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Programma Gol a rischio senza rivoluzione digitale

Il Programma Gol è un progetto ambizioso che dovrebbe coinvolgere oltre 3 milioni di persone. Il suo successo dipenderà dalla capacità di agire su tre piani: comunicazione, orientamento e formazione a distanza. Ma il personale ha le competenze adatte?

Innovativo in Italia, attuato da vent’anni altrove

Grazie alle risorse comunitarie, soffia un vento di rivoluzione sulle politiche attive del lavoro in Italia. Il Programma Gol è un ambizioso progetto che intende coinvolgere oltre 3 milioni di persone, prevedendo percorsi diversi a seconda della difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro. Il progetto riprende in molti aspetti il programma di Garanzia giovani, introducendo diversi elementi innovativi, quali: un numero maggiore di presidi territoriali; una “targhettizzazione” qualitativa approfondita (Assessment); un percorso di alfabetizzazione digitale (attraverso facilitatori esperti per aiutare i soggetti con digital divide); percorsi di riqualificazione più intensivi per i soggetti svantaggiati (che rappresentano una buona fetta dei percettori del Reddito di cittadinanza). Il tutto avviene in una fase di potenziamento dei centri per l’impiego.

Figura 1 – Articolazione del programma Gol

Si tratta di un progetto complesso che richiede il raggiungimento di determinati obiettivi entro tempi stabiliti e le regioni (competenti nella gestione delle politiche attive e dei centri per l’impiego) stanno realizzando i piani attuativi del programma.

L’attuazione del programma dovrà affrontare numerosi ostacoli. Uno dei più rilevanti è il numero di funzionari totalmente insufficiente (anche dopo il piano di potenziamento dei centri per l’impiego) e spesso non adeguatamente competenti per le attività di orientamento e ricollocazione al lavoro. Il rischio è quello di non raggiungere gli obiettivi del Programma Gol e di perdere parte dei finanziamenti previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Tuttavia, almeno da parte del sottoscritto, vi è un secondo “ostacolo” forse più complesso da affrontare: il Programma Gol, che per l’Italia è uno strumento innovativo, esiste in Francia e Germania già da oltre vent’anni.

Sfruttare l’accelerazione della digitalizzazione

Il problema è che il lockdown ha prodotto una forte accelerazione alla digitalizzazione, un cambio radicale in quasi tutte le aziende del terziario avanzato, ma in generale un cambio dell’intera società (quasi il 98 per cento degli italiani ha uno smartphone e in media passa oltre sei ore al giorno su internet): in tutto questo, le politiche attive del lavoro sono pienamente coinvolte.

Qualsiasi servizio di orientamento, o formazione professionale (laddove non sia necessaria espressivamente un’attività in presenza) si può realizzare a distanza, utilizzando lo smartphone o il proprio computer. In particolare, i socialnetwork hanno stravolto le tradizionali dinamiche del reclutamento della forza lavoro. Infatti, con social recruiting non si esprime semplicemente uno strumento per ingaggiare potenziali candidati, ma si indica un nuovo ecosistema di intermediazione anche per i soggetti più svantaggiati del mercato del lavoro. Si parla di ecosistema perché le imprese (che attraverso il reclutamento online realizzano anche employer branding) non hanno solo un profilo su LinkedIn, ma utilizzano Instagram, Facebook, Telegram, TikTok e altre piattaforme.

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Questo significa che è necessario un nuovo processo “pedagogico” nei confronti di quegli utenti che non possiedono le adeguate competenze per conoscere e utilizzare bene gli strumenti (in parte questa attività verrà svolta dai facilitatori digitali). Ma lo stesso percorso sarebbe opportuno anche per le tecnostrutture nazionali e regionali che si occupano di politiche attive del lavoro. Spesso si tratta di ottimi funzionari amministravi, ma che hanno un enorme difficoltà di comprende la nuova rivoluzione digitale, materia più di esperti in comunicazione che non di laureati in scienze politiche o diritto amministrativo.

Tre temi cruciali

Tre grandi temi hanno quindi oggi un impatto diretto sull’efficacia del Programma Gol: comunicazione, orientamento e formazione a distanza.

  1. L’era dell’influencer marketing nella comunicazione

Come si pensa di comunicare e “attrarre” 3 milioni di individui verso il Programma Gol, soprattutto con l’intento di non fermarsi alla semplice registrazione, ma attraverso una partecipazione spontanea e attiva? Gli italiani tra i 18 e 44 anni, cioè la quasi totalità dei potenziali utenti del Programma Gol, non leggono i quotidiani e hanno anche abbandonato la tv generalista. Esiste dunque solo un modo per coinvolgere un numero elevato di soggetti, soprattutto i più distanti e meno motivati: attraverso le strategie di influencer marketing, che, secondo Blogmeter, nella fascia in questione coinvolge almeno un italiano su due (se prendiamo gli under 25 siamo al 76 per cento). Gli influencer generano ispirazione, fiducia e risultano “attivatori” del proprio pubblico. Purtroppo, non basta pagare i “Ferragnez” per avere milioni di iscritti al Programma Gol, ma è necessario investire in influencer marketing, perché bisogna comprendere se lo strumento utilizzato per i consumi di massa funziona anche per le politiche attive del lavoro e in che modo lo possa fare: si tratta di una operazione lunga e onerosa.

2. Orientamento e accompagnamento al lavoro a distanza

Uno dei problemi più rilevanti è la mancanza di personale qualificato nel Mezzogiorno: sono pochissimi, del tutto insufficienti nel gestire i numeri previsti da Gol e non si conosce al momento il loro livello di competenza ed esperienza in materia di orientamento al lavoro. Una possibile soluzione sarebbe quella di utilizzare servizi di orientamento a distanza, realizzato prevalentemente da case manager delle agenzie private del lavoro che sono in buona parte residenti nel Nord Italia (come avviene nel programma Diritto Mirato). Hanno indubbiamente maggiori competenze, sono spesso psicologi del lavoro con almeno cinque anni di esperienza e operano attivamente al servizio delle imprese. In generale, sono esperti in grado di fornire utili suggerimenti su come cercare lavoro online, superare Ats (applicant tracking system) e sostenere video colloqui in differita.

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3. La formazione professionale ai tempi di Coursera

L’offerta formativa professionale in Gol rischia di essere molto bassa (qualche centinaio di percorsi per ogni regione), perché esclusivamente circoscritta agli enti accreditati alla formazione, il che comporta un limite enorme: sono pochi corsi, spesso vincolati alle capacità dell’ente e non all’effettiva necessità dell’utente e purtroppo a volte anche del tutto inefficaci nel ricollocare nel mercato del lavoro. Eppure proprio la rivoluzione digitale ha contribuito ad aumentare in maniera esponenziale il numero di corsi e opportunità per acquisire nuove competenze, basti pensare alla piattaforma Coursera, oggi leader nel settore dell’edtech (un colosso da oltre 2,4 miliardi di dollari), dove le più prestigiose università del pianeta caricano i propri corsi, rendendoli fruibili a tutti, spesso gratuitamente. Per l’Italia credo siano disponibili quasi 4 mila corsi, infiniti se l’utente parla e comprende la lingua inglese. Esistono decine di altre piattaforme simili e l’utente (assistito dal case manager) dovrebbe essere “libero” di scegliere, attraverso un voucher (in grado di sostenere i costi per la partecipazione e la certificazione), il corso che ritiene più adeguato allo sviluppo delle proprie competenze professionali.

Questi temi non sono mai stati discussi nei tavoli tecnici ministeriale. Rischiamo che la difficoltà nell’attuare il Programma Gol comporti un “arretramento” o un “abbassamento” degli obiettivi che permetteranno sì di non perdere le risorse comunitarie, ma che rischiano di produrre scarsi risultati nella capacità di riqualificare e ricollocare gli utenti presi in carico.

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  1. RENATO MICELI

    Il prof. Giubileo, profondo conoscitore delle Politiche attive del lavoro in questo Paese e – probabilmente proprio per questo – escluso dai tavoli ministeriali in cui se ne discute, mette il dito nella piaga. La carenza quantitativa e qualitativa di personale nei centri per l’impiego rende il progetto GOL, ad oggi, una partita persa prima ancora di iniziare. I concorsi in itinere, aldilà del grave ritardo di molte Regioni, sono un pannicello caldo che potrà attenuare ma non risolvere questo problema strutturale dei servizi pubblici per il lavoro, oggi dirimente. Non sfugge a nessuno che in questa situazione sarebbe da irresponsabili (non esiste altro termine) rinunciare ai 1900 Navigator ancora in servizio, il cui contratto scade il 30 aprile e di cui nessuno sembra interessarsi. Comunque la si pensi, sono tecnici laureati, selezionati e formati con ormai tre anni di esperienza sul campo. Nulla impedisce che possano essere impiegati oltre il recinto del Reddito di Cittadinanza (in cui rientra circa la metà dei beneficiari del programma GOL), utilizzandoli per colmare almeno in parte le lacune dei nostri CpI. Sappiamo tutti perfettamente che le ApL potranno assistere solo una parte del bacino d’utenza, quella più facilmente collocabile, mentre i soggetti fragili e con bisogni multidimensionali rischiano di essere abbandonati se stessi, specialmente al Sud. Possibile che il Ministro non lo sappia?

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