Lavoce.info

La Nadef libera risorse: come utilizzarle bene

La Nadef porta le previsioni di crescita del Pil nominale per il 2021 al 7,6 per cento. Ne segue un mutamento del quadro macroeconomico che libera risorse aggiuntive. Dovrebbero essere indirizzate a potenziare gli investimenti fissi pubblici.

Il ruolo della Nadef

Il 29 settembre è stata pubblicata la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef). 

Il Documento di economia e finanza (Def), che viene pubblicato in aprile, contiene il quadro macroeconomico e di finanza pubblica per l’anno in corso e di previsione per i tre anni successivi. In particolare, indica il deficit (indebitamento netto) tendenziale (ovvero a legislazione vigente) e programmatico in rapporto al Pil del conto della Pubblica Amministrazione. Il Def contiene anche l’informazione sul deficit strutturale e sulle sue variazioni previste in ottemperanza al Patto di stabilità e crescita europeo, sul sentiero del rapporto debito/Pil come anche sul tasso di crescita della spesa in relazione al vincolo europeo. 

La Nadef, che viene approvata in settembre, contiene le variazioni al quadro macroeconomico e di finanza pubblica del Def, tenuto conto delle mutate condizioni macroeconomiche e legislative da aprile a settembre. Informa anche sul rispetto dei vincoli europei date le nuove condizioni macroeconomiche e legislative.

Come cambia il quadro

La Nadef 2021 dà la buona notizia del migliorato quadro relativo alle condizioni macroeconomiche. Infatti, le previsioni di crescita del Pil nominale per il 2021 sono variate dal 5,6 per cento del Def all’attuale 7,6 per cento. Inoltre, nel triennio 2022-2024 prevede una ulteriore crescita del Pil, anche se minore rispetto a quella del 2021 (riga 3 della tabella).

Le mutate condizioni di crescita implicano anche variazioni del deficit (differenza tra entrate e spese finali del conto della Pubblica Amministrazione), una grandezza che rapportata al Pil è di rilievo per il rispetto del vincolo europeo. Dalla lettura della Nadef e del Def si desume che l’aumento del Pil porti a un aumento delle entrate tributarie, ora pari quasi al triplo del previsto aumento delle spese finali. Ciò, assieme all’aumento del Pil nominale, genera una diminuzione del rapporto deficit/Pil.  

Nel Def il quadro programmatico confrontato con quello tendenziale prevedeva un incremento del rapporto deficit/Pil nel quadriennio 2021-2024 (riga 6). Tuttavia, la Nadef aggiorna i valori del deficit/Pil tendenziali (riga 7) diminuendoli rispetto a quelli del Def (riga 4). Ciò genera risorse aggiuntive che sono state utilizzate nel quadro programmatico Nadef per realizzare un incremento del rapporto deficit/Pil (riga 9) maggiore di quello previsto nel Def (riga 6).

Leggi anche:  Occupazione senza crescita, il puzzle del 2023

Se si sconta quanto già previsto nel quadro programmatico del Def (riga 6), la previsione contenuta nella Nadef (riga 9) implica maggiori risorse pari a 0,9 punti di Pil nel 2022, a 1 punto di Pil nel 2023 e 1,4 punti di Pil nel 2024 (riga 12). Ciò equivale a dire che si liberano 17 miliardi nel 2022, 19,7 miliardi nel 2023 e 28,6 miliardi nel 2024. Nel testo (pag. 72) le risorse aggiuntive vengono calcolate come differenza tra dato programmatico e tendenziale della Nadef (riga 9) senza sottrarre dal computo la già prevista differenza tra dato programmatico e tendenziale del Def (riga 6). Tenendo conto di quest’ultima differenza, le risorse che si liberano (riga 12) risultano inferiori a quelle attualmente dichiarate nella Nadef (riga 9).

Il governo ha quindi deciso di modificare la legislazione vigente prevedendo un deficit maggiore rispetto a quello tendenziale stimato nella Nadef (riga 8), tuttavia i nuovi valori di deficit/Pil per il 2022, 2023 e 2024 risultano comunque inferiori a quelli programmatici previsti nel Def (riga 5).

Il rispetto dei vincoli europei

Date le previsioni contenute nel Def, e ammesso che il calcolo del Pil potenziale rimanga invariato nei prossimi anni, le variazioni di deficit strutturale rispettano i parametri relativi al sentiero di aggiustamento del deficit e del tasso di crescita della spesa richiesti dal Patto stabilità crescita nel 2022, 2023 e 2024. Il deficit strutturale calcolato per il prossimo triennio, tenendo conto del nuovo deficit programmatico contenuto nella Nadef, rispetta anch’esso i parametri di aggiustamento. Tuttavia, ancora nel 2023 e nel 2024 il deficit programmatico risulta sopra il 3 per cento del Pil, non in linea quindi con il vincolo europeo. D’altronde, ciò emergeva già dal Def, valutato positivamente dalla Commissione europea. La decisione del governo di mantenere una politica espansiva è di fatto in linea con la comunicazione generale del 2 giugno 2021 della Commissione, secondo la quale si deve continuare a incentivare le politiche di sostegno, fino a quando i rischi sanitari saranno ragionevolmente rientrati.

Nonostante all’interno del quadro macroeconomico sia stato previsto un aumento dell’inflazione più sostenuto che negli anni passati, la Nadef non ipotizza alcuna variazione del rapporto interessi/Pil tra valore tendenziale e valore programmatico. Quindi tutta la variazione di deficit prevista è imputabile al deficit primario e potrà essere assorbita da una diminuzione delle entrate o da incrementi della spesa primaria. Ovviamente, in corso d’anno, l’operazione potrebbe essere messa a rischio, nel caso in cui si dovesse verificare un incremento della spesa per interessi.

Leggi anche:  La spending review che colpisce il Pnrr

Come sono utilizzate le nuove risorse

Nel documento vi è un accenno generale all’utilizzo del deficit aggiuntivo. In particolare, si fa riferimento al rinnovo di misure di rilievo economico e sociale come quelle relative al sistema sanitario. Inoltre, si fa menzione di interventi a favore delle Pmi e della promozione dell’efficientamento energetico, tramite il rifinanziamento dei vari bonus. Infine, si prevede di avviare la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e la messa a regime dell’assegno unico universale per i figli.

Le risorse aggiuntive dovute alle migliori condizioni macroeconomiche potrebbero non essere garantite nel tempo, quindi, non si dovrebbero utilizzare per spese ricorrenti come sono quelle che finanziano una riforma fiscale o l’assegno unico ai figli. Queste somme potrebbero essere un’occasione per aumentare la spesa per investimenti di cui è già prevista una crescita rispetto agli anni passati, grazie anche alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Infatti, nel 2024 la spesa per investimenti fissi lordi pubblici tornerà a collocarsi leggermente al di sopra del livello del 2009, a 3,4 punti percentuali del Pil. Se tali risorse venissero indirizzate tutte sugli investimenti fissi lordi pubblici, questi crescerebbero, rispetto a quanto previsto nella Nadef, del 29 per cento nel 2022, del 30 per cento nel 2023 e del 41 per cento nel 2024 (figura 1). Uno shock di investimenti fissi pubblici di tal genere porterebbe l’Italia ad avere una quota rispetto al Pil vicina a quella di paesi del Nord Europa, come Svezia, Finlandia e Norvegia

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Una via d'uscita dal vicolo cieco del Superbonus

Precedente

Istruzione e disuguaglianze in sei grafici

Successivo

Inflazione: se temporanea o meno è questione di scelta

  1. Savino

    Sanità, istruzione, politiche attive del lavoro, edilizia sociale. No perditempo flat tax o simil quota 100.

    • Luca

      Condivido che le risorse aggiuntive dovute alle migliori condizioni macroeconomiche non dovrebbero utilizzare per spese correnti, ma in questa fase aumentare gli investimenti non rischierebbe di surriscaldare il ciclo?
      Ma il timore piú grande è sui tassi di ineresse: un aumento progressivo che ci riportasse al costo medio del debito di qualche anno fa comporterebbe un salasso difficile da affrontare, a meno che la BCE non continui il QE infefinitamente, ma i falchi lo consentiranno?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén