Gli effetti sull’economia reale sono stati peggiori, ma il sistema bancario italiano ha retto meglio alla grande recessione rispetto alla grande depressione degli anni Trenta. Merito di vigilanza bancaria e regole sul capitale più stringenti.

La “guerra dei sette anni” italiana

Dopo la crisi finanziaria globale scatenata dal fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008, l’economia mondiale è stata colpita dalla grande recessione. Guardando alla contrazione di Pil, consumi e investimenti, nella gran parte dei paesi la grande recessione è stata di intensità minore rispetto a quanto osservato durante la grande depressione negli anni Trenta del Novecento. Il merito va attribuito a politiche monetarie e fiscali espansive, che non hanno ripetuto gli errori compiuti da banche centrali e governi durante gli anni Trenta, dopo il crollo della borsa di New York nel 1929.

Un’eccezione è l’Italia: come ha sottolineato spesso Gianni Toniolo, scomparso nel novembre scorso, in Italia si dovrebbe parlare – per gli anni compresi tra il 2007 e il 2014 – di una nuova grande depressione. Il periodo 2007-2014 è stato considerato la nostra “guerra dei sette anni”: la contrazione del reddito nazionale e della capacità produttiva dell’economia è stata maggiore di quella osservata negli anni Trenta del Novecento. Come ha scritto Toniolo, quella che chiamiamo “grande recessione” è stata in realtà la crisi più grave dell’economia italiana dall’unificazione.  

Il confronto tra due crisi

Molte analisi hanno confrontato gli andamenti delle economie reali nella grande recessione e nella grande depressione. Sono invece rari gli studi dedicati ai sistemi bancari. In un recente lavoro abbiamo riassunto alcune evidenze sul tema. Il nostro contributo confronta i principali aggregati bancari nella grande depressione, dal 1929 al 1936, e durante la grande recessione, dal 2007 al 2014. Utilizziamo sia dati macroeconomici sia informazioni individuali sui bilanci delle banche. Tenendo conto della cautela necessaria per confrontare due periodi così lontani nel tempo, le nostre conclusioni principali sono due. 

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Primo, i prestiti bancari si sono contratti di più durante la grande depressione che negli anni a noi più vicini (figura 1, parte A). A causa delle crisi bancarie, i depositi erano nel 1936 minori del 1929, mentre dal 2007 al 2014 i depositi sono cresciuti (figura 1, parte B), così come il totale della raccolta bancaria. I fallimenti bancari sono stati più intensi nella grande depressione che nella grande recessione, in termini di intermediari coinvolti e di loro incidenza sul totale dei depositi.

Secondo, esercizi econometrici mostrano che durante la grande recessione le banche con maggiori livelli di patrimonializzazione hanno erogato più credito delle banche con minore capitalizzazione, a parità di altre condizioni. Al contrario, la debolezza dell’apparato di vigilanza negli anni Trenta consentì anche a banche con scarso patrimonio di erogare credito, in linea con i comportamenti delle banche più patrimonializzate. I risultati tengono conto del rischio assunto dalle banche prima delle crisi; sono robusti all’utilizzo di stimatori diversi e di datazioni diverse delle crisi (ad esempio datando la grande depressione dal 1929 al 1934, o dal 1930 al 1936, e la grande recessione dal 2008 al 2014 o dal 2008 al 2016).

In sintesi, l’apparato istituzionale in vigore – vigilanza bancaria e regole sul capitale – ha fatto sì che il sistema bancario reggesse meglio alla grande recessione che alla grande depressione, malgrado l’impatto della prima sull’economia reale sia stato più forte rispetto a quello osservato negli anni Trenta. 

Figura 1 – Prestiti e depositi durante la grande depressione e la grande recessione

(numeri indice: 1929=100 and 2007=100)

Fonte: De Bonis et Al. (2012) per i dati sull’intero sistema bancario fino al 2006;

Statistiche armonizzate europee sui bilanci bancari dal 2007 in poi;

Cotula et al. (1996) e Natoli et al (2016) per i dati sulle società ordinarie di credito.

* Le opinioni sostenute dagli autori sono personali e non coinvolgono l’Istituto di appartenenza

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