Contrasto ed emersione del lavoro nero sono possibili. Basta sapere come farlo. La digitalizzazione si configura come una risorsa fondamentale perché consente di velocizzare i processi e rende possibili azioni congiunte mirate a specifici settori.
Dov’è il lavoro nero
In un precedente articolo abbiamo svolto un semplice esercizio per mostrare come il contrasto al lavoro nero e il suo riassorbimento nel mercato del lavoro regolare sia di beneficio alla popolazione lavorativa regolare. Con le risorse recuperate sarebbe possibile ridurre la pressione fiscale in modo proporzionale tra tutti i contribuenti. Ma quali sono le pratiche e le politiche da attuare per fare emergere il lavoro nero?
Per rispondere alla sfida, è necessario comprendere quali siano i principali settori colpiti dal fenomeno: per essere efficaci le politiche devono essere mirate.
Secondo la Relazione sull’attività svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro (2021), in Italia i più elevati indici di irregolarità si rilevano nell’edilizia e nel terziario, soprattutto in ristorazione, trasporto e magazzinaggio, e nelle esternalizzazioni e interposizioni illecite.
Il lavoro irregolare comprende ogni rapporto lavorativo non conforme alla legge in materia giuslavoristica, fiscale e contributiva. Il lavoro nero, in quanto parte del lavoro irregolare, riferisce ai soli rapporti privi di contratto di lavoro. Sulla totalità del lavoro irregolare, la quota di lavoro nero è del 38 per cento in agricoltura, del 33 per cento nell’edilizia, del 27 per cento nell’ industria e del 21 per cento nel terziario. Secondo Istat (2022), il valore aggiunto generato dal lavoro irregolare ha un’incidenza maggiore nel caso degli “altri servizi alle persone” (22 per cento del totale), all’interno del quale il lavoro domestico assume un peso rilevante. L’impiego di lavoro nero differisce anche su base interregionale.
Figura 1 – Tasso di irregolarità e percentuale di lavoro nero sul totale delle irregolarità, per regione
Come evidenziato nella figura 1, l’irregolarità è maggiore al Nord-Est (70 per cento), ma l’incidenza del nero è superiore al Sud (44 per cento), con picchi del 59 per cento in Calabria. Secondo il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sono soprattutto donne, giovani, migranti e persone meno istruite a essere coinvolte nel fenomeno.
Le azioni di contrasto
Individuare i casi e i settori più caratterizzati dal lavoro nero fa parte delle azioni da attuare per il contrasto. All’interno del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso, di cui l’Italia si è dotata recentemente, sono introdotte azioni mirate e incentivi specifici destinati alle famiglie che ricorrono al lavoro domestico e politiche attive per il lavoro pensate per i lavoratori più fragili, in particolare quando si tratta dello sfruttamento in agricoltura e del caporalato (sui quali è stato previsto un piano apposito). Nell’ambito dell’edilizia si è disposta la verifica della congruità tra l’impiego della manodopera nella realizzazione di lavori edili e l’incarico affidato, nonché la subordinazione dell’accesso ai benefici fiscali all’applicazione dei contratti collettivi più rappresentativi. Sul fronte delle esternalizzazioni, è stato realizzato un applicativo (Monitoraggio Congruità Occupazione Appalti) volto a ricostruire la catena di soggetti coinvolti nell’esecuzione di contratti di appalto, per individuare la manodopera adoperata.
In secondo luogo, specifici modelli di valutazione del rischio permettono di aumentare il tasso di successo delle ispezioni svolte dalle istituzioni preposte, di accrescere il rapporto costi-benefici, riducendo le ispezioni non necessarie, e di disporre dei dati necessari per l’elaborazione delle politiche strategiche.
Un’azione a ciò connessa consiste nel ricorso al data mining. Mediante strumenti di analisi dei dati è possibile comprendere il fenomeno e svolgere sia analisi esplicative sia predittive. Un esempio si riscontra nello strumento “Mining Watch” adottato dal Belgio. In Italia l’Agenzia delle entrate si è posta l’obiettivo di ricorrere a tecniche di intelligenza artificiale, machine learning, analisi delle relazioni e text mining.
In terzo luogo, la collaborazione tra ministeri, istituzioni e dipartimenti, e un confronto tra paesi, nell’alveo dell’Unione europea, può garantire coordinamento nelle strategie da adottare. Collaborazione e scambio tra diversi soggetti consentono un migliore accesso ai dati e alle informazioni necessarie per il contrasto al lavoro nero e per attuare strategie congiunte. Esempi si riscontrano in Francia e in Norvegia. In Italia si vuole realizzare il Portale nazionale del lavoro sommerso, all’interno del quale dovranno confluire le informazioni risultanti dalla vigilanza svolta dall’Ispettorato nazionale del lavoro, dall’Inps e dall’Inail, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di finanza.
In generale, la digitalizzazione è uno strumento fondamentale nel contrasto al lavoro nero. Oltre a essere utile nelle misure sopra esposte, può essere funzionale in attività di monitoraggio anche quando si tratta di transazioni finanziarie. I metodi di pagamento digitali consentono di identificare le attività sospette.
In sintesi, fare emergere e contrastare il lavoro nero è possibile se si adottano le strategie per comprendere il fenomeno e per arginarlo. La digitalizzazione è, in questo contesto, fondamentale, perché consente di velocizzare i processi e di utilizzare ambienti e piattaforme tramite i quali i decisori politici possono attuare azioni congiunte con altri organismi e mirate a specifici settori. Il ricorso all’intelligenza artificiale e le metodologie di raccolta e analisi dei dati sono altrettanto fondamentali e strategiche, aprendo a prospettive di impiego interessanti.
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