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Undici anni di cedolare secca: un bilancio

Introdotta con obiettivi ambiziosi, la cedolare sugli immobili residenziali dati in affitto ha prodotto risultati limitati in fatto di emersione di base imponibile e di alloggi immessi sul mercato. Di sicuro ha avvantaggiato i proprietari più ricchi.

Gli obiettivi della cedolare

Sono passati undici anni dalla prima applicazione della cedolare secca, la flat tax sui redditi da locazione, e ancora permangono dubbi sulla sua reale efficacia, in particolare sulla sua capacità di ripagare il mancato gettito con l’aumento di base imponibile.

Quando fu introdotta, attraverso l’imposta proporzionale del 21 per cento (al 19 per cento, poi sceso al 10 per cento, per i contratti concordati) sugli affitti a sostituzione dell’Irpef progressiva e altri tributi, la cedolare secca aveva obiettivi ambiziosi:

  • ridurre drasticamente l’evasione fiscale dei redditi da locazioni;
  • incentivare la concessione in locazione di immobili altrimenti lasciati inutilizzati in modo tale da aumentare la base imponibile, auspicabilmente neutralizzando la perdita di gettito conseguente all’abbassamento dell’aliquota;
  • calmierare il mercato degli affitti grazie all’aumento degli immobili sul mercato e lo sconto d’imposta, nell’ipotesi che parte di questo si potesse tradurre in una riduzione del canone d’affitto.

Proviamo qui a fare un po’ di chiarezza, condividendo la sintesi di un progetto di ricerca effettuato recentemente utilizzando dati amministrativi di fonte fiscale e catastale.

Lo studio

Il punto di partenza è la dichiarazione dei redditi del 2014 per un campione casuale di 80mila contribuenti italiani, con sovra-rappresentazione dei redditi più alti. Ad esso sono state unite le dichiarazioni del periodo 2008-2015 e i dati del Catasto degli immobili, essenziali per distinguere gli immobili residenziali (unici destinatari della cedolare, nel periodo da noi considerato) dagli immobili commerciali.

Dal momento che la legge ha avuto un iter relativamente rapido, che il cambio di destinazione di un immobile è un evento raro nei dati a nostra disposizione e che vendere un immobile commerciale per acquistarne in sostituzione uno residenziale è un processo complesso, abbiamo stimato un modello diff-in-diff per valutare gli effetti della cedolare sugli immobili residenziali (trattati) rispetto agli immobili commerciali (controlli), il cui reddito generato è rimasto soggetto a Irpef nel periodo considerato. La qualità dei dati e la strategia econometrica di stima adottata permettono di concludere che la cedolare ha comportato:

  1. un aumento medio del 3,8 per cento degli immobili sul mercato delle locazioni;
  2. un aumento medio della base imponibile dei redditi da immobili del 6,6 per cento;
  3. nessun effetto significativo sul valore di mercato degli affitti.
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Possiamo concludere che la cedolare ha incrementato lo stock di immobili sul mercato regolare e la base imponibile dichiarata, ma in percentuali limitate rispetto alle aspettative iniziali (si veda per esempio, qui). Si conferma anche la sovrastima della auspicata generosità dei proprietari verso i propri inquilini: la riduzione dell’imposta è entrata tutta nelle sole tasche dei primi.

Effetti distributivi

Un aspetto poco considerato è l’impatto distributivo: nella nostra analisi si evidenzia che l’emersione di nuova base imponibile decresce al crescere del reddito e che per i grandi proprietari immobiliari, quelli appartenenti all’1 per cento più ricco tra tutti i proprietari immobiliari, è stata limitata se non nulla. Non ci stupisce: la ricchezza immobiliare è molto concentrata tra i percettori di redditi elevati e chi possiede più di una manciata di immobili spesso preferisce farsi assistere da un professionista, al quale difficilmente si può affidare una gestione patrimoniale importante chiedendo pagamenti in contanti per evadere il fisco.

Quali sono quindi gli effetti di gettito dovuti all’introduzione della cedolare? E la variazione del gettito pubblico come si traduce in vantaggi privati? Abbiamo simulato tre scenari ipotetici:

  1. Scenario S1: viene eliminata la cedolare, si ripristina l’Irpef per tutti e chi ha messo sul mercato regolare gli immobili solo a seguito dell’introduzione della cedolare torna a non affittarli (o affittarli in nero);
  2. Scenario S2: viene eliminata la cedolare, si ripristina l’Irpef nell’ipotesi che gli individui non cambino le proprie scelte relativamente all’affitto dei propri immobili;
  3. Scenario S3: la cedolare viene estesa, diventando la tassazione standard per tutti gli immobili, compresi quelli commerciali, con aliquota al 23 per cento. Questo scenario è stato esaminato dal Parlamento nell’ipotesi di una riforma fiscale secondo il modello della dual income tax scandinava.

La figura 1 mostra la differenza di gettito simulata in ciascuno scenario rispetto al gettito effettivo osservato dopo l’introduzione della cedolare (linea nera orizzontale).

Figura 1 – Le tre simulazioni rispetto allo status quo, dopo l’introduzione della cedolare

La differenza verticale tra linea nera orizzontale e le linee S1 e S2 mostra la perdita di gettito generata dall’aver introdotto la cedolare in sostituzione dell’Irpef nell’ipotesi che gli immobili sul mercato fossero stati pari a quelli osservati prima (S1) o dopo (S2) l’approvazione della misura. Il costo di aver introdotto la cedolare si può stimare in 1,3 miliardi di euro nel 2015 nell’ipotesi più conservativa (Scenario S2). Il costo cresce nel tempo, al crescere dell’utilizzo della cedolare. La nostra analisi mostra che, stante la forte concentrazione della ricchezza immobiliare tra i contribuenti con redditi più alti, il 20 per cento del mancato gettito pubblico è rimasto nelle tasche private dell’1 per cento dei proprietari immobiliari più ricchi, percettori con redditi imponibili superiori ai 120 mila euro annui dichiarati in Irpef.

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La differenza verticale tra la linea S3 e la linea nera mostra che l’estensione della cedolare al 23 per cento nella sua aliquota standard a tutti gli immobili, compresi quelli commerciali, comporterebbe una ulteriore perdita di circa 2 miliardi di euro l’anno. Anche in questo caso, il mancato gettito entrerebbe per circa il 20 per cento nelle tasche dell’1 per cento più ricco.

Alla luce di questi risultati si rafforzano le nostre perplessità nell’introdurre elementi di flat tax nel sistema fiscale italiano. Il progetto di avvicinarlo al modello della dual income tax scandinava avrebbe portato ordine a una disciplina di imposte flat molto eterogenea, ma non avrebbe risolto il problema della iniquità del sistema attuale, lo avrebbe forse esacerbato e soprattutto reso sistematico. Se l’obiettivo ultimo è la riduzione del carico fiscale sul lavoro, un trattamento di favore dei rendimenti della ricchezza mobiliare e immobiliare non può che comportare una riduzione del welfare state (intervento pubblico in sanità, previdenza, istruzione e altro). L’unica alternativa, a nostro modo di vedere, consisterebbe nell’allargare la base imponibile, includendo tra le materie imponibili anche la ricchezza (mobiliare e immobiliare), la sua accumulazione e il suo trasferimento tra generazioni, oggi soggetti in Italia a un trattamento di particolare favore.

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  1. Savino

    Con un Parlamento fatto di forze politiche restie a cambiare il catasto abbiamo capito già in che direzione si vuole andare, sulle politiche abitative si vogliono solo mettere i bastoni tra le ruote, invece ci vogliono sostegni per l’affitto e per i giovani che hanno problemi a trovare casa.

  2. dorian

    la sua introduzione è stata nel 2011, a parziale compensazione del notevole aumento IMU; non si possono fare ragionamenti se non tenendo conto che è stata la “posta di scambio” con l’aumento del prelievo sulla casa.
    Nei prossimi anni ci sarà da vedere un effetto che in questi anni non è stato misurabile, cioè quanto la cedolare riesce a tenere a freno i prezzi degli affitti: a oggi sta fungendo da freno perchè serve un anno prima di poter ripassare al regime ordinario e applicare l’aumento istat. Perciò oggi sta svolgendo un effetto deflazionistico; se per l’inflazione sarà stabilmente alta nei prossimi anni un numero crescente di soggetti la abbandonerà per tornare, appunto, al regime ordinario.

  3. aurelgen

    In merito a “…nessun effetto significativo sul valore di mercato degli affitti…”: questa analisi è stata probabilmente formulata da qualcuno che non è del settore immobiliare, è proprio grazie alla cedolare secca che i proprietari sono riusciti ad affrontare gli ultimi dieci anni turbolenti accettando canoni di locazione contenuti, calmierando quindi i prezzi e al contempo tenendo sul mercato tanti immobili che generano reddito, indotto e stabilità sociale.

  4. Fausto Tagliabue

    In realtà ha avvantaggiato anche gli inquilini, visto che il prezzo degli affitti con la cedolare è bloccato (non si applica adeguamento ISTAT).
    Gli studi vanno fatti dal basso e facendo fatica, non con ipotesi precosituite.

  5. gabriel

    Il vero problema per un proprietario che dà in locazione un appartamento è che non si possono detrarre le spese, ossia si pagano le tasse sui ricavi, non sul reddito. Credo che qualsiasi proprietario sappia bene quali botte possono essere spese per guasti e lavori, in particolare condominiali. Di conseguenza capita, e pure spesso, che qualche anno il reddito sia tutto mangiato da spese e tasse, se non negativo, basta il rifacimento di un lastrico solare. Come è capitato più volte a me, che per alcuni anni ci ho rimesso. Poi ho venduto.

    • Vero. Qui in Germania la gestione di un immobile è considerata agli effetti fiscali un’attività commerciale e quindi tutte le spese riguardanti l’immobile vengono detratte dai ricavi per ottenere l’utile che poi viene tassato assieme agli altri redditi e quindi proporzionalmente. L’effetto evidentemente positivo per il fisco è che per qualsiasi lavoro necessario il proprietario pretende una regolare fattura. Gli affitti in nero sono solo a livello di delinquenza per un semplice motivo: il fisco funziona. Se gli affitti incassati sono tropo bassi rispetto a quelli ottenuti nella stessa zona, ad esempio,, si riceve un sollecito e un invito ad adeguarli. Se non lo si fa, ci si può aspettare un controllo fiscale a breve termine.

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