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Politiche attive: l’offerta congrua non esiste

Le modifiche del governo al reddito di cittadinanza prevedono condizioni più stringenti per i beneficiari, in particolare se rifiutano una “offerta congrua” di lavoro. Ma ai disoccupati andrebbero offerti servizi, come quelli contenuti nel Programma Gol.

L’importanza delle parole

Le modifiche approvate dall’ultimo Consiglio dei ministri al reddito di cittadinanza prevedono condizioni più stringenti per i beneficiari, in particolare per quanto riguarda il rifiuto della cosiddetta “offerta congrua”, ossia un’offerta di lavoro che risponde a determinati parametri, descritti nel decreto ministeriale n. 42/2018:

  1. coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze e competenze maturate;
  2. distanza del luogo di lavoro dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
  3. durata dello stato di disoccupazione.

Il testo finale della manovra di bilancio prevede la decurtazione progressiva dell’assegno nel caso in cui il beneficiario rifiuti una prima “proposta di lavoro congruo”, seguita dalla revoca dell’intero beneficio con un secondo rifiuto.

A livello teorico non c’è nulla di sbagliato, peccato che chiunque si occupi di orientamento e accompagnamento del lavoro potrà confermare che il termine “offerta/proposta di lavoro congruo” non ha nessun senso, perché nel mercato del lavoro semplicemente non esiste.

Come ammoniva Nanni Moretti in Palombella Rossa “le parole sono importanti!”, chiunque parli di offerta congrua probabilmente non ha mai svolto attività di intermediazione del lavoro: non c’è infatti un centro per l’impiego che oggi dispone di una proposta di lavoro (o meglio un contratto di lavoro) che il disoccupato deve semplicemente accettare o rifiutare.

Nella realtà i centri per l’impiego possono al massimo “segnalare” al disoccupato offerte di lavoro, rispetto alle quali lo stesso disoccupato si “candida” e non “accetta” e tra questi due termini c’è una differenza abissale. Nessuna impresa darebbe mandato a un soggetto pubblico o privato di assumere un potenziale lavoratore senza minimamente conoscerlo. 

L’incrocio tra domanda e offerta di lavoro è un processo complesso, spesso non immediato, dove le imprese e i candidati si incontrano più volte. Il candidato deve convincere l’impresa di essere in possesso di una serie di competenze e capacità (sia tecniche, ma anche attitudinali, come l’essere una persona motivata, precisa, affidabile,).

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Quindi il concetto di “accettare” una proposta/offerta di lavoro (a meno che si tratti di creazione diretta da parte del pubblico, come i lavori socialmente utili) non esiste ed è assurdo semplicemente parlarne, ecco perché in Italia non è stata mai applicata la condizionalità. Esistono rari casi di sospensione della Naspi, prevalentemente perché l’utente non si è presentato alla fase di “presa in carico”, ma questo non ha nulla a che vedere con l’offerta congrua.

Il tema di “candidarsi” e verificare l’effettivo impegno del disoccupato è molto più complesso. Come ho avuto modo di evidenziare in un precedente contributo, nei JobCentrePlus inglesi i controlli dei consulenti e funzionari si concentrano sulla verifica dell’intensità e della motivazione del disoccupato nella ricerca del lavoro, non sulla semplice verifica che si sia o meno candidato a un’offerta. 

Se l’interpretazione della condizionalità fosse quella di candidarsi a una “vacancy” pubblicata dai centri per l’impiego o da un operatore privato, il comportamento tipico dei più opportunisti (ampiamente noto) sarebbe esattamente quello visto nel film Trainspotting, in cui Spud – uno dei protagonisti – è disoccupato e non vuole perdere il sussidio, per cui si candida a un’offerta proposta dai JobCentrePlus e partecipa alla selezione, ma fa volontariamente un pessimo colloquio.

Nella proposta del governo risulta del tutto inutile e inapplicabile parlare di “offerta congrua”, mentre basterebbe modificare il “patto di servizio” con la “dichiarazione d’intenti” e verificare tramite i funzionari dei centri per l’impiego l’effettivo impegno dei disoccupati.

Le difficoltà del programma Gol

Chiarita la differenza tra “offerta congrua” e “candidatura a una vacancy”, per i percettori del reddito di cittadinanza si presentano due grandi sfide: la prima è che buona parte di loro è residente nel Sud Italia, un contesto “poverissimo” di opportunità di lavoro (se non di brevissima durata nel periodo estivo), come dimostrato dalla ricognizione realizzata dai navigator; la seconda è che la maggioranza dei percettori non è capace di candidarsi adeguatamente a una vacancy pubblicata sulle piattaforme online, figuriamoci se è in grado di sostenere un video colloquio in differita.

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Il Programma Gol, promosso dal ministero del Lavoro, dovrebbe rappresentare la soluzione perfetta alla seconda criticità, all’interno del programma sono previsti dei servizi universali offerti dall’attore pubblico che permetteranno a tutti gli utenti presi in carico di cercare adeguatamente lavoro. Per i soggetti più svantaggiati il programma prevede anche progetti di riqualificazione realizzate da soggetti accreditati. Tuttavia, litigi tra regioni sulle risorse economiche e scarsa capacità di progettazione rischiano seriamente di non far raggiungere i macro-obiettivi previsti dalla Commissione europea, il tempo sta per finire e – almeno per chi scrive – c’è la seria preoccupazione che alcuni regioni, prevalentemente quelle del Mezzogiorno, non facciano in tempo a pianificare e sviluppare quanto previsto dal Programma Gol. Vorrei solo citare come precedente la difficile attuazione del programma nazionale Garanzia giovani: il modello è partito praticamente subito in Regione Lombardia, mentre nella maggior parte delle regioni del Sud la sua attuazione è avvenuta con anni di ritardo. Il Programma Gol andrà realizzato non nei prossimi anni, ma nei prossimi mesi. In caso contrario non potranno essere utilizzate le risorse europee previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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  1. Antonio Carbone

    Condivido da sempre l’idea che “le parole sono importanti”. Proprio per questo, non penserei mai di usare “candidatura a una vacancy” quando potrei usare ad esempio, “candidatura a un impiego”. È vero che non sono sinonimi, perché vacancy indica un posto vuoto, ma il termine, tuttavia, viene usato per qualsiasi “posto vuoto”: non solo un “posto di lavoro” ma anche una camera libera in albergo!

  2. Antonio Agostini

    Per favore, dillo anche a Draghi. Che mi sembra circondato da consiglieri piuttosto sprovveduti. Grazie.

    • Antonio Carbone

      L’offerta congrua è del DM 42 del 2018. Di quando, a detta dell’allora Presidente del Consiglio, avevamo “i migliori ministri del mondo”…. e ho detto tutto.

  3. Claudio Martinelli

    descrizione perfetta della situazione. Da aggiungere solo che gli operatori dei Cip hanno poco tempo da dedicare alle persone perche’ oberati da norme e procedure bizantine. Tanto per fare un esempio, il calcolo del “reddito prospettico”, una vera e propria perla giuridica, unica in tutto il mondo. Siamo un caso di studio internazionale del “fenomeno burocratico”

    • Francesco

      Probabilmente neanche un esperto attento come Giubileo è a conoscenza di follie come il reddito prospettico, del fatto che un’enorme fetta di utenti si rivolge ai cpi per una scheda anagrafica che riporta un d.i.d. che dovrebbe essere disponibile on line a datori e consulenti del lavoro che la richiedono ossessivamente.

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