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La televisione del futuro*

Qual è il futuro della televisione nell’era digitale? Avrà ancora un ruolo? E il servizio pubblico? A queste domande cerca di rispondere il libro “La televisione del futuro”. Quattro le prospettive di analisi: tecnologica, economica, sociale e di policy.

La tv nella trasformazione digitale

La televisione, media universale e pervasivo nel mondo analogico, come vive questa fase di forte cambiamento collegata alla trasformazione digitale, che ha investito tutti i settori dell’economia e della società? I suoi modelli di comunicazione, che hanno avuto in passato un forte impatto nei comportamenti, nelle abitudini e nella vita delle persone, siano essi utenti/consumatori o cittadini, come si collocano e si modificano di fronte ai grandi processi d’innovazione che internet ha determinato? E il suo peso è destinato a ridursi all’interno del più ampio ecosistema digitale o può continuare a essere protagonista, come lo è stata per decenni nel mondo analogico? E ancora, in questa complessa trasformazione che investe la società e settori vitali e identitari, come quelli dell’informazione e della cultura, ha senso ancora parlare di servizio pubblico? Se sì, come deve cambiare per rispondere alle mutate domande e ai nuovi bisogni della società?

Sono queste le grandi questioni da cui muove il libro edito da Il Mulino La televisione del futuro. Le prospettive del mercato televisivo nella transizione digitale, frutto di un lungo lavoro di studio e riflessione portato avanti in questi anni dal Laboratorio dell’Ecosistema Digitale della Fondazione Astrid. 

Il ponderoso volume, oltre 600 pagine, più che dare risposte definitive, propone percorsi e chiavi di lettura per accompagnare il lettore in questo lungo viaggio. Sono quattro, infatti, le prospettive di analisi che caratterizzano le parti in cui è suddivisa la pubblicazione: tecnologico, economico, sociale e di policy. Il tutto però senza mai abbandonare un approccio interdisciplinare, che costituisce il valore aggiunto del libro, con il contributo di un ampio numero di eminenti esperti della materia che qui sarebbe troppo lungo elencare, oltre ai quattro curatori, Fernando Bruno, Vincenzo Lobianco, Antonio Perrucci e il sottoscritto.

Pur focalizzando l’analisi al profilo economico e di mercato, data anche la natura di chi ospita questo intervento, occorre comunque sottolineare come l’elemento tecnologico (parte coordinata da Vincenzo Lobianco) giochi un ruolo primario nel contesto digitale: i fenomeni di innovazione tecnologica hanno infatti contribuito più di altri a una ricollocazione della televisione nel più ampio processo di trasformazione digitale, a partire dalla convergenza tra reti e contenuti e il tema delle frequenze assume qui particolare rilevanza. 

Infatti, con la recente transizione al nuovo standard europeo di televisione digitale terrestre Dvbt-2 che ha sostituito il precedente Dvbt (Digital Video Broadcasting Terrestrial), in funzione in Italia dopo il completo passaggio dall’analogico al digitale avvenuto nel 2012, una partita importante e ancora da giocare fino in fondo è quella tra il mantenimento dell’uso televisivo di questa risorsa scarsa, come è avvenuto finora, e la (più o meno lunga) transizione verso utilizzi di telefonia mobile, già peraltro realizzati nella parte alta dello spettro (800Mhz) e che dovrebbero estendersi anche alla banda sub 700. È chiaro che questo aspetto rappresenta un elemento in parte decisivo nella rapidità o meno del processo di transizione dal modello broadcast, della tv tradizionale, a quello dello streaming, di cui abbiamo molto parlato su queste colonne.

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Il futuro della televisione 

In termini di mercato, il libro (parte 2) fa emergere i profondi cambiamenti del settore determinati soprattutto dall’entrata degli operatori over the top (Ott), in particolare le grandi piattaforme di servizi video, che hanno rivoluzionato l’offerta dei contenuti, esercitando una pressione competitiva crescente sui broadcaster tradizionali, attraverso nuove modalità di fruizione, sempre più on demand – a richiesta e frammentate, secondo la logica whenever, wherever and on any device (in ogni momento, in ogni luogo e su qualsiasi dispositivo).  

Gli effetti di queste trasformazioni sono stati amplificati dallo scoppio della pandemia, che nel panorama dei media rappresenta uno spartiacque tra il mondo del broadcasting tradizionale e il nuovo mondo della banda larga e dello streaming video.

Il consolidamento, la trasformazione del modello di business di abbonamento del video on demand (Svod tipo Netflix), le nuove abitudini dei consumatori e la crescente importanza della pubblicità online per alimentare i nuovi servizi Vod, nonché il nuovo ambiente del web 3.0 (intelligenza artificiale generativa e metaverso), tutti questi fattori avranno certamente un forte impatto sul mercato dei contenuti del futuro, aumentando la competizione tra gli operatori per catturare l’attenzione del consumatore, la vera grande sfida e l’obiettivo più impegnativo per gli anni a venire. 

In questo contesto rivestono un ruolo sempre maggiore le video sharing platform (come YouTube, TikTok, Twich, Vimeo, per citare le più conosciute) che offrono contenuti creati e postati direttamente dagli utenti (in gran parte strutturati in veri e propri «canali») e, seppur non possano essere qualificati come servizi di media audiovisivi, tendono a sostituirsi al consumo di quelli tradizionali, soprattutto da parte del pubblico più giovane, e in mobilità.

Tali piattaforme, proponendo un’offerta di contenuti personalizzata per ogni utente grazie agli strumenti di IA generativa e in considerazione del target di riferimento, rappresentano un potente strumento di influencer marketing e drenano una larga fetta di risorse della pubblicità online.

Infine, un cenno a parte merita il settore dei videogiochi (anch’esso fuori dall’ambito dei servizi audiovisivi) che, insieme alla pubblicità online, ha registrato i più alti tassi di crescita nell’intero comparto dell’intrattenimento e media raggiungendo i 214,2 miliardi di dollari nel 2021. 

I videogiochi, infatti, assumono caratteristiche sempre più simili alla produzione dei contenuti audiovisivi (con regie importanti e storie sempre più articolate e complesse, strutturate in «stagioni» come i capitoli delle serie e accompagnate dalla realizzazione di veri e propri eventi di spettacolo online) in termini di percezione da parte degli utenti che utilizzano analoghe modalità di consumo.

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Tali dinamiche aprono una serie di scenari in continua evoluzione, in cui gli operatori di mercato fronteggiano il clima di incertezza – aggravato dalle crisi geopolitiche ed economiche – alla costante ricerca di strumenti per attrarre e catturare l’attenzione dei consumatori, che evolve in modi rapidi e imprevedibili.

Rispetto ai social media, lo streaming video assomiglia ancora molto alla tv. Ma se i social media hanno aperto lo schermo televisivo per rendere i contenuti di tutti più accessibili, i videogiochi ci permettono di agire nel film. La Generazione Z (i nati dal 1995-2010 in poi) classifica i videogiochi come la loro forma preferita di intrattenimento.

Le prospettive in Italia

Come ricorda Franco Bassanini nella sua introduzione, il nostro paese si colloca all’interno di questo profondo processo di cambiamento, al contempo però evidenzia alcune specificità, quali il ruolo tuttora rilevante del digitale terrestre, la “resilienza” della tv generalista, ampiamente approfondita nella parte 3 curata da Fernando Bruno, all’interno di una larga analisi del mercato pubblicitario, e, infine, le problematiche regolamentari e di policy pubblica legate al crescente ruolo dei video streamer (Netflix & co) e delle piattaforme e a questo riguardo al loro impatto sul sistema dell’informazione, con i conseguenti rischi che ciò comporta (parte 4).

In questo senso, sottolinea Enzo Cheli nelle conclusioni, il tema cruciale oggi è divenuto quello delle piattaforme digitali e dei social network, cioè di una realtà dove la concentrazione monopolistica da contrastare non riguarda più le imprese del passato, che sono diventate troppo piccole, ma le imprese dei grandi gestori dei motori di ricerca e delle banche dati che operano al di fuori e al di sopra delle sovranità nazionali. Su questo piano le fonti europee (direttive e regolamenti) sono attualmente impegnate, più delle discipline nazionali, su una prospettiva di adeguamento alla nuova realtà e, pertanto, il primo obiettivo da perseguire dovrebbe oggi riguardare proprio un più completo e preciso allineamento della nostra normazione ai contenuti espressi da tali fonti.

* Augusto Preta è presidente chapter italiano dell’IIC e fondatore ITMedia Consulting, co-autore del libro.

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Una nuova cultura d’impresa per la transizione verde*

  1. giuseppe brunetti

    Articolo molto interessante. Sicuramente di grande attualità. Ricordo circa una ventina di anni fa’ che i ragazzi non guardavano più la T.V. tradizionale. Oggi possiamo aggiungere anche i non più giovani con un po’ di cultura. L’offerta in streaming e’ molto ampia. Molti giovani sono tornati alla lettura, compreso il sottoscritto, ( di non più giovane età). L’ offerta della televisione nostrana e’ molto scadente a parte qualche servizio culturale o d’inchiesta.

  2. emilio

    Vedo un grande pericolo che, purtroppo, sfugge alla percezione dell’opinione pubblica: che non sia piu’disponibile un canale di diffusione di notizie fruibili in forma anonima.
    Io mi ricordo che c’è stato un tempo in cui ascoltare radio Londra era reato, ma si poteva farlo di nascosto. Con le tecnologie proposte come “evoluzione?” Digitale questo non sara’ piu’ possibile.
    Chi ha a cuore la democrazia dovrebbe rivendicare il diritto di poter leggere, ascoltare, o vedere quello che vuole senza che chicchessia lo debba identificare. Credo che questo sia un diritto fondamentale.

    • Savino

      Concordo e aggiungo che i mass media debbono essere fruibili a tutti al massimo col solo costo dell’apparecchio che capta.

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