Nonostante il calo dell’inflazione, la Bce ha deciso di non ridurre i tassi di interesse. La Banca centrale è ora preoccupata per la dinamica salariale in alcuni paesi e per una nuova possibile fiammata inflazionistica causata dalle crisi geopolitiche.
La situazione nel mese di gennaio 2024
Per inquadrare le decisioni prese dalla Banca centrale europea il 25 gennaio conviene partire da un’analisi di quanto è avvenuto sulle due sponde dell’Atlantico negli ultimi anni. Lo faremo con l’ausilio di tre grafici. Il primo rappresenta l’evoluzione del tasso di inflazione nell’Eurozona e negli Usa (figura 1), gli altri due (figura 2 e figura 3) mostrano, rispettivamente, l’andamento del tasso di policy nell’Eurozona e negli Usa e quello del totale di bilancio della Bce e della Fed.
Il tasso di inflazione è l’obiettivo esplicitamente assegnato alla Banca centrale europea dal suo Statuto; anche la Federal Reserve, pur avendo un mandato un po’ ambiguo, gli attribuisce molta importanza. Negli ultimi anni si è registrato un forte aumento del tasso di inflazione che ha raggiunto la punta massima del 10,6 per cento nell’ottobre del 2022 nell’Eurozona e del 6,6 per cento nel settembre dello stesso anno negli Stati Uniti. Il tasso di inflazione è oggi pari al 2,9 per cento nell’Eurozona e al 3,9 negli Usa (dati di dicembre 2023).
Nel periodo in cui il tasso di inflazione era in forte ascesa, sia la Bce che la Fed hanno adottato una politica monetaria restrittiva che le ha portate ad aumentare fortemente i livelli dei tassi di policy (figura 2), che sono oggi pari al 4,5 per cento nell’Eurozona e al 5,5 per cento negli Usa. I tassi sono aumentati prima negli Usa e con un notevole ritardo nell’Eurozona.
Le due banche centrali anche hanno iniziato a perseguire una politica di quantitative tightening (figura 3) che ha provocato a partire dal 2022 una riduzione del totale di bilancio delle due istituzioni. Per quanto riguarda la Bce, un peso decisamente rilevante va attribuito al fatto che le Orlt (operazioni di rifinanziamento a più lungo termine) che la banca centrale conduce con il sistema bancario dell’Eurozona non sono state rinnovate alla loro scadenza.
Figura 3
Nel corso del mese di gennaio 2024 si sono aggravate le tensioni geopolitiche. In particolare, la parziale chiusura del Canale di Suez ha creato, soprattutto in Europa, l’aspettativa di una ripresa dell’inflazione, che potrebbe essere solo temporanea, ma anche consolidarsi qualora si diffondesse l’opinione che la crisi possa protrarsi molto nel tempo.
Le decisioni prese il 14 dicembre 2023
Il 14 dicembre 2023, la Bce aveva deciso di lasciare invariato al livello del 4,5 per cento il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale, mentre la Fed aveva adottato la politica di tassi invariati già qualche mese prima.
Per capire gli orientamenti della politica monetaria è molto importante analizzare anche le dichiarazioni che i vertici delle istituzioni che presiedono alla sua gestione rilasciano nelle conferenze stampa che seguono le decisioni.
Nella riunione tenuta il 13 dicembre 2023 il presidente della Fed, Jerome Powell, aveva lasciato intendere che nel corso del 2024, la banca centrale americana avrebbe probabilmente ridotto i tassi di policy.
Meno chiara era stata la posizione della presidente della Bce, Christine Lagarde, che aveva affermato che i tassi di riferimento della banca centrale si collocavano su livelli che “se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo avrebbero fornito un contributo sostanziale al raggiungimento dell’obiettivo (che la banca persegue) per il tasso di inflazione”.
Di fronte a una serie pressante di domande da parte dei giornalisti, si era limitata a dire che l’evoluzione futura dei tassi sarebbe stata correlata a quella dell’inflazione (data dependent) generando una certa incertezza sui mercati finanziari.
Le decisioni del 25 gennaio 2024
Il 25 gennaio il Consiglio direttivo Bce ha deciso di lasciare invariato al 4,50 per cento il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale e di mantenere al 4,75 per cento il tasso sul rifinanziamento marginale e al 4 per cento il tasso sulle operazioni di deposito marginale.
Il Consiglio ha ribadito, con le stesse parole utilizzate il 14 dicembre, che i tassi di policy della Bce sono su livelli che “se mantenuti per un appropriato periodo di tempo (sufficiently long duration) daranno un contributo sostanziale al raggiungimento dell’obiettivo di un tasso di inflazione del 2 per cento nel medio termine”.
Nel corso della conferenza stampa molti giornalisti hanno chiesto esplicitamente a Lagarde se e quando la Bce ridurrà i tassi nel corso del 2024.
La risposta della presidente è stata che il Consiglio direttivo ha ritenuto che per il momento sia ancora prematuro discutere di riduzione dei tassi. Si vedrà nei prossimi mesi. La presidente ha lasciato intendere che, anche se il tasso di inflazione si sta muovendo nella giusta direzione, all’interno della Bce vi è una certa preoccupazione per la crescita dei salari in alcuni paesi dell’Eurozona e per le incertezze derivanti dalle tensioni geopolitiche, come il blocco del Mar Rosso.
In conclusione, l’anno nuovo non sembra aver portato la buona notizia di un’imminente riduzione dei tassi nell’Eurozona.
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Emanuele
Che orrore la crescita dei salari, signora marchesa.
Eppure sono mesi che la stessa BCE sa benissimo che più del 50% dell’inflazione è dovuta al continuo incremento dei profitti aziendali…
bob
i corsi e ricorsi di G.B. Vico ci lasciano pensare che il destino dell’ Europa sarà lo stesso dell’ Impero Romano , come la storia ci ha insegnato le minacce arrivano sempre da Est..