Sono il 5 per cento le persone che dichiarano di non essere assolutamente disponibili a essere vaccinate. E il dato scende via via che la campagna vaccinale procede. Se sui media c’è una sovraesposizione delle posizioni no vax, è dovuta a superficialità.
No vax in Italia
Quanti sono i “no vax” in Italia? Recentemente La Repubblica ha titolato “No vax due italiani su dieci” (Ilvo Diamanti “Il virus dell’antipolitica che combatte la scienza, No vax due italiani su 10”). Quanto è fondata una tale affermazione? Leggendo l’articolo sembra che si definiscano “no vax” gli intervistati che si sono dichiarati contrari all’obbligatorietà del vaccino, il 20 per cento appunto.
I dati raccolti nell’ambito della ricerca ResPOnsE Covid-19 del Laboratorio Sps Trend dell’Università degli Studi di Milano su un campione di italiani che riproduce complessivamente le quote di popolazione per genere e luogo di residenza raccontano una storia piuttosto diversa. La percentuale di nettamente contrari alla vaccinazione è inferiore a quanto ipotizzato nell’articolo di Repubblica e anche il numero degli scettici si è significativamente ridotto negli ultimi sei mesi, da dicembre a oggi.
Disponibilità a essere vaccinati
A dicembre 2020, il 12 per cento dichiarava di non essere per niente disponibile a essere vaccinato. La percentuale è scesa al 5 per cento nel periodo marzo-giugno 2021. Negli stessi mesi, anche gli scettici (poco disponibili alla vaccinazione) si sono più che dimezzati, passando dal 18 all’8 per cento.
Crescono invece le persone favorevoli alla vaccinazione, definite come quelle già vaccinate e quelle molto o abbastanza disponibili a esserlo. La percentuale sale dal 61 per cento di dicembre all’82 per cento del periodo marzo-giugno.
È un primo chiaro segnale del fatto che gli effetti della campagna vaccinale non sono solo di carattere medico-epidemiologico, ma influenzano anche le opinioni dei cittadini italiani che si dimostrano via via più favorevoli alla vaccinazione. Diciamo che il successo della campagna vaccinale crea le condizioni per la diffusione della fiducia verso i vaccini.
Figura 2 – Vaccinati + Molto e abbastanza disponibili a vaccinarsi
Figura 3 – Poco disponibili (linea arancione tratteggiata) e per niente disponibili (linea rossa continua) a vaccinarsi
La stessa attitudine si riscontra anche osservando l’andamento giornaliero delle opinioni nel periodo da marzo a giugno. I favorevoli crescono leggermente lungo tutto il periodo, fino ad arrivare all’85 per cento di metà giugno (figura 2). Gli scettici (poco disponibili a vaccinarsi) diminuiscono proporzionalmente da poco meno del 10 per cento a circa il 6 per cento (figura 3, linea arancione). Più impermeabile sembra essere lo zoccolo duro di chi non è per niente disponibile alla vaccinazione (linea rossa). Sono questi i “no-vax”? In realtà, nemmeno loro possono essere etichettati con certezza come tali perché questa fetta minoritaria e residuale della popolazione (circa il 5 per cento) non è omogenea al suo interno.
Sia tra gli scettici che tra i completamente indisponibili alla vaccinazione, i contrari ai vaccini per principio sono solo una piccola quota che a dicembre viaggiava intorno al 6 per cento della popolazione. Oggi siamo circa al 3 per cento.
La maggior parte degli scettici è invece preoccupata degli effetti collaterali dei vaccini, un atteggiamento comprensibile di fronte a un nuovo trattamento preventivo per una malattia fino a poco fa sconosciuta. Una preoccupazione che però può essere contrastata sia con la corretta informazione che con gli oggettivi risultati positivi della campagna di vaccinazione.
Per convincersi ulteriormente di quanto sia sbagliato parlare in modo sbrigativo di “no vax”, si può poi considerare come scettici e contrari alla vaccinazione si comporterebbero nell’ipotesi che il vaccino fosse reso obbligatorio. In questo caso, solo una minoranza di loro lo rifiuterebbe. Sul totale della popolazione adulta, stiamo parlando di una stima inferiore al 6 per cento.
Opinioni sull’obbligatorietà vaccinale
La discrepanza tra i nostri risultati e quelli presentati da Repubblica deriva quindi da una diversa definizione della categoria “no vax”. L’articolo del quotidiano privilegia l’indicatore relativo all’opinione sull’obbligatorietà della vaccinazione. Tuttavia, questa misura presa da sola risulta particolarmente problematica per classificare una persona come “no vax”. Come si vede bene in figura 4, i contrari all’obbligatorietà non si trovano infatti solo tra chi è indisponibile a essere vaccinato. Addirittura, tra chi è molto disponibile a essere vaccinato o ha già ricevuto il vaccino, poco meno del 10 per cento è contrario all’obbligatorietà della vaccinazione (prime due colonne a sinistra in figura 4).
Ritenere che la vaccinazione non debba essere obbligatoria non coincide dunque con l’essere contrari ai vaccini per principio e rifiutarsi di essere vaccinati. La posizione sulla obbligatorietà del vaccino è più articolata e meno prevedibile di quello che si possa credere.
Verosimilmente la ragione della variabilità è da attribuire al fatto che la preferenza a favore o contro l’obbligo deriva dal bilanciamento di due aspetti tra loro potenzialmente in contrasto: da un lato, la salvaguardia della salute pubblica attraverso la massimizzazione del numero di vaccinati; dall’altro, la difesa dell’autodeterminazione e della libertà di rifiutare una cura, secondo il principio del consenso informato, per il quale un trattamento, anche preventivo, può essere somministrato solo se la persona che lo deve ricevere è stata adeguatamente informata e in modo libero decide di riceverlo.
In breve, considerare l’opinione sull’obbligatorietà della vaccinazione quale indicatore degli atteggiamenti generali verso i vaccini non è una buona idea.
No vax e informazione
Vorremmo aggiungere una considerazione che non abbiamo potuto suffragare coi dati, ma che è palese a chiunque sia spettatore di telegiornali e talk show o lettore di giornali: l’attenzione che le posizioni anti-vaccini ricevono nel dibattito pubblico risulta più che proporzionale rispetto alla loro diffusione nella popolazione.
Per spiegare la sproporzione, c’è chi sostiene che i “no vax” rappresentano una minoranza rumorosa, che fa sentire la propria voce più della maggioranza silenziosa favorevole alla vaccinazione. È verosimile. Ma si può anche avanzare il dubbio che parte della sovraesposizione della posizione “no vax”, etichetta spesso invocata con leggerezza, discenda da certe scelte editoriali che prediligono il rumore all’analisi.
* Il progetto ResPOnsE Covid-19 è stato ideato nell’ambito del programma “Dipartimenti di eccellenza 2018-2022” promosso dal ministero dell’Università e della Ricerca ed è sostenuto da un finanziamento della Fondazione Cariplo. Resta inteso che tutto quanto esposto in questo articolo è sola responsabilità degli autori.
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Savino
La generazione dei 60enni non è mai stata solidale con tutto il resto della società, così come “armiamoci e partite” è lo slogan per tanti nel Paese, darsi alla macchia e sfangarla è sempre stato lo squallido sport nazionale. Ai fessi facciamo fare i vaccini, ai più fessi Astrazeneca e i soliti dritti sul carro dell’immunità.
Sandro Castellano
“quote di popolazione per genere e luogo di residenza”, perché non per livello di istruzione? Magari state sovrastimando i laureati e non lo sapete.
Luigi Creazzo
Beh, il campione usato in questa ricerca e’ una selezione di una popolazione da parte di un importante istituto di ricerca.
Per cui, per definizione, dovrebbe essere un campione rappresentativo di vari strati della popolazione a prescindere da qualsiasi categorizzazione come il livello di istruzione.
E poi, se questa ricerca e’ sbilanciata, allora potrebbe esserlo anche quella pubblicata da Repubblica in precedenza, no?
Luca Cigolini
Il problema è proprio l’informazione: chiamare “no-vax” chi riconosce l’importanza del vaccino ma pone domande sull’eticità e sulla liceità del renderlo obbligatorio è una mistificazione. Grave. Sia che derivi da superficialità, sia che risponda all’intento di polarizzare la pubblica opinione per i propri fini (anche se nobili). Mi pare che la stessa cosa sia avvenuta qualche anno fa, quando si volevano rendere obbligatorie alcune vaccinazioni per bambini e personale scolastico. In quel caso la demonizzazione di ogni critica, unilateralmente ascritta al fronte no-vax, ha portato a divisioni senza raggiungere lo scopo. Ed ora, che cosa succederà? Grazie alla Voce per l’usuale correttezza, ma siete una goccia nel mare!
gabriel04
Sono perfettamente d’accordo con lei, e sono felice di trovare commenti equilibrati come i suoi, e articoli come questo de La Voce.
Mi è poco chiara questa atmosfera di attacco con la lancia in resta contro chi non si è vaccinato, quando i no vax veri e propri sono una piccola minoranza e circa l’85% della polazione italiana si è detta favorevole a vaccinarsi. Molti dei non vaccinati sono semplicemente in attesa, anche perché le dosi non sono sempre sufficienti a rispondere alla domanda.
Si vuole spingere a vaccinarsi a futura memoria, paventando restrizioni, fino all’affamamento (come quando si è detto che i non vaccinati in Francia non possono entrare nei supermercati, cosa falsa)?
Si vuole scaricare sulle persone la colpa di questo nuovo aumento dei contagi?
Si sta creando un clima di lacerazione nel paese, che è preoccupante, e può tra l’altro anche produrre l’effetto opposto, cioè spingere le persone a non vaccinarsi.
In cui l’informazione ha il suo ruolo, quando abdica a una informazione più complessa e approfondita, ma va avanti a aut aut, a bianco e nero, a semplificazioni che demonizzano non solo la critica, ma le sfumature.
La paura è che in un clima siffatto siano poi le tendenze peggiori a prevalere.
Gianni Fulgaro
Grazie LAVOCE.INFO
Sono estremamente contento che questo studio dettagliato dia la risposta a tutti quelli che, non essendo informati, continuano a dire che i Novax sono tantissimi , più del 20% esattamente come voleva far intendere la Repubblica nell’articolo di Ilvo diamanti. Non penso che il professor diamanti volesse fuorviare i lettori, lo ritengo in buona fede ma probabilmente ha sopravvalutato i lettori stessi pensando che potessero esattamente comprendere la differenza tra chi è contrario all’obbligatorietà del vaccino e chi invece è contrario a sottoporsi alla vaccinazione. Se quindi le persone effettivamente contrarie a fare il vaccino sono il 5% cioè 3 milioni circa sarà molto difficile che a ottobre i RICOVERI (non i contagi) e i pz in terapia intensiva ritornino a salire ( calcolando anche che molti di questi è probabile che abbiano contratto la malattia in forma asintomatica) !!! Usando la logica, penso che questa pandemia si sia ormai conclusa….il vaccino sta di fatto depotenziando il virus…..a meno che non vogliamo continuare a contare quotidianamente i contagiati…..oggi 17/7/21 anche il ministro Speranza ha sottolineato il fatto che bisogna dare importanza ai ricoveri e non ai contagi.
Oggi ho scoperto la vostra meritoria opera ed io ne ero alla ricerca….trovare una fonte seria e autorevole era per me importantissimo, per questo da oggi sarò un vostro sostenitore
Firmin
A nessuno è venuto il sospetto che molti degli over 60 che non si sono vaccinati (e che quindi sono arruolati tra i no-vax) esistano solo nelle anagrafi? Negli anni 60, al Sud e in altre aree allora depresse (come il Veneto e il Friuli) ci sono state migrazioni bibliche verso l’estero, raramente registrate in anagrafe per i motivi più vari, a cominciare dall’interesse delle amministrazioni a non perdere residenti e quindi finanziamenti. Le percentuali più elevate di anziani che non richiedono vaccini si trovano proprio nelle stesse aree. Sarà un caso?
Sergio Gambieri
Vabbè, io non condivido l´odio dei Si-vax