Il Sistema sanitario nazionale va preservato. Per farlo serve una programmazione sanitaria che tenga conto delle previsioni demografiche e di domanda. Il contrario di quello che avviene oggi, quando si chiedono più medici, mentre mancano gli infermieri.
La situazione per i medici
Il dibattito sulla carenza di professionisti sanitari in Italia è provinciale e semplicistico. Una discussione più approfondita si può aprire partendo dai dati dell’Ocse, i più affidabili e con le serie storiche più lunghe. Se ne ricava, ad esempio, che l’Italia ha un numero di medici per mille abitanti in linea con la media dei paesi sviluppati.
Figura 1 – Medici per 1000 abitanti, 2010 e 2020 (o anno più vicino)
La dotazione italiana di medici praticanti è più alta di quella di Olanda, Slovenia, Belgio e Francia. Meglio dell’Italia, se così si può dire, fanno Grecia, Norvegia, Svizzera e Islanda.
La Grecia non ha ancora oggi il numero chiuso a medicina. Norvegia e Islanda sono paesi molto ricchi e con una densità abitativa bassissima; la dispersione della popolazione richiede una capillarità della distribuzione dei medici, malgrado l’utilizzo della telemedicina. La Svizzera ha un sistema sanitario molto complesso e dominato dalle assicurazioni private. Qui l’ipotesi più probabile è che vi sia sovra-produzione di servizi sanitari con conseguente eccesso di domanda di medici.
Un problema specifico dell’Italia è l’elevata età media dei medici, frutto di politiche di programmazione e posti nelle scuole di specialità miopi, quando non addirittura coscientemente sbagliate.
Una possibile soluzione potrebbe essere un temporaneo innalzamento dei numeri degli studenti di medicina, ben calibrato su un’analisi della futura domanda nelle diverse specialità, tenendo anche conto che l’effetto di lungo periodo dell’intelligenza artificiale dovrebbe andare verso la diminuzione generalizzata del fabbisogno di medici.
Mancano gli infermieri
Al contrario di quanto accade per i medici, la situazione delle professioni infermieristiche è ben più grave.
Figura 2 – Infermieri per 1000 abitanti, 2010 e 2020 (o anno più vicino)
L’Italia è sotto di due infermieri per mille abitanti rispetto ai paesi dell’area Ocse. Mancano in sostanza 12 mila infermieri. Tutti i paesi comparabili al nostro per Pil pro capite ne hanno un numero superiore, fino ad arrivare alla Germania, che ha il doppio del valore italiano.
Si tratta di numeri che parlano da soli e indicano come l’attuale dibattito sia malinformato e foriero di scelte sbagliate. E anche in questo caso occorre tenere in conto gli effetti dell’intelligenza artificiale: in futuro ci sarà un crescente bisogno di personale che stia vicino ai malati e ai fragili, effettui le prestazioni, aiuti pazienti e caregivers a migliorare l’aderenza terapeutica.
Il dibattito è semplicistico perché rimane in mano ai soliti noti: esperti non preparati in programmazione sanitaria, che include capacità modellistiche di previsioni demografiche e della domanda, e spesso con pesanti conflitti d’interesse. Sono infatti gli stessi medici, generalmente universitari, a definire le politiche sul personale. Alcuni esempi: mancano le scuole di specialità per i medici di medicina generale perché le associazioni di categoria vogliono essere coinvolte nella formazione in scuole regionali e sono pochissime le cattedre di medicina di famiglia; gli anestesisti, soprattutto nelle zone dove il privato è molto forte, sono usciti dal pubblico perché lavorare a gettone è molto più remunerativo. Ragionamenti per certi aspetti simili si possono fare per ginecologici e oculisti.
In tutto il mondo si chiedono come il Sistema sanitario nazionale italiano regga a una situazione di sotto-finanziamento così grave. È difficile dare una risposta: forse, semplicemente, perché è il frutto di una grande riforma realizzata nel 1978, approvata da quasi tutto il Parlamento e dopo un lavoro preparatorio durato 30 anni. Tuttavia, se non gestito bene il Ssn rischia di implodere, malgrado popolazione e politica concordino sul suo grande valore.
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Savino
Togliere il giocattolo della sanità dalle mani delle Regioni. Liberare le energie, togliendo il numero chiuso a medicina, a differenza di quello che dicono i baroni. Ripristinare contatto con i territori e fare in modo che il paziente, molto prima di sentire i sintomi di una patologia, abbia un approccio agevole con la medicina, fin dall’età della scuola, con controlli periodici e sedute personalizzate, compresa la dieta consigliata.
enzo de biasi
E’ vero la programmazione è pressochè assente e quando c’è sono gli stessi operatori, soprattutto medici a deciderla. Nel 1978 la riforma sanitaria essendosi ispirata al modello britannico del NHS (national health service) prevedeva all’inizio che il rapporto esclusivo di lavoro dei medici con l’ospedale. Era ed è uno dei cardini rimasti anche nel 2023 nel NHS, ma non nel SSN, dove i medici hanno facoltà di operare intra-moenia (esercitare attività libero professionale all’interno dell’ospedale) e se autorizzati anche nel proprio ambulatorio privato. In proposito è interessante la recente sentenza della Cassazione ( nr. 19129/2023) che mira a ripristinare un mero criterio di buon senso. Risultato attuale, chi paga le tasse paga due volte dato che le liste d’attesa sono molto lunghe e se un cittadino necessita di un intervento o si appresta ad aspettare anche qualche anno oppure paga vuoi il tichet vuoi un costo maggiore andando verso il privato. Ecco un primo intervento da farsi subito, con adeguati aumenti degli stipendo dei medici ospedalieri che sono i più sottopagati in Europa. Altra questione da affrontare seriamente è , come ha evidenziato un recente rapporto della Corte dei Conti , difficile garantire prestazioni sanitarie standard lungo in modo uniforme in tutta la penisola se il SSN è spezzettato in 21 modelli sanitari regionali, anche perchè essendo lo stato che paga la sanità pubblica quando il budget è sforato (16 regioni su 21) invece che ricorrere alla pur limitata autonomia fiscale; nessuno dei Predienti di Regione con i bilancio in rosso o rpofondo rosso ricorre all’ncremento dell’addizonale IRPEF Regionale ma tutti vanno a batter cassa a Roma.
Carmine Meoli
Osservazioni e valutazione fondate è importanti.
Da tempo mi chiedo e sulle ovwrhead come siamo messi ? Non vi sono margini di efficienza ? Neppure con la digitalizzazione ? Se racconto il processo per far ottenere ad un infortunato operato all’anca semplici strumenti per vivere in caso nel post intervento rimarremmo sconcertati .
Emilio Ferretti
Molto del ssn si regge ( ancora per poco) sulle spalle dei medici ospedalieri che lavorano molto di più di quanto dovrebbero . Il contratto dirigenziale ” omnicomprensivo” fa sì che non abbiano limiti orari nel prestare la propria opera.
Per certi versi pur con regole contrattuali diverse gli infermieri subiscono la stessa sorte.
Pierantonio Zanon
Se abbiamo 2 infermieri in meno ogni 1000 abitanti, la carenza rispetto alla media europea è di 120.000 lavoratori.