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Più rigore sulle università telematiche

Le università telematiche sono diverse fra loro per dimensioni, natura giuridica, qualità e finalità. Tutte hanno goduto di un vantaggio rispetto a quelle tradizionali: il costo del personale docente. Ora servono criteri più rigidi sull’accreditamento.

Università telematiche e accreditamento

Nel sistema universitario italiano operano attori diversi: università pubbliche (statali e non), università private, università telematiche. Tutti perseguono i propri obiettivi in un contesto di “quasi mercato” nel quale spetta allo stato assicurare adeguati livelli di qualità della ricerca e della didattica. È per questo che, da diversi anni, tutte le università sono sottoposte a un complesso processo di accreditamento e valutazione periodica da parte del ministero dell’Università e ricerca e dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.

In questo contesto va analizzata l’evoluzione delle università telematiche, operative da circa un ventennio e negli ultimi tempi al centro di un vivace dibattito su quali debbano essere i requisiti di qualità che sono tenute a rispettare. Ritirato un emendamento al decreto Milleproroghe che puntava a rinviare l’entrata in vigore di requisiti di qualità più rigorosi stabiliti dall’Anvur, è ora attivo presso il Mur un tavolo di lavoro che dovrebbe esaminare l’attuale disciplina delle università telematiche e proporre eventuali modifiche.

Da premettere che le undici università telematiche sono molto diverse tra loro quanto a dimensioni, natura giuridica, qualità e finalità (alcune contano poche migliaia di studenti, altre hanno raggiunto le dimensioni di un mega ateneo; alcune perseguono finalità di lucro e hanno la forma di società di capitali, altre sono di origine pubblica; una di esse ha ottenuto il giudizio di accreditamento periodico “pienamente soddisfacente”, due hanno ottenuto un giudizio “condizionato”, e così via).

La questione del personale docente

Malgrado le differenze, tutte le telematiche hanno potuto godere sino a oggi di un grosso vantaggio competitivo in termini di costo nei confronti delle università tradizionali. Come già veniva segnalato in un articolo del 2016 su lavoce.info, il corpo docente delle università telematiche era sin da allora costituito prevalentemente da professori a tempo determinato. Un successivo decreto ministeriale del 2019 ha ulteriormente modificato la situazione, introducendo requisiti di accreditamento persino più blandi, avvantaggiando così ancora di più, su questo versante, le università telematiche.

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Per farsi un’idea di quale sia stato l’effetto di questa politica si possono leggere i dati contenuti nella banca dati ministeriale Ustat riferiti al 2022. Si scopre che la più grande università telematica italiana contava circa 90 mila studenti iscritti e un corpo docente di 401 persone delle quali 335, ossia l’83,5 per cento, a contratto. In sostanza, 42 professori di ruolo (5 ordinari e 37 associati) per 90 mila studenti. Per avere un termine di paragone, l’università di Bologna con una popolazione studentesca di circa 85 mila studenti contava 5.489 docenti e ricercatori (dei quali 2.525 di ruolo), di cui solo il 18,6 per cento a contratto. Le proporzioni, cioè, erano esattamente rovesciate.

Anche se la situazione nell’ultimo anno è lievemente mutata, in quanto alcune università telematiche hanno cominciato a reclutare nuovi docenti di ruolo, se ne ricava che non soltanto il rapporto docenti-studenti è, nelle telematiche, enormemente più alto che nelle università tradizionali (come già documentato qui), ma anche che il corpo docente in servizio presso le telematiche è soprattutto costituito da precari, ossia personale selezionato al di fuori dell’ordinario reclutamento universitario, in particolare attraverso contratti annuali di insegnamento. Che un corso di laurea, soprattutto se di tipo professionalizzante, possa avere un certo numero di docenti a contratto non costituisce un problema. Ma se i docenti a contratto sono la stragrande maggioranza, v’è da chiedersi se siamo ancora in presenza di un’università.

Per contrastare questa tendenza, nel 2021 il ministero dell’Università, su proposta dell’Anvur, ha introdotto requisiti di accreditamento più severi, tanto più in ragione del fatto che, dopo la pandemia, anche gli atenei tradizionali hanno iniziato a sviluppare un’offerta didattica ibrida – in parte on line e in parte in presenza – sempre più importante.

Il decreto ministeriale del 2021 è stato contestato dinanzi al giudice amministrativo da diverse università telematiche, ma sia il Tar sia il Consiglio di stato hanno respinto in blocco i ricorsi e, al fine di garantire adeguati standard qualitativi dell’offerta formativa, riconosciuto la ragionevolezza della differenziazione tra corsi erogati in modalità convenzionale o mista e corsi erogati prevalentemente o esclusivamente a distanza. La garanzia passa necessariamente dall’adozione di criteri rigorosi per l’accreditamento, tra cui un rapporto proporzionalmente adeguato tra docenti e studenti, come d’altra parte avviene anche negli altri paesi dove pure sono presenti università telematiche. Solo in questo modo il sistema di istruzione superiore italiano sarà in grado, nel suo insieme, di evolvere, sfruttando in modo virtuoso le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

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Il Punto

  1. umberto dassi

    …tutto very politically correct…
    Poi i dettagli ce li racconteremo lontano sa orecchie indiscrete.

  2. A parer mio che ho frequentato l’università statale e come madre ,attraverso i miei figli ho conosciuto il rapporto costi / offerte formative,e sacrifici/ preparazione ,e ancora frustrazione inutile/risultati accademici,propendo per le telematiche di qualità, al dunque credo fermamente che l’offerta telematica ormai dovrebbe poter essere una opzione anche dalle Università Statali pubbliche.

  3. Lalia Fiore

    Le Università Telematiche permettono lo “sbobinamento” di tutte le lezioni, in modo chiaro e comprensibile. E questa tipologia di trasmissione della conoscenza, a mio avviso, è l’unica che offre la possibilità a tutti di CAPIRE!!! Alle Università non è necessaria la presenza di un Prof altisonante e tronfio che parla e non fa capire quello che spiega!!! E poi ci sono quelli attempati come me che, per lavoro, non hanno avuto la possibilità di finire gli studi, e li hanno terminati grazie a questa magnifica soluzione. In America si studia a casa, col Prof che spiega attraverso il monitor e con un Tutor che non manda a f….. se qualcosa non ti è chiara!!!!

    • salvatore fardella

      Sono convinto che si regalano le lauree, svalutandone il valore. Occorrono più controlli da parte delle autorità competenti.

  4. Paolo Ragni

    Buongiorno,
    a proposito degli “adeguati livelli di qualità della ricerca e della didattica” nelle università telematiche, le cito il caso del recente (attuale) “Percorsi abilitanti, ai sensi dell’art. 13 comma 6 DPCM 4 agosto 2023 (30 CFU)”. Il corso è stato attivato da una delle principali università telematiche al costo di 2000 euro a persona. E’ inizia ad inizio marzo e terminerà a metà maggio. Le lezioni si svolgono online dal venerdì pomeriggio a domenica pomeriggio. Gli iscritti sono circa 8000. Un professore alla volta per 8000 studenti . la maggiore interazione con gli studenti è l’invio di improvvisi popup sui quali bisogna cliccare per confermare di essere davanti il PC a seguire le lezioni. Si possano scrivere brevi commenti nella chat offerta dalla piattaforma, ma capisce che con 8000 studenti il dialogo con il professore è assente. Provi a calcolare l’importo complessivo delle quote degli studenti e vedrà che con quella cifra si può fare di meglio, molto di meglio .

  5. Alessandro

    Ma secondo me parlano tanto degli scandali all’interno delle telematiche, ma parliamo un po’ degli scandali nelle pubbliche o di prestigio ??? Prof che ricevono mazzette dai genitori per fare passare il figlio, conoscenze profittevoli per futuri affari assieme, ragazzi vantaggiati solo perché il papà ha l’azienda e altri no, test già pronti etc. (Tutte fonti certe da amici e parenti che hanno subito queste ingiustizie)
    Andiamo avanti??
    Per favore… l’università (in generale) è finita dagli anni 80.

    Ci vuole più serietà da parte di entrambe! Se va avanti così avrete tutte le persone laureate è vero…ma senza nessun valore alcuno..inoltre, avrete anche un branco di caproni in giro a governare questo paese. Ergo la possibilità che ci sia un effettivo sviluppo è realmente scarsa (sia per noi che per le nuove generazioni future).

  6. Giovanni

    “il rapporto docenti-studenti è, nelle telematiche, enormemente più alto che nelle università tradizionali” -> se nelle telematiche ci sono meno docenti e più studenti, il rapporto docenti-studenti è più basso, e non più alto, come erroneamente sostenuto nell’articolo.

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