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Accisa mobile, governo fermo

A determinate condizioni il governo potrebbe far scattare l’accisa mobile sul prezzo dei carburanti. Un piccolo sconto per tutti non è la scelta migliore. Le risorse andrebbero indirizzate alle famiglie in difficoltà e a favore del risparmio energetico.

Prezzo dei carburanti sempre più alto  

L’estate è ormai finita, ma i prezzi dei carburanti non accennano a diminuire, anzi. Il prezzo della benzina in self service ha superato la soglia, psicologica e mediatica, di 2 euro/litro in media nazionale, siamo ai massimi dal 15 luglio 2022, quando però era in vigore il taglio dell’accisa di 25 cent/litro (30 Iva inclusa). Allora il prezzo senza sconto avrebbe superato i 2,3 euro/litro. Il gasolio è al massimo del 2023, nonostante il calo delle quotazioni dei prodotti raffinati: superato con slancio il picco dell’anno toccato a fine gennaio nei giorni della merla. Il Brent si aggira intorno ai 94 dollari.

Il livello dei prezzi è dunque alto (anche se non altissimo), su diverse metriche. Ed è giustificato l’allarme sociale e la conseguente attenzione dei giornali.

Cos’è l’accisa mobile  

Anche il prezzo del greggio è relativamente alto, e lo è in particolare rispetto al livello di guardia che farebbe scattare la cosiddetta accisa mobile.

La norma fu introdotta con la legge finanziaria 2008 (legge 244/2007) e attuata per la prima e ultima volta (prima del maxi taglio deciso dal governo Draghi nel marzo 2022) nel marzo del 2008, con decreto interministeriale firmato da Vincenzo Visco (viceministro dell’Economia e delle Finanze) e Pier Luigi Bersani (ministro dello Sviluppo economico). Uno sconto di due centesimi al litro (Iva inclusa) che durò poco più di un mese, dal 20 marzo al primo maggio, grazie a un gettito extra di 163,02 milioni di euro accumulato nei primi due mesi del 2008, quando il Brent superò i cento dollari al barile, alla fine di febbraio, prima della grande crisi finanziaria. Il meccanismo è stato modificato lo scorso gennaio dal governo con il decreto Trasparenza, quello con cui è stato introdotto l’obbligo del cartello con il prezzo medio regionale dei carburanti sui punti vendita, criticato dai distributori, ma anche dall’Autorità antitrust.

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La norma stabilisce che il governo può – non “deve” – far scattare l’accisa mobile se il prezzo medio del Brent in euro dell’ultimo bimestre supera il livello indicato nell’ultimo Documento di economia e finanza (Def). Superato il livello, il gettito “extra” dell’Iva, generato dall’aumento dei prezzi petroliferi, rispetto a quanto previsto dal governo nel Documento di programmazione economica, può essere riversato sulle accise per ridurre temporaneamente le aliquote e far così scendere i prezzi dei carburanti alla pompa o contenerne l’aumento. Per inciso, ricordiamo che la componente fiscale del prezzo è data dall’accisa, in quota fissa per litro (storicamente tra le più alte tra i paesi dell’Unione europea), e dall’Iva al 22 per cento, che viene calcolata sulla somma di prezzo netto e accisa. È unitaria almeno dal 1995, e dunque sono insensati i riferimenti che ancora puntualmente si leggono al finanziamento della guerra di Etiopia del 1935 (eliminata peraltro alla fine del 1936) o alla ricostruzione per il terremoto del Belice o dell’Irpinia.

Le incognite  

Sul calcolo dell’accisa mobile, vi sono tuttavia almeno un paio di incognite. La prima è relativa al “precedente bimestre”: cosa si intende? Il bimestre di calendario (quindi, attualmente, luglio-agosto) o la media mobile degli ultimi due mesi (quindi, attualmente, 15 luglio-15 settembre)?

Nel primo caso la media è poco superiore ai 75 euro, è inferiore al livello indicato nel Def (77,4 euro) e non ci sono quindi le condizioni per attuare l’accisa mobile. Nel secondo caso la soglia sarebbe già stata superata mercoledì 13 settembre, quando la media mobile si è attestata a 77,8 euro.

Nel secondo caso incappiamo in un’altra incognita: come si calcola l’extra gettito? E quindi quanti sarebbero i soldi a disposizione da riversare sull’accisa per ridurre il valore dell’aliquota?

Tecnicismi a parte, è importante soffermarsi ancora una volta sull’opportunità o meno di intervenire di nuovo sulle accise, e sulla possibilità di utilizzare in modo più mirato l’eventuale extra gettito Iva generato dall’aumento dei prezzi. C’è ad esempio una norma della Finanziaria 2007 (legge 296/2006), mai attuata, che stabilisce che il maggiore gettito fiscale derivante dall’incidenza dell’Iva sui prezzi di carburanti e combustibili di origine petrolifera, in relazione ad aumenti del prezzo internazionale del petrolio greggio, sia destinato alla costituzione di un apposito fondo da utilizzare a copertura di interventi di efficienza energetica e di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali. In proposito ci sono già state le dichiarazioni dei ministri Adolfo Urso (Imprese e made in Italy) e Francesco Lollobrigida (Agricoltura); quest’ultimo anche fatto riferimento all’utilizzo della carta “Dedicata a te” con un contributo “una tantum” del valore di 150 euro.

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Si utilizzerebbe così l’extra gettito non per avere uno sconticino per tutti sul prezzo alla pompa, ma per aiutare in modo più sostanziale le persone e le famiglie in difficoltà e incentivare il risparmio energetico. I segnali dai mercati petroliferi sono prevalentemente rialzisti, potrebbe essere dunque il caso di aggiornare la norma, con riferimento al Def corrente, rendendola strutturale, ed evitando un sussidio a pioggia – che oltretutto difficilmente potrebbe reggere il confronto con lo “sconto” introdotto da Mario Draghi nel 2022.

Sconto che, ricordiamolo, era stato deciso per contenere le spinte inflattive (e crediamo sia stato efficace). Oggi i livelli di prezzo sono alti, ma non come allora – benché il gasolio preoccupi – ma appunto già sufficienti per aiutare i più bisognosi.  

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Delega fiscale: più ombre che luci nella tassazione delle imprese

  1. Savino

    Certamente sarebbe utile eliminare il costo dovuto a ex emergenze che appartengono alla storia, ma resta il problema di una materia prima che ci fanno pagare tanto e di speculazioni contingenti mai controllate. Sono rincarati pure i prodotti a km 0, eppure non dovrebbero avere il carico delle spese di carburante per trasportarli.

  2. Firmin

    Si dice che in una democrazia le leggi stabiliscono solo quello che è vietato mentre in una dittatura quello che è permesso. La norma sull’accisa mobile non appartiene neanche a quest’ultima categoria perchè conferisce al governo una facoltà che aveva anche prima. Quindi è un puro sperpero di tempo per i tecnici che l’anno scritta e i parlamentari che l’hanno discussa. Un eventuale buono carburante riservato ai meno abbienti non sarebbe da meno perchè produrrebbe molta burocrazia e molti favori agli evasori per ottenere lo stesso effetto di un normale sgravio fiscale per i redditi più bassi. Il bilancio di una famiglia o di una impresa, infatti, non è costruito a compartimenti stagni e quindi un piccolo contributo su una voce di spesa (soprattutto se questa è piuttosto rigida, come l’esborso per i carburanti) libera semplicemente risorse per altre voci. Niente male per un governo che dice di volersi battere contro burocrazia e ostacoli a chi “ha voglia di fare”.

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