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Il gusto amaro del caffè e del cacao *

Dopo le turbolenze del 2020-2022, il commercio globale sembra capace di rispondere ai vari conflitti geopolitici, compreso il blocco nel Mar Rosso. Per ragioni diverse, fanno eccezione caffè e cacao, con le quotazioni più alte degli ultimi trent’anni.

I mercati delle materie prime

Sembra essere ormai un ricordo del passato la turbolenza che ha caratterizzato i mercati delle materie prime nel periodo 2020-2022, quando molti di essi hanno raggiunto i massimi degli ultimi dieci anni o addirittura superato i loro picchi storici. Due mercati fanno però eccezione: il prezzo dei derivati del caffè di tipo robusta si attesta attualmente ai massimi degli ultimi trent’anni e quello del cacao è a livelli senza precedenti.

Figura 1

Un ritorno alla normalità

Le ragioni che hanno determinato una serie eccezionale di shock nella domanda e nell’offerta delle materie prime nel periodo 2020-2022 si sono gradualmente attenuate, portando a una notevole diminuzione dei mercati nel corso degli ultimi 18 mesi.

La pandemia globale è terminata e con essa il congestionamento della catena di fornitura innescata in seguito ai vari lockdown. Il commercio dalla regione del Mar Morto (30 per cento dell’export mondiale di grano – fonte: Usda – US Department of Agricolture) è quasi tornato ai livelli precedenti l’invasione russa in Ucraina. In generale, e nonostante i diversi conflitti geopolitici, il commercio globale ha dimostrato resilienza, anche tenendo conto del recente blocco nel Mar Rosso. Le aspettative di una vigorosa ripresa economica della Cina post-Covid sono state disattese, limitando le importazioni di materie prime, in particolare dei metalli, da parte del principale importatore mondiale. La moderata crescita economica europea e gli inverni miti nel 2023 e nel 2024 hanno contribuito alla diminuzione dei prezzi delle materie energetiche e di quelle ad alto consumo energetico, come i fertilizzanti. 

Attualmente, i prezzi dei cereali, degli oli vegetali, del gas naturale e dei metalli sono scesi vicino alla media degli ultimi dieci anni, dopo il picco del 2022.

Ma se i principali macro-fattori che hanno portato alla sostenuta e generale crescita dei prezzi delle materie prime sono venuti meno, cosa succede al mercato del caffè e del cacao?

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Il mercato del caffè e del cacao

Le quotazioni del caffè di tipo robusta (40 per cento della produzione mondiale, 60 per cento arabica, fonte: Ico – International Coffee Organization), negoziate presso l’Intercontinental Exchange, hanno registrato una costante crescita sin dall’inizio del 2023, raggiungendo, nel gennaio 2024, i livelli più elevati dal 1995. Anche il caffè arabica è su livelli storicamente alti, ma inferiori del 30 per cento rispetto al picco del 2022.

L’attuale dinamica del caffè robusta è conseguenza proprio delle elevate quotazioni dell’arabica, che hanno incrementato la strutturale differenza di prezzo tra i due tipi (il robusta è considerato di qualità inferiore). Negli ultimi tre anni il prezzo del robusta è stato in media inferiore di 2 mila dollari per tonnellata metrica rispetto all’arabica, fino a raggiungere un distacco di 3.500 dollari, rispetto a una media di 1.450 dei precedenti dieci anni. La disparità di prezzo, unita alla riduzione del potere d’acquisto nei paesi particolarmente colpiti dall’inflazione, ha contribuito allo spostamento della domanda verso il caffè più conveniente. Alla crescita di domanda non è corrisposto un aumento adeguato di produzione da parte del principale produttore di robusta, il Vietnam, determinando uno sbilanciamento tra la domanda e l’offerta.

Nel mercato del cacao è stata invece una diminuzione della produzione a innescare l’innalzamento delle quotazioni fino a prezzi mai raggiunti in precedenza sia nella borsa di New York che a quella di Londra. La produzione di cacao della Costa D’Avorio e del Ghana (70 per cento della produzione mondiale fonte: Icco – International Cocoa Organization) è stata limitata da sfavorevoli eventi climatici, dalla riduzione dell’uso di fertilizzanti a causa dell’elevato prezzo nel 2021-2022, dalla diffusione di un virus che ha colpito gli alberi di fave di cacao e dal basso rendimento delle piantagioni in Ghana a causa della generale età avanzata delle piante. Il conseguente sbilanciamento della domanda e dell’offerta per tre stagioni consecutive ha innescato la corsa delle quotazioni, cresciute del 150 per cento dagli inizi del 2023 e del 50 per cento soltanto negli ultimi due mesi.

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Le materie prime sono storicamente caratterizzate da inattesi shock nella domanda o nell’offerta, che solitamente le dinamiche di mercato correggono nel breve o nel lungo periodo. Per quanto riguarda il cacao, questo periodo potrebbe essere relativamente lungo. La risposta dell’offerta ai prezzi elevati è più lenta rispetto a colture agricole come i cereali che vengono seminate ad ogni stagione. Gli alberi di cacao vengono reimpiantati circa ogni 25 anni e impiegano 5-6 anni per produrre i primi frutti. I prezzi del cacao per gli agricoltori in Costa d’Avorio e in Ghana vengono stabiliti dal governo all’inizio di ogni stagione, pertanto l’aumento del mercato dei derivati da ottobre non è ancora stato percepito dagli agricoltori, limitando gli investimenti per il raccolto successivo.

L’aumento di queste materie prime, a monte di catene del valore globali come sono oggi quelle dell’industria alimentare, si riflette in maggiori pressioni da costi nelle fasi di trasformazione e nel rischio di aumenti dei listini dal lato del consumo finale. Insomma, il gusto del cacao e del caffè potrebbe risultare particolarmente amaro nei prossimi mesi.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità del datore di lavoro

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  1. Savino

    Gli aumenti sovente avvengono per prodotti che, diversamente da questi, sono a Km 0 e non hanno un grande meccanismo di trasformazione e di distribuzione. Non ne parliamo della speculazione sulle materie prime facenti da contenitore (il prezzo di plastica, vetro, carta, cartone ecc. è salito vertiginosamente senza motivo e continuando ad inquinare). Sono consumazioni, poi, che si fanno in pubblici locali i cui costi di gestione sono lievitati anche lì a fini speculativi ( non solo bollette, ma anche affitti). Io direi che non c’è alternativa al controllo, diversamente la situazione sfugge di mano.

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