della Germania è invece accuratamente occultato. I governi nazionale e regionali, in disaccordo su quasi tutto (fin quando i capi regionali conquistano anche il potere centrale) vorrebbero deciderne l’utilizzo senza condizioni né controllo, ma chiedono la solidarietà degli (elettori e contribuenti degli) altri stati. Non salta all’occhio l’incoerenza di questo discorso? La decentralizzazione è un punto di forza solo a condizione che ci sia trasparenza e responsabilità.

    • bob

      in Germania io sento parlare solo un attore: La Merkel ! Basterebbe avere un pò di memoria storica per comprendere dove siamo partiti e dove siamo arrivati al disastro. Siamo partiti da un perditempo che passava le giornate al Bar dello sport, al dialetto per le scuole, all’ ambasciate regionali all’estero, alle leggi concorrenti Stato-Regione ( cosa c..zo vuol dire?) , a Parlamenti e Ministeri carnevaleschi, a giocare, come si è fatto in questa emergenza, a fare ” il Governatore” ( come quando da ragazzini si giocava a fare il dottore o l’aviatore) a sprechi e perdite di tempo durate 30 anni: Oggi che qualcuno “ci bussa” sulla spalla per dirci ” che c..zo avete fatto fino ad adesso” la colpa è dei cattivi Tedeschi o Olandesi , che avranno pure le loro colpe. Ma tutti voi di fidereste di una babele di 21 ridicole , penose patetiche entità chiamate Regioni?

      • Franz

        Cioè i tedeschi non si fidano di noi perchè abbiamo le regioni che intermediano un po’ più di 100 mld su più di 800 di spesa pubblica e che sulle ultime stupidate (esempio: quota 100) non c’entrano nulla, anzi, dallo Stato hanno avuto meno trasferimenti? Se è per questo loro, i tedeschi, hanno i Lander. Forse il problema sta altrove: che ne diciamo delle sparate contro l’Europa che ci vuole male e non vuole fare coronabond? Che ne diciamo della gente che ancora oggi pensa che la soluzione ai mali italioti, virus incluso, sia la sovranità monetaria? Chi sta giocando a fare quello che non sa fare? Cosa pensano le cancellerie quando parla il nostro ministro degli esteri? Perchè il Presidente del Consiglio non è andato a Bergamo e a Brescia a vedere cosa stava accadendo? Si ricorda il Principe di Salina? Dobbiamo cambiare tutto per non cambiare niente. Avanti così, fin quando dura.

        • bob

          Se mi vuoi mettere in bocca cose da me non dette fai pure. Ho portato l” esempio delle babele regionali come esempio di pessima figura. In un momento di emergenza i “Governatori” hanno seguitato a fare propaganda elettorale becera e patetica. Hai Tu sentito mai parlare un presindente dei Lander? Io no . La Merkel si. La ricostruzione dell’ Ospedale di Amatrice è stata completamente sovvenzionata dalla Germania con 6 milioni di euro, finanziamenti ad un certo punto bloccati dal governo Tedesco per una patetica diatriba elettorale tra Regione, Comune ,Provincia, tante’ che ad un certo punto il governo Tedesco ha inviato i propri ispettori. Informati e verifica . Tranquillo tanto non sarà la politica a spazzare via le Regioni sarà la Storia

          • Franz

            Tanto livore nei confronti dell’istituzione regionale rimane incomprensibile. Anche il Presidente del Consiglio è stato accusato di fare comizi, invece che parlare di virus. Per me regioni o meno, vedo dense nubi addensarsi sul paese. Ci pensino le prefetture a decidere quali ospedali tenere aperti; o ci si inventi qualcosa come i provveditorati per la scuola anche per la sanità. Lasciamo i comuni, come era in passato, un passato dal quale abbiamo voluto scappare perchè colmo di ruberie. Ma forse lei ha in mente una qualche altra strategia amministrativa, un satrapo onnipotente come i governatori delle province dell’Asia centrale messi lì direttamente dal capo supremo. Perchè è cosi che rischiamo di finire.

  8. toninoc

    Il grande potere politico della “Sanità pubblica” mette in costante conflitto i livelli di controllo Regionali e Nazionale e questo determina un continuo “scaricabarile” quando si verificano disservizi , ed un’auto-attribuzione di meriti quando ci sono evidenze di buon funzionamento. Le vecchie piccole USL potevano spendere a loro piacimento e le regioni ripianavano i debiti a fine anno ingrossando il debito pubblico. Si compravano apparecchiature costosissime senza avere gli spazi adeguati al loro utilizzo, il cibo per l’ospedale si comprava dagli amici degli amici, le assunzioni venivano fatte dal potente politico locale… e così non si muoveva foglia senza il suo consenso. Oggi molti sprechi e Consigli di amministrazione lautamente pagati sono stati eliminati con accorpamenti ma resta ai politici il potere di nomine importanti e questi non sempre scelgono le migliori competenze privilegiando le migliori (dal loro punto di vista)appartenenze politiche. Anche i cittadini dovrebbero scegliere le migliori competenze quando vanno a votare, ma ancora in tanti danno il voto in base alla vicinanza piuttosto che alla competenza. Il risultato lo vediamo tutte le volte che chiamiamo il CUP per prenotare un appuntamento o quando dobbiamo andare a migliaia di chilometri per un intervento chirurgico.

  9. EMILIO

    NON CONCORDO SULLA ANALISI E NEMMENO SUI RISULTATI LA SANITA’ REGIONALE E’ SERVITA E SERVE SOLO PER DARE POTERE (IN TUTTI I TERMINI, SPESA, SOLDI. FAVORI ECC.) ALLA POLITICA LOCALE INVECE CHE A QUELLA CENTRALE CON UN INCREMENTO DELLE DEVIAZIONI (IN TUTTE LE REGIONI NON SOLO IN LOMBARDIA).
    IL VERO CAMBIAMENTO NECESSARIO E’ QUELLO DI LIBERARE LA SANITA’ DALLA POLITICA CIOE’ RENDERLA UNA MATERIA TECNICA COME DEVE ESSERE COSI FINIREBBERO LA FILA DI PRIMARI ALLE CONVENTION DI PARTITO E I MEDICI SI DEDICHEREBBERO DI PIU’ AL LAVORO FATTO BENE CHE ALLA POLITICA O CARRIERA. IL RESTO SONO CHIACCHIERE…..

  10. giorgio ponzetto

    il problema non riguarda solo la sanità,ma tutte le materie in cui intervengono le Regioni.autonomia non può voler dire assenza di limiti,vincoli,controlli come vorrebbero certi Presidenti di Regione ,perché cosi si creano solo confusione istituzionale,,sovrapposizioni e contraddizioni nell’azione pubblica,,contenziosi fra poteri,disorientamento fra cittadini .Fra il modello centralistico stile anni 50 e l’attuale caotico sistema di organizzazione dei diversi livelli di Governo esiste un modello intermedio che mi sembra caldeggiato anche dagli autori dell’articolo.Non credo però che per un nuovo diverso equilibrio fra potere centrale epoteri locali, basti il richiamo ad una maggiore collaborazione istituzionale e il rafforzamento delle sedi di coordinamento,perché le posizioni politiche,gli interessi rappresentati,le ambizioni spingono verso la contrapposizione.Occorre un quadro normativo nuovo,che ridefinisca in modo razionalee chiaro le competenze regionali e i principi a cui queste devono attenersi nello svolgimento della loro attivita,ritornando allo spirito originario del titolo 5della Costituzione, individuare sedi e modalità obbligatorie attraverso cui si concretizzi la collaboraazione istituzionale fra i diversi livelli di governo,,ridar a Parlamento e governo autorevolezza e poteri di intervento laddove l’azione delle Regioni o dei Comuni sia gravemente carente o travalichi le competenze o pregiudichi l’interesse nazionale.

    • bob

      equilibrato il suo intervento e nessuno vuole tornare indietro ma un Paese ha futuro in proporzione della sua capacità di analizzare il suo passato ( memoria storica). Il sistema centralistico anni ’50 è quello che ci ha consentito di diventare il 7° Paese più importante del mondo e che ci ha risollevato dalle macerie di una guerra, pur con tutte i suoi difetti e le sue contraddizioni. Per carità nessuno vuole tornare indietro poichè le dinamiche e gli scenari oggi sono diversi. Il marcio della situazione attuale è alla radice, alla riforma degli anni ’70 già di per se discutibile, si sono inseriti personaggi ( meglio dire perditempo) che hanno causato il disastro. La cosa vergognosa che dal quel momento ad oggi abbiamo messo al posto dei professori i bidelli , favoriti da un sistema politico – elettorale ad hoc che consentiva spesso con i voti dei soli parenti di salire sulla ” cattedra della Politica”. Gli innumerevoli livelli( inutili) di poteri dallo Stato centrale alla periferia, lo spezzettamento assurdo in una miriade di “signorie localistiche” è il risultato del disastro. Sono 30 anni che chiedo cosa c..zo vuol dire ” legge concorrente Stato – Regioni” nessuno ha mai saputo spiegarmela.

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