Il rapido rialzo dei tassi di interesse e dell’inflazione porterà mutamenti significativi nello shadow banking e nella finanza alternativa, in particolare con ricadute sulle start-up innovative. Cambiamenti in vista anche per le banche commerciali.
La crisi nello shadow banking
Ha origine dal sistema bancario ombra (shadow banking) il vero problema dell’attuale crisi, come ha sottolineato Gita Gopinath, già capo economista del Fondo monetario internazionale, durante gli incontri di Davos in gennaio. Il settore è una gigantesca e fortemente interconnessa struttura, di cui non si conosce la natura né la reale dimensione – si stima sia oltre tre volte più grande del sistema bancario mondiale tradizionale -, né sono chiari i rischi, a livello nazionale e globale, che potrebbero scaturire all’insorgere di problemi al suo interno.
Il sistema bancario ombra include un vasto numero di attività finanziarie, tra cui i finanziamenti del credito al consumo e delle carte di credito, i prestiti per l’acquisto di automobili e i prestiti agli studenti. Le attività sono svolte da imprese finanziarie con modelli di business di tipo unicamente platform-based (le fintech), la cui rilevanza si evince dagli investimenti che hanno attratto nell’ultimo decennio (figura 1). Parte di loro compete con le banche tradizionali per effetto di costi operativi più bassi, pur avendo fonti di finanziamento molto più costose.
Nello shadow banking rientrano poi sia il variegato mondo degli hedge fund sia le numerose operazioni di finanziamento alle piccole imprese innovative da parte dei fondi di venture capital: è in quest’ultimo contesto che si è realizzato il fallimento della Silicon Valley Bank che ha anticipato l’effetto a cascata che si potrebbe avere su tutto il comparto della finanza alternativa.
In seguito alla repentina svolta al rialzo dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, lo shadow banking ha già dato avvisaglie di sofferenza ben prima del tracollo della Svb: basta citare il fallimento a catena di diverse borse delle cripto-valute, che ha raggiunto il suo culmine con la debacle finale di Ftx, la borsa più grande a livello mondiale, e la crisi dei fondi pensione britannici, che ha rischiato di portare al collasso l’intero sistema finanziario inglese.
Gli scenari del prossimo futuro
Questo terremoto nel sistema bancario mondiale poteva essere previsto guardando alle implicazioni di una certa letteratura scientifica. Per esempio, due di noi hanno studiato la ristrutturazione dei grandi conglomerati bancari avvenuta tra il 2005 e il 2016.
I risultati di quello studio possono aiutare a comprendere gli attuali scenari. In primo luogo, i grandi conglomerati bancari hanno venduto le divisioni di investment banking perché lo consideravano un business rischioso e molto competitivo, un aspetto che forse Credit Suisse non aveva ben compreso, e abbiamo appena visto come è andata a finire. Secondo, sorprendentemente, dove e quando è stato possibile e soprattutto durante gli anni della grande crisi finanziaria, i grandi conglomerati bancari hanno venduto parte delle loro attività tradizionali bancarie. Le scelte di disinvestimento sono state dettate essenzialmente da due ragioni. La prima è l’entrata nel mercato delle imprese fintech (gli esempi in Europa sono tanti e la figura 2 ne illustra solo una parte) che offrono servizi bancari a più basso costo; ma, soprattutto, l’ingresso di imprese tecnologiche, le big tech companies, che nel mondo della finanza e del banking sfruttano l’immensa quantità di dati relativi alla loro clientela. Si pensi alle iniziative nel settore finanziario delle cosiddette Gafam (Google-Apple-Facebook-Amazon-Microsoft).
Tutto ciò spiazza da tempo le banche tradizionali, che devono inseguire le imprese tecnologiche, cercando di emularle, e quindi realizzando importanti investimenti nella digitalizzazione sino a chiudere le loro filiali. La seconda ragione dei disinvestimenti è l’enorme peso dei costi imposti dalla regolamentazione sulle banche tradizionali.
Cosa ci dobbiamo aspettare da questa svolta nell’organizzazione della finanza e del banking mondiale? Nel futuro prossimo, lo spartiacque creato dal rialzo rapido e significativo sia dei tassi d’interesse che dell’inflazione farà molte vittime.
Si vedranno soprattutto nei settori “fragili” dello shadow banking e della grande finanza alternativa ove, già lo scorso anno, è crollato il flusso della raccolta di capitale e soprattutto degli investimenti verso le imprese innovative che realizzano la gran parte della ricerca e sviluppo, vero motore per la crescita dell’economia e dell’occupazione. Questi effetti a cascata stanno ridimensionando le valutazioni stellari di quelle chimere conosciute come “unicorni”, imprese spesso indicate con valori superiori al miliardo di dollari che hanno generato perdite per gli investitori per diversi anni prima di arrivare al successo. D’altro canto, gli effetti del terremoto colpiranno anche le piccole realtà con buone idee che si vedranno negare i prossimi “round” di finanziamento perché oramai il capitale di rischio scarseggia e gli investitori preferiscono le attività più o meno prive di rischio a tassi che però continueranno a salire.
In questo probabile scenario dei prossimi due-tre anni, che ruolo avranno le banche commerciali? Se non lo hanno già fatto, dovranno definire una chiara strategia di sviluppo basata sulla innovazione tecnologica, offrire alla clientela servizi efficienti a costi ragionevoli al fine di mantenere il loro franchise value, che potrebbe altrimenti dissolversi. Il banking è sempre stato un’attività rischiosa, ma oggi più che mai abbiamo bisogno di manager nuovi e preparati che sappiano disegnare e gestire il “modern banking” del prossimo futuro.
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Savino
Ci tocca tutto questo perchè i Governi non stanno combattendo l’inflazione a modo, con l’introduzione di criteri di trasparenza sui prezzi, di maggiore concorrenza nei mercati – senza favorire i profitti dei monopolisti multinazionali – e con delle politiche dei redditi che rivalutino i salari e ne garantiscano il potere d’acquisto (compreso qualcosa che somigli alla vecchia scala mobile). Di conseguenza, i banchieri centrali stanno intervenendo, con il rialzo dei tassi, in sostituzione di Governi che avvantaggiano le solite lobbies a discapito dell’intera popolazione che l’inflazione la subisce.