I dati preliminari di giugno mostrano che quello appena concluso è per la crescita il peggior trimestre da quando esiste questo genere di rilevazioni. Ma attestano anche che i germogli di ripresa sono presenti dappertutto. Un po’ meno in Italia.
È finito il secondo trimestre, il peggiore di sempre in Occidente
È ancora presto per avere numeri sul Pil perché le prime stime arriveranno intorno al 20 luglio. Ma non si sbaglia se si afferma che, con la fine di giugno, si è chiuso il peggior trimestre di sempre per la crescita delle economie occidentali (da quando esistono dati trimestrali calcolati con una metodologia coerente tra paesi).
Nell’attesa dei dati ufficiali che confermino queste conclusioni si può guardare ai dati prodotti dalla società Ihs Markit che nei primi giorni di luglio – come in tutti i mesi precedenti – ha pubblicato i risultati delle interviste ai manager responsabili degli acquisti sull’andamento dell’economia sul mese di giugno. I dati sui cosiddetti indici Pmi (Purchasing Manager Index) – centrati intorno al valore di 50 e calcolati per il manifatturiero e i servizi – sono fortemente correlati con la variazione del Pil trimestrale e quindi rappresentano una fotografia affidabile di quello che è appena successo. Una specie di scoop pubblicato in forte anticipo rispetto ai dati ufficiali.
Per mettere il secondo trimestre nella giusta prospettiva conviene partire dai dati ufficiali che conosciamo già, quelli del primo trimestre, riportati nella Tabella 1, dai quali emergeva l’inizio della forte recessione da Covid-19 e che è sotto gli occhi di tutti.
Con i risultati delle interviste di giugno di Markit si può calcolare la media dell’indice Pmi per il secondo trimestre. È utile farlo separatamente per manifatturiero e servizi. Come detto, un indice inferiore a 50 corrisponde a un trimestre di crescita negativa. E se l’indice del secondo trimestre vale meno di quello del primo trimestre, ciò segnala che il calo trimestrale del Pil del secondo trimestre è stato peggiore di quello sperimentato nel primo.
Le statistiche riportate nella Tabella 2 per gli Stati Uniti e i grandi paesi dell’eurozona evidenziano che il secondo trimestre è stato peggiore del primo trimestre dell’anno: per l’intera economia, per il manifatturiero e per i servizi, in tutti i paesi occidentali. Dall’altro capo del mondo c’è poi la Cina, dove l’emergenza sanitaria si è manifestata per prima ma si è anche risolta più velocemente, con un secondo trimestre migliore del primo e un’economia che ritorna a crescere tra aprile e giugno, sia nel manifatturiero che nei servizi. Va però segnalato che i dati già disponibili (quelli veri, non le interviste ai manager) indicano un certo ritardo delle vendite al dettaglio – quindi dei consumi – rispetto al più robusto dinamismo della produzione industriale cinese.
Ma durante la primavera le cose sono molto migliorate
Il Covid-19 ha causato oscillazioni violente nei dati economici di mese in mese, a cavallo dei trimestri. Vale dunque la pena di guardare da vicino i dati mensili per capire meglio quel che succede.
Negli Usa l’indice Pmi per l’intera economia (figura 1) mostra un dato vicino a 47 nel mese di giugno: in netto aumento rispetto al 37 di maggio e ancora di più rispetto al valore di 27 registrato ad aprile, ma ancora insufficiente a riportare il segno più nell’economia americana. Dato che il Pil Usa nei primi tre mesi era sceso dell’1,8 per cento, è presumibile attendersi un dato nettamente peggiore per il secondo trimestre, durante il quale sappiamo che la disoccupazione è esplosa dal 3,5 per cento prevalente fino a febbraio fino al 15 per cento di aprile, per poi scendere fino all’11 per cento nel mese di giugno. Ma non c’è dubbio che durante i mesi primaverili il quadro economico ha cominciato a migliorare. Maggio è stato meglio di aprile (con valori di poco inferiori a quelli di marzo) e giugno meglio di maggio.
Figura 1 – L’indice Pmi composto per gli Stati Uniti.
Un andamento simile a quello americano è tratteggiato anche dal Pmi composto dell’eurozona. La figura 2 mostra il recupero di maggio e giugno rispetto al minimo di aprile ma anche che tale recupero è però solo parziale: essendo il Pmi inferiore al valore soglia di 50, il recupero in corso è probabilmente insufficiente a riportare la crescita nell’eurozona già nel mese di giugno. In termini trimestrali, il Pmi composto medio nei primi tre mesi dell’anno è stato pari a 44 per poi crollare a 31. È quindi legittimo aspettarsi una crescita del Pil ben più negativa del -3,8 per cento osservato nel primo trimestre. Ma anche per l’eurozona maggio è stato meglio di aprile (con valori dell’indice simili a quelli di marzo), e giugno meglio di maggio.
Figura 2 – L’indice Pmi composto per l’Eurozona.
Le stesse considerazioni qualitative valgono per ognuno dei grandi paesi dell’area euro (di cui non riporto i grafici per brevità), sia pure con qualche specificità che vale la pena di sottolineare. I dati indicano che la Germania – nel mezzo di una recessione meno grave degli altri nel primo trimestre – fatica a ripartire mentre Francia e Spagna – che hanno subito una recessione più grave di quella tedesca – sembrano sul trampolino di lancio di una ripartenza più veloce. I dati sull’Italia, invece, mettono insieme sia l’evidenza di una grave recessione nel primo trimestre sia una ripartenza più simile a quella tedesca e dunque più timida di quella francese e spagnola.
La luce in fondo al tunnel
Nel loro complesso, i dati di giugno sull’andamento dell’economia dei principali paesi del mondo sono incoraggianti. La Cina è già ritornata alla crescita, e questo vale sia per il manifatturiero che per i servizi. Gli Usa e l’eurozona – pur in ritardo rispetto a Pechino – fanno registrare chiari progressi rispetto ai dati di maggio e ancora di più rispetto ai minimi di aprile. In Europa, il ritorno alla crescita è differenziato tra i quattro grandi paesi dell’eurozona: il ritardo nella ripresa è visibile in Italia e Germania, mentre i dati di Francia e Spagna indicano tendenze più positive e una ripresa economica già in atto. Speriamo che l’estate porti a un consolidamento della ripresa ovunque e soprattutto nel nostro paese che ne ha più bisogno degli altri. Sarebbe opportuno che, a fianco delle speranze da tutti condivise, le decisioni dei governi aiutino a rinvigorire la ripartenza che – come ricordava Martin Wolf sul Financial Times con riferimento all’economia britannica – non avverrà naturalmente ma “deve essere decisa”. Dalla politica, prima di tutto.
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Paolo Gelain
Prof, come la mettiamo con la ripartenza anche dei casi giornalieri di Covid-19, soprattutto in US?
francesco daveri
Parlo di temi che conosco meglio, cioè di economia, non di emergenza sanitaria. I dati dicono che le economie mostrano segni di ripresa. Ma, come scrive il Fondo monetario, se l’emergenza sanitaria continuasse o ci fosse una seconda ondata, anche la ripresa economica ne risentirebbe
oskar blauman
speriamo che la crescita non ricresca come cresceva prima
speriamo di poterci disfare della crescita che non vogliamo
speriamo di non gettare un’opportunita’ rara come quella del Covid
zipperle
I dati ad alta frequenza su consumi e occupazione segnalano la elevata probabilità di uno stallo dell’economia USA a partire dalla seconda metà di giugno, dopo il parziale recupero iniziato nella seconda metà di aprile. Consiglio di leggere questo articolo: https://www.nytimes.com/2020/07/02/opinion/trump-covid-economy.html?action=click&module=Opinion&pgtype=Homepage
francesco daveri
Forse sì. Intanto però in giugno il Pmi composto (manifatturiero + servizi) come si vede dal mio grafico è molto migliorato rispetto a quello di maggio. e sempre in giugno la disoccupazione veramente è diminuita all’11.1 per cento (giù di di 3.5 punti rispetto al dato di aprile). E parlando di dati ad alta frequenza del mercato del lavoro gli “initial jobless claims” si sono fermati a 1.4 milioni, un dato enorme rispetto a sei mesi fa, ma pur sempre il minimo da allora.