Il 2013 è un anno di svolta per il dottorato di ricerca italiano, nato solo all’inizio degli anni Ottanta. La nuova procedura di accreditamento porta a una razionalizzazione del numero di corsi e di iscritti. La situazione nei dati del rapporto Anvur.

I dati del rapporto Anvur

Il rapporto Anvur 2023 sul sistema della formazione superiore e della ricerca riporta, tra l’altro, la serie storica del numero di corsi e di iscritti al dottorato di ricerca, dal 2011-2012 al 2022-2023 (rispettivamente, grafico 1.4.1 e 1.4.4 della versione di sintesi disponibile on line). Entrambe le serie storiche mostrano una netta diminuzione tra l’anno accademico 2012-2013 e il successivo, dovuta, come scrive il rapporto, a un cambiamento istituzionale: l’introduzione nel 2013 di una procedura di accreditamento, gestita dalla stessa Anvur per conto del ministero.

La decrescita di corsi e iscritti registrata tra 2013 e 2014 è la prima nella storia del dottorato italiano, nato solo all’inizio degli anni Ottanta, in netto ritardo rispetto ad altri paesi. La partecipazione era aumentata lentamente negli anni Ottanta e Novanta, ed era poi esplosa con la legge 210 del 1998, che dava alle università la possibilità di istituire corsi dottorali in modo relativamente autonomo e di creare posti senza borsa associata, mentre in precedenza l’avvio di nuovi corsi era subordinato al nullaosta del ministero e tutti i dottorandi, senza eccezioni, dovevano essere dotati di una borsa di studio. L’aumento della partecipazione è stato più forte nelle materie più deboli sotto il profilo occupazionale (umanistiche, scienze sociali, giurisprudenza), e si è associato, come prevedibile, a un peggioramento, non forte ma significativo, delle prospettive occupazionali dei dottori.

Negli anni Duemila la partecipazione era all’incirca triplicata, per poi stabilizzarsi all’inizio del decennio successivo, fino alla discesa documentata dal rapporto. Dopo il 2013, il numero dei corsi resta stabile e torna ad aumentare solo dopo il 2016-2017, pur rimanendo a livelli inferiori di quasi il 30 per cento rispetto a prima dell’introduzione dell’accreditamento. Il numero degli iscritti, invece, riprende a crescere immediatamente e alla fine del periodo risulta superiore di un buon 5 per cento rispetto al periodo pre-accreditamento.

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In sostanza, la reintroduzione di vincoli centrali ha favorito un consolidamento dell’offerta (o una sua “razionalizzazione”, per citare il rapporto), per cui oggi un più alto numero di studenti frequenta un numero più basso di corsi.

Le aree Stem guadagnano iscritti

In linea di principio, si tratta di un cambiamento in meglio, perché si creano economie di scala nell’insegnamento, si favorisce la collaborazione tra compagni di corso e si creano reti personali che saranno utili sia ai dottori che ai loro datori di lavoro. In termini organizzativi, ci si allontana dal modello tradizionale, basato sui legami personali tra dottorandi e supervisor, verso un modello più moderno, che rende il dottorato più simile, in termini organizzativi, ai corsi di livello inferiore. 

Purtroppo, il rapporto Anvur non disaggrega i dati per area disciplinare. L’analisi per discipline si trova invece nel recente rapporto dell’osservatorio Mheo (Milan Higher Education Observatory), che mostra aspetti molto interessanti: la composizione degli iscritti ai dottorati si è spostata verso le aree Stem (science, technology, engineering and mathematics), a svantaggio di quelle umanistiche e delle scienze sociali. In altri termini, il processo di consolidamento non è solo quantitativo, ma anche qualitativo: non a caso, crescono le aree che garantiscono agli studenti esiti occupazionali più vicini alle loro aspettative, perché danno loro competenze più richieste dal mercato del lavoro. Il cambiamento, però, implica anche una (leggera) riduzione della proporzione delle donne iscritte ai dottorati rispetto a quella degli uomini. 

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