Dopo i primi due decreti legislativi, le prossime fasi di realizzazione della riforma fiscale richiederanno nuove risorse strutturali, tutte ancora da trovare. Sempreché l’attuazione della delega non si esaurisca in interventi meramente procedurali.

I primi due decreti legislativi

La riforma fiscale ha avviato i motori: nelle ultime settimane gli schemi dei primi due decreti legislativi di attuazione della legge delega (approvata ad agosto) sono stati ufficialmente trasmessi al Parlamento per il previsto parere. Si tratta dello schema di decreto (AC 88) che realizza il primo modulo di riforma dell’Irpef e cancella l’agevolazione Ace (aiuto alla crescita economica) per i redditi di impresa (d’ora in avanti Dlgs Irpef-Ace) e di quello (AC 90) che interviene in materia di fiscalità internazionale e che dà attuazione, tra l’altro, alla direttiva europea sulla Global Minimum Tax (d’ora in avanti Dlgs Fiscalità internazionale). È annunciata la presentazione a breve al Parlamento di ulteriori schemi di decreti, già discussi dal Consiglio dei ministri, riguardanti la semplificazione degli adempimenti, la revisione dello statuto dei diritti del contribuente, la riforma dell’accertamento e l’applicazione del concordato preventivo biennale.

I vincoli generali

Ma quali sono gli spazi finanziari effettivamente disponibili per l’attuazione della riforma fiscale? Dove andare a reperire le risorse strutturali necessarie per coprire le misure che determineranno riduzioni di gettito?

Per capire meglio la questione bisogna innanzitutto richiamare i vincoli generali fissati dalla legge delega sugli effetti finanziari che potranno derivare dalla sua attuazione. L’art. 22 (Disposizioni finanziarie) prevede che la realizzazione della delega non dovrà comportare:

  • nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
  • incrementi della pressione tributaria rispetto a quella risultante dalla legislazione vigente.

Dai due vincoli deriva che le misure di attuazione della riforma fiscale potranno alternativamente produrre:

  • un impatto neutrale sulla pressione tributaria, con interventi di riduzione del prelievo che verranno finanziati mediante interventi di aumento (contemporanei o precedenti ai primi);
  • un alleggerimento del prelievo, che tuttavia, visto il divieto di produrre nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, non può essere finanziato con indebitamente ma richiede adeguate coperture finanziarie.

Il primo scenario è altamente improbabile: la legge delega indica nella riduzione del carico fiscale uno degli obiettivi di riforma in generale del sistema tributario (art. 2) e in particolare dell’Irpef (art. 5). Peraltro, le misure di reperimento di risorse delineate dalla legge delega sembrano relativamente circoscritte (revisione delle tax expenditures Irpef).

Nel caso, assai più verosimile, in cui prevalga il secondo scenario, la delega indica una specifica fonte di copertura per le riduzioni di gettito: il “Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale” (legge 178/2020), che è alimentato dalle maggiori entrate permanenti che annualmente la Nadef stima come risultato del miglioramento dell’adempimento fiscale spontaneo dei contribuenti, fermo restando il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.

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La legge delega prevede che gli effetti finanziari della riforma (e l’indicazione delle eventuali coperture) siano quantificati nel momento della formulazione degli schemi dei decreti legislativi di attuazione, cioè nel momento in cui i principi generali enunciati nella delega vengono specificati in interventi concreti. Perciò, ora che gli schemi dei primi due decreti legislativi sono stati ufficializzati, è venuto il momento di fare il punto sullo stato e sulle prospettive del finanziamento della riforma fiscale.

Il finanziamento della riforma

Già prima della Nadef 2023 (deliberata nello scorso settembre), il “Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale” non presentava disponibilità utilizzabili per finanziare interventi strutturali e permanenti di riduzione della pressione tributaria (il capitolo di bilancio corrispondente evidenziava disponibilità per il solo 2024 e per di più di ammontare limitato). In aggiunta, l’ultima Nadef ha valutato che, almeno per quest’anno, non vi sono risorse aggiuntive per alimentare il Fondo e quindi, per questa via, per finanziare eventuali nuovi oneri derivanti dai decreti legislativi di attuazione della riforma.

A partire da questo quadro iniziale, che certamente non lascia alla riforma grandi spazi finanziari, il Dlgs Irpef-Ace (tabella 1) ha previsto una revisione dell’Irpef che determina una riduzione di gettito di più di 4 miliardi ma per il solo 2024. È chiaro che da una misura come questa per il governo sarà assai difficile “tornare indietro”: il risultato sarà dunque quello di gravare la finanza pubblica dei prossimi anni dell’onere di trovare coperture anno dopo anno per il primo modulo della riforma Irpef, a meno di non individuare una copertura strutturale. Soltanto per l’anno prossimo i 4 miliardi dell’alleggerimento Irpef sono stati coperti esaurendo le disponibilità residue del già richiamato “Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale” e del “Fondo per la riduzione della pressione fiscale” (istituito dalla legge 197/2022 e finanziato mediante la differenza tra saldi programmatici e saldi tendenziali di bilancio registrati nel biennio 2023-2024). Inoltre, lo stesso decreto Irpef-Ace ha cancellato in modo permanente l’agevolazione Ace e questo ha consentito di costruire un “tesoretto” di risorse strutturali per i prossimi anni che, a partire dal 2025, vanno ad alimentare un nuovo “Fondo per l’attuazione della delega fiscale” (come previsto dall’art. 22 della legge delega) per poco meno di 3 miliardi di euro.

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Nel Dlgs Fiscalità internazionale l’unica misura che ha effetti finanziari sostanziali è l’introduzione dell’Imposta minima nazionale (nell’ambito dall’attuazione della Global Minumum Tax) che determina nuove entrate a partire dal 2025 per poco meno di mezzo miliardo a regime (tabella 1). Le risorse aggiuntive, sulla cui quantificazione permangono peraltro elementi di incertezza, vanno anch’esse ad alimentare il tesoretto del nuovo “Fondo per l’attuazione della delega fiscale”.

Complessivamente, dunque, i primi due schemi di decreti legislativi offrono all’attuazione della riforma fiscale risorse aggiuntive per circa 3,5 miliardi a regime (tabella 1). Questi sono dunque gli spazi finanziari per ora disponibili per i prossimi interventi di attuazione della riforma fiscale. La percezione della dimensione di tali spazi è tuttavia falsata dal fatto che la revisione dell’Irpef è stata prevista limitatamente al solo 2024: già la messa a regime di questa sola componente della riforma più che esaurirebbe i fondi disponibili.

In conclusione, le prossime fasi di realizzazione della riforma fiscale – innanzitutto, un’ulteriore revisione dell’Irpef verso il modello dell’imposta ad aliquota unica – richiederanno sicuramente, in aggiunta alle eventuali maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento della compliance che potrebbero emergere nei prossimi anni, nuove risorse per la loro copertura, ancora tutte da individuare con precisione (il governo parla ufficiosamente di 900 milioni di maggiori entrate all’anno come risultato del concordato preventivo biennale e della revisione dell’accertamento). Sempreché l’attuazione della riforma non si esaurisca in interventi di natura meramente procedurale, senza costi per la finanza pubblica, lasciando a tempi finanziariamente migliori le misure di ridisegno dei tributi annunciate dalla legge delega.

Tabella 1Struttura finanziaria del Dlgs Irpef-Ace e Dlgs Fiscalità internazionale (milioni di euro)

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