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Perché l’impiego pubblico piace meno di un tempo

Come in altri settori, anche nel pubblico impiego aumentano le difficoltà a trovare personale per soddisfare una domanda di lavoro in crescita a causa dei tanti pensionamenti e della necessità di gestire le risorse del Pnrr e della politica di coesione.

Il ridimensionamento della Pa

Mentre nel settore privato l’occupazione subiva oscillazioni legate al succedersi delle fasi di crisi e ripresa, negli ultimi dieci anni il settore pubblico (qui considerato al netto di istruzione e sanità) ha visto una contrazione media di occupati del 20 per cento, che arriva al 28 per cento nelle regioni meridionali. Il ridimensionamento del comparto della pubblica amministrazione assume oggi una natura strutturale, e saranno difficilmente risolvibili le questioni che apre rispetto alla continuità nella prestazione di servizi, ma soprattutto rispetto all’urgenza di intervento per le misure straordinarie.

Che il fenomeno assuma connotazioni strutturali emerge chiaramente dal perpetuarsi dello squilibrio tra uscite ed entrate anche nel comparto regioni e autonomie locali, su cui ricadono molte responsabilità nel rapporto con i cittadini e nell’attuazione del piano di investimenti. Per 100 posizioni a tempo indeterminato lasciate scoperte per l’uscita di dipendenti pubblici, ne vengono ricoperte con nuovi ingressi solo 72, mentre fino al 2008, nella fase precedente al blocco del turnover e ai tetti stringenti alla spesa per il personale, la compensazione era pressoché totale. Ancora più preoccupante è la prospettiva futura, legata all’età media dei dipendenti e al prossimo pensionamento di una loro quota significativa.

Figura 1 – Assunti e cessati a tempo indeterminato dal comparto regioni e autonomie locali, Italia – Medie mobili triennali

Fonte: Conto annuale del personale

A questo si aggiunga che la recente stagione di concorsi non ha ottenuto le adesioni che ci si aspettavano, registrando una sorprendente inversione della tendenza pluriennale.

Le ragioni della minore attrattività

Uno degli aspetti rilevanti della minore attrattività del pubblico impiego è il differenziale salariale e la rigidità degli stipendi, che non permette di attrarre o trattenere talenti offrendo condizioni migliori di quelle che potrebbero ottenere nel privato. Nonostante il settore pubblico garantisca, in media, retribuzioni migliori rispetto al totale dei settori privati, ciò sembra legato perlopiù alla maggiore continuità lavorativa, come recentemente evidenziato da Edoardo Diporto e Paolo Naticchioni. Inoltre, il differenziale si è molto ridotto nell’ultimo decennio, in particolare per i lavoratori più qualificati e nelle regioni del Nord Italia. Comparando poi le retribuzioni della pubblica amministrazione con settori più simili dal punto di vista delle mansioni svolte e del livello di qualificazione medio, emerge un vero e proprio gap retributivo per i laureati italiani rispetto a lavoratori simili occupati non solo nel settore finanziario (-9 per cento) e nell’Ict (-0,4 per cento) ma anche nella manifattura (-1,6 per cento). Il divario si amplia nel Nord Italia, dove gli occupati pubblici laureati guadagnano il 6 per cento in meno rispetto alla manifattura, il 4 per cento in meno nell’Ict e il 12 per cento in meno rispetto al settore finanziario. Sono proprio questi i lavoratori che oggi la pubblica amministrazione cerca di attrarre, se il 90 per centodei concorsi è rivolto a laureati ed è cresciutol’interesse per le competenze Stem.

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Figura 2 – Differenza percentuale tra la retribuzione media nel settore pubblico e quella di alcuni comparti del settore privato, per i laureati, Italia

Nota: si considera settore pubblico quello identificato dall’Ateco “Amministrazione pubblica e difesa assicurazione sociale obbligatoria”

Un’analisi curata da Irpet su dati Istat-Rfl ha analizzato la soddisfazione per diversi aspetti del lavoro svolto da dipendenti pubblici e privati e ha evidenziato come i dipendenti pubblici traggano maggiori livelli di soddisfazione dall’aspetto della stabilità rispetto agli aspetti retributivi e come la soddisfazione per la retribuzione sia oggi minore rispetto a qualche anno fa, risultato in linea con quelli presentati sopra.

Figura 3 – Differenziale di soddisfazione tra settore pubblico e settore privato per vari aspetti del lavoro svolto, rispetto alla soddisfazione media per il lavoro svolto. Italia, 2015 e 2022

Nota: sono riportate in trasparenza le barre i cui risultati non sono risultati statisticamente significativi.

Fonte: elaborazioni Irpet su dati Istat-Rfl

Una carriera dall’inizio difficile

Anche da questo punto di vista, il settore assicura sì continuità lavorativa una volta assunti, richiede però un forte investimento nella fase di accesso con carriere non di rado discontinue all’inizio. Se è vero, infatti, che negli ultimi anni sono aumentati gli ingressi a tempo indeterminato, permane ancora nel comparto regioni ed autonomie locali una percentuale elevata di contratti a termine (42 per cento contro il 76 per cento nel 2009). Ed è così che in molti casi l’accesso ai contratti stabili riguarda ancora oggi personale con oltre 40 anni, proveniente da altre amministrazioni o entrato dopo un periodo di precariato, come mostrano i dati degli avviamenti in Toscana, dove gli ingressi di personale over-40 sono circa il 40 per cento degli avviati a tempo indeterminato nel comparto regioni ed autonomie locali. Il trade off tra la lunga fase di ingresso e la successiva stabilità lavorativa si sta, evidentemente, modificando, rendendo meno attrattivo il mondo del lavoro pubblico.

Figura 4 – Avviati a tempo indeterminato negli enti del conto annuale, comparto regioni e autonomie locali per età. Toscana

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Fonte: Sistema informativo lavoro della Regione Toscana (Sil)

Sembra quindi emergere una sorta di effetto spiazzamento tra pubblico e privato e tra diversi comparti del settore pubblico. E questo si verifica proprio nel momento in cui sarebbe più importante poter contare sulle sinergie, condizione indispensabile per la concreta e piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

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Arriverà il cavaliere bianco per l’Ilva?

  1. Savino

    La P.A. piace meno perchè alle giovani generazioni italiane piace l’onestà e la rettitudine, a differenza dei baby boomers che amano la sporcizia e l’affarismo. Quindi, le giovani generazioni vedono nel burocrate il volto della disonestà, che vorrebbero combattere.
    Mentre gli uffici tecnici, soprattutto, continuano ad essere composti da geometricchi con la tasche piene di tangenti per favorire abusi edilizi, oggi c’è una sensibilità dei giovani per l’ambiente, per evitare di sprecare suolo e soldi pubblici.

    • Aldo

      Caro Savino, la corruzione, come l’amore ed altro, si fa in due. E una delle due parti è necessariamente privata. Inoltre, solo chi non ha mai lavorato nel settore privato può ignorare i soprusi ed i comportamenti scorretti delle imprese che hanno più potere di mercato. Quindi, se la corruzione ed i comportamenti scorretti sono diffusi, un giovane può scegliere solo da che parte del reato stare.

      • Savino

        Risposta che risente di anni vissuti in conflitto d’interessi.

  2. Firmin

    La PA è un mondo molto variegato. Ci sono molte specializzazioni che sostanzialmente non esistono nel privato (difesa, ordine pubblico, insegnamento, ricerca di base, servizi sociali, giustizia, ecc.) ed altre che consentono una scelta ed passaggio tra i due comparti del mercato del lavoro (particolarmente le qualifiche tecniche e professionali, a cominciare da professioni sanitarie e giuridiche). I giovani che sono interessati a quest’ultimo gruppo di posizioni sono poco attratti dalle carriere lente e dalle attività rigide e fortemente regolamentate offerte dalla PA. Se la PA scopre di avere bisogno di professionisti, tecnici, ecc. e non di semplici burocrati (come sta accadendo per il PNRR) è necessario smantellare un apparato normativo e di prassi più che promettere migliori condizioni di lavoro per i neo-assunti. Peccato che buttare a mare quasi tutto il diritto amministrativo sia piuttosto difficile. Fino ad allora la PA dovrà accontentarsi degli scarti del privato per molte posizioni.

  3. Mauro

    Lavoro nella P.A. e l’unica cosa bella rimasta è la sicurezza del posto. Visto il precariato che c’è oggi non è poca cosa, lo so. Ma ci sono parecchi altri problemi da mettere sull’altro piatto della bilancia:
    – retribuzioni del comparto (ossia noi poveri comuni mortali) basse a differenza di quelle dei dirigenti (i capi) che sono molto alte per quello che fanno
    – a differenza degli anni passati dove c’erano troppe persone (che probabilmente leggevano pure il giornale tutto il giorno) ora ce ne sono troppo poche e le mansioni sono tante e mal distribuite
    – ci sono troppi ‘generali’ (dirigenti) e pochissimi ‘soldati’ (comparto): i primi spesso sono talmente inetti che occorre istruirli noi..
    – nessuna (e lo ripeto: nessuna) meritocrazia: se se bravo o un emerito imbecille non cambia: fa carriera solo chi è appoggiato dal dirigente. checchè ne dicano i nostri politicanti che si riempiono la bocca di paroloni altisonanti riguardo al merito dei dipendenti pubblici

    Per cui, non stupitevi se i giovani d’oggi cercano altre strade, meno sicure ma probabilmente molto più appaganti.

  4. Ubaldo Bevilacqua

    Non è vero che la stagione dei concorsi non ha avuto le adesioni sperate. Semmai la stagione dei concorsi non ha avuto i risultati sperati.

    I bandi di concorso prevedono un numero limitato di posti, e l’ondata di concorsi unità alle lunghe tempistiche delle procedure, ha creato da un parte una marea di plurivincitori in concorsi diversi, dall’altra vincitori che già lavorano nella PA e spesso fanno concorsi non solo per posizioni di livello più alto, ma anche solo per cambiare sede. Da qui le tante rinunce che ci sono state, ancor più numerose al nord, sia per il costo della vita più alto, e sia perché molti concorsisti sono originari del sud Italia.
    Altro limite allo scorrimento delle graduatorie è stata di fatto la famosa circolare D’Alia, che ha contribuito ad ingessare le assunzioni.

    C’è poi da sottolineare che il gap salariale esiste solo per alcuni settori, e che non tiene conto dell’enorme mole di lavoro straordinario non pagato che viene regolarmente svolto nel privato in ogni settore, e che nella maggior parte delle amministrazioni (con le dovute eccezioni) si lavora trentasei ore a settimana, orario che può garantire un equilibrio tra vita lavorativa e privata praticamente impossibile da avere nel settore privato. I vantaggi sono anche più visibili per chi non è in possesso di titolo di laurea, e anche per chi decide di rimettersi in gioco indipendentemente dall’età, visto che il meccanismo del concorso permette di gareggiare alla pari con una fresh-start (almeno fino a poco tempo fa, visto che nel prossimo futuro si cercherà sempre di più di aveva raggiare i giovani)

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