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Una via d’uscita dal vicolo cieco del Superbonus

Una possibile soluzione alle problematiche del Superbonus è emettere un’obbligazione del debito pubblico da scambiare con i crediti d’imposta maturati. Il titolo, con durata decennale, sarebbe offerto a privati e imprese che hanno diritto alle detrazioni.

In cerca di una soluzione

La vicenda del credito d’imposta del 110 per cento maturato sugli interventi edilizi continua a essere al centro dell’attenzione. Una questione sulla quale si è alla ricerca di una soluzione riguarda la difficoltà di beneficiare dei crediti già maturati. È stata avanzata l’ipotesi di allungare a dieci anni il periodo entro cui portare in detrazione anche i crediti per i quali era prevista la possibilità di scontarli in quattro o cinque anni. La diluizione nel tempo dell’ammontare complessivo delle detrazioni aiuta i conti pubblici ad assorbirne l’onere. Può costituire anche una via d’uscita per quei proprietari di case che non riescono a cedere il loro credito e la cui capienza annua è insufficiente per beneficiare in un numero inferiore di anni dell’intero ammontare della detrazione. Non sembra però una soluzione per i soggetti che il credito non riescono a cederlo o non hanno alcuna capienza. Non lo è neanche per le imprese che hanno acquisito crediti, da portare in detrazione in quattro o cinque anni, con lo sconto in fattura: il costo della cessione del credito da scontare in dieci anni, ammesso che trovino chi è disposto ad acquistarlo, potrebbe avere conseguenze negative sui loro bilanci. Anche per i crediti “incagliati” la sola distribuzione della detrazione su un periodo più lungo non garantisce una via d’uscita.

Queste criticità sarebbero superabili intervenendo sulla lunghezza del periodo e consentendo la sostituzione dei soggetti originariamente titolari del diritto.

Trasformare il credito d’imposta in debito pubblico

L’ipotesi proposta non ha un aggravio per i conti pubblici, ma permette allo stato di onorare i suoi impegni, derivanti dall’applicazione, da parte di cittadini e imprese, delle disposizioni sui Superbonus.

Lo schema di lavoro cui di seguito si accenna può essere considerato un possibile sviluppo dell’ipotesi prospettata dal governo di emettere un’obbligazione del debito pubblico da scambiare con i crediti d’imposta maturati. In misura contenuta e differita nel tempo, la possibilità della trasformazione è già prevista dalla legge 38/2023 (di conversione del decreto legge 11/2023) che limita sostanzialmente la pratica dello sconto in fattura, la cessione dei crediti e la loro cartolarizzazione. Il titolo avrebbe una durata decennale e sarebbe offerto alla sottoscrizione dei soggetti che hanno diritto alle detrazioni. Per fronteggiare l’emergenza sanitaria dovuta al Covid19 furono emesse obbligazioni del debito pubblico per raccogliere i fondi necessari a finanziare le spese. Nel caso ora ipotizzato, con l’adesione all’offerta, ognuno accetta che il suo credito d’imposta sia fruibile in dieci anni, indipendentemente dal numero di anni previsti al momento in cui è maturato. Il titolo deve essere negoziabile, con un lotto minimo di negoziazione uguale a quello dei Bot e dei Btp, quindi pari a mille euro. Il sottoscrittore avrebbe tre opzioni di gestione del titolo posseduto, non necessariamente alternative: a) può portare in detrazione dell’imposta dovuta in un determinato anno fiscale una somma pari a un decimo dell’importo dell’obbligazione posseduta, con conseguente riduzione dello stesso ammontare del suo valore nominale; b) può detenere il titolo per l’intero ammontare, o per la parte non portata in detrazione, fino alla data prevista per il rimborso; c) può venderlo, anche frazionato, secondo le sue esigenze. L’acquirente subentra al venditore in tutti i diritti incorporati nel titolo.

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La spinta gentile del rendimento

L’opzione c) elimina il rischio di perdere il credito d’imposta a causa di un’incapienza, totale o parziale, originaria o sopraggiunta per uno o più anni nel periodo in cui il beneficiario del Superbonus dovrebbe avvalersi della detrazione. Per favorire la negoziazione delle obbligazioni sostitutive del credito d’imposta occorre una “spinta gentile”, che può essere data solo dal loro rendimento: deve essere superiore, anche leggermente, a quello dei titoli emessi nelle stesse condizioni di mercato e di pari durata, rispettando la condizione di neutralità per l’erario della trasformazione del credito d’imposta in debito pubblico. Il vincolo può essere rispettato tenendo conto che il credito d’imposta del Superbonus può essere scomposto in due parti: 1) una pari al 100 per cento della spesa sostenuta per la realizzazione degli interventi di cui si è voluta incentivare la realizzazione; 2) l’altra costituita da quel 10 per cento eccedente tale spesa, che avrebbe dovuto favorire la cessione del credito degli incapienti e, eventualmente, delle imprese che avessero applicato lo sconto in fattura. Il valore facciale dell’obbligazione di scopo dovrebbe essere pari all’ammontare della parte 1) del credito d’imposta. Se essa avesse lo stesso rendimento di un Btp ordinario, sarebbe difficile negoziarlo per chi rinuncia al credito d’imposta per sottoscrivere il debito pubblico. Il Btp di scopo deve avere un rendimento più alto per favorirne la negoziazione. Questo è possibile impiegando una frazione della parte 2) del credito d’imposta, per elevare il tasso di interesse del titolo.

Per semplificare, si ipotizzi che il ministero dell’Economia e delle Finanze emetta contemporaneamente due Btp decennali, uno ordinario e uno di scopo, del valore facciale di mille euro ognuno. Il Btp a dieci anni collocato il 31 ottobre scorso rende il 4,2 per cento annuo. Aumentando quello del Btp di scopo del 10 per cento, il tasso d’interesse diventa 4,62 per cento. Per l’insieme del decennio l’ammontare delle cedole sale a 462 euro (contro i 420 del Btp ordinario), di cui solo 42 euro come conseguenza della necessità di rendere più appetibile questo tipo di obbligazione rispetto a quella ordinaria. Quest’ultimo importo è pari a meno della metà dell’ammontare della parte 2) del credito d’imposta. La trasformazione del credito d’imposta in debito pubblico non comporta un onere maggiore per il bilancio pubblico finché il tasso di interesse premiale dei Btp di scopo non supera l’1 per cento; al di sotto di questo livello, l’attuazione dell’ipotesi qui abbozzata comporta sempre un risparmio per l’erario. E può aiutare a uscire da uno dei vicoli ciechi in cui è finita questa costosa e imprevidente politica.

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L’importo del credito d’imposta commutato diventa, ovviamente, un debito che lo stato deve interamente restituire. In sostanza tutto il credito d’imposta diventa “pagabile”. La trasformazione fa venire meno la speranza, che si può avere con i crediti “non pagabili”, che la perdita di gettito sia inferiore all’importo del credito per l’incapienza totale o parziale di chi ne ha diritto. Senza la trasformazione, ogni anno, il governo di turno, con la manovra di bilancio dovrebbe trovare una compensazione alla riduzione del gettito dovuta all’utilizzo dei crediti d’imposta che maturano per essere portati in detrazione.

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10 commenti

  1. Savino

    Chi consuma al ristorante paga o lava i piatti e non addossa sulla collettività il proprio conto.

    • franco

      Se al ristorante sei stato invitato poi invece ti girano il conto tu cosa dici?

    • Giuseppe

      Siamo tutti d’accordo.
      Probabilmente siamo anche tutti d’accordo quindi che chi non paga in tutto o in parte le imposte e le tasse (art. 53 Costituzione) dovrebbe restare escluso da tutti i servizi pubblici e del welfare e da ogni beneficio o sussidio di ogni genere e specie a carico della collettività! Gentilmente paghi tutto di tasca propria!
      Probabilmente siamo tutti d’accordo anche circa il fatto che questi contribuenti disonesti dovrebbero essere esclusi anche da altri diritti: a partire dal diritto di volto!
      Fatte queste brevi premesse di educazione civica di base, probabilmente siamo anche tutti d’accordo che la necessità dell’efficientamento energetico degli immobili è un interesse non solo individuale ma della collettività!
      La bolletta energetica infatti pesa sugli individui e sulla collettività, così come i costi della inevitabile transizione energetica dovuta ai cambiamenti ambientali e climatici (che è inutile negare, essendo una realtà).
      E probabilmente siamo anche tutti d’accordo che la gran parte dei contribuenti onesti (vista l’entità del reddito dichiarato, dati MEF) non è in grado di finanziare le onerose spese di efficientamento energetico della propria abitazione principale (escluse le seconde case ), per le quali dunque o provvede/partecipa la collettività oppure solo i (pochissimi) contribuenti onesti più ricchi lo potranno fare, con i chiari riflessi – già attuali – sul mercato immobiliare (svalutazione degli immobili inefficienti e rivalutazione di quelli efficienti), a tutto beneficio dei più ricchi!
      Dovremmo essere tutti d’accordo pertanto che in cambio del contributo della collettività alle suddette spese , sarebbe quanto meno giustificata l’automatica rivalutazione catastale degli immobili interessati e il pagamento dell’IMU e dell’Irpef sulla prima casa (senza più esenzioni ed esclusioni)!
      L’efficientamento energetico, però, dovrebbe essere programmato compatibilmente alle possibilità della finanza pubblica e la UE dovrebbe co-finanziarlo.

    • raffaele lungarella

      Quello che dice è giusto, però chi va al ristorante deve sapere prima se deve pagare o no, dandogli modo di potersi regolare. Nel caso di questa politica sbagliata, è stato detto che il pasto era gratis per tutti e che il cameriere avrebbe dato loro anche la mancia.

    • roberto

      Se mi inviti a cena sarò puntuale corretto educato e cercheremo di passare una bella serata, quando me ne vado non mi chiedi il conto

  2. B&B

    Poichè ho sentito ieri sera alla trasmissione di Salvo, che Nomisma di Bologna della sinistra prodiana, era consulente e certificatore per il 110, penso siano gli stessi che hanno costruito la “STANGATA” dello stesso 110 agli italiani. Perpetuata dopo, con il governo arcobaleno Draghi, escluso solo Giorgia Meloni e il suo partito.

    Come hanno fatto, alcuni, ad essere pronti e preparati, con migliaia di richieste di ristrutturazione presentate in poche ore per immobili inesistenti? Come sapevano che non ci sarebbero stati controlli dei comuni?
    Ci dicano loro allora, “gli economisti bolognesi di nomisma” la soluzione per uscire dalla stangata, senza un’altra patrimoniale sugli immobili come piacerebbe alla Schlein e a chi non tollera la proprietà privata altrui.

  3. Giuliano cazzola

    Come spieghi che non ci abbia pensato ancora nessuno, neppure Mario Draghi? Ci sarà qualche problema ? o no?

    • raffaele lungarella

      Il problema sta nel fatto che la trasformazione del credito d’imposta in debito pubbljco comporta che debba essere pagato tutto. Con il credito d’imposta si può sperare negli incapienti, come probabilmente sono quei contribuenti con basso reddito e che quasi certamente non avrebbero affrontata la spesa di decine di migliaia di euro se avessero dovuto pagare dibtasca propria. Per loro non riuscire a trovare chi gli sconta i crediti possono essere guai seri. Se una politica è sbagliata la colpa è di chi l’ha proposta.

  4. Devono trovare una soluzione per i crediti incagliati, hanno rovinato migliaia di famiglie, ho sentito che decine di aziende edili si stanno organizzando per bloccare tutte le autostrade d’Italia fino a quando non danno la soluzione a questo problema volutamente creato.

  5. Pietro

    Trasformare il credito di imposta in debito pubblico non importa un aggravio del bilancio dello stato ?????? Oltre al danno pure la beffa …… Ci tocca pagare pure gli interessi per questo Superbonus che non è altro che una mangiatoia dove si arricchiscono i soliti noti ai danni della collettività.

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