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Il declino del sindacato? Dai salari settimanali non si vede*

Da decenni i sindacati hanno sempre meno iscritti. Il declino ha avuto conseguenze sul “premio salariale sindacale”? I dati per gli Usa sembrano indicare di no. Anche perché i lavoratori sindacalizzati lavorano più ore a settimana rispetto ai colleghi.

Calano gli iscritti ai sindacati

La percentuale di lavoratori iscritti ai sindacati è in calo da decenni in tutti i paesi sviluppati. Oggi, il tasso di adesione ai sindacati negli Stati Uniti è del 33 per cento nel settore pubblico e del 6 per cento nel settore privato, in netta diminuzione rispetto al 24 per cento di cinquanta anni fa.

Secondo alcuni commentatori, il declino è indicativo di uno spostamento del potere contrattuale tra datori di lavoro e lavoratori, che ha portato a una diminuzione della quota di reddito spettante ai lavoratori. Poiché l’abilità di un sindacato di aumentare i salari al di sopra del livello di mercato si basa sulla sua capacità di mobilitare i lavoratori a sostegno della propria posizione contrattuale e, se necessario, bloccare il processo produttivo attraverso scioperi, ci si potrebbe aspettare che il calo dell’adesione ai sindacati abbia portato a una diminuzione del premio salariale sindacale, cioè il margine in più che i sindacati ottengono rispetto al salario che lavoratori simili otterrebbero se non ci fosse il sindacato. Ma è davvero così? In sintesi, la risposta è no.

Un’analisi su cinquant’anni di dati

Per rispondere alla domanda, abbiamo esaminato i dati sui salari e sulle ore dei dipendenti negli ultimi cinquanta anni nel Current Population Survey (Cps) dell’Ufficio Censimento degli Stati Uniti.

Nel 1973, gli iscritti ai sindacati guadagnavano circa due quinti (40 per cento) in più rispetto ai non iscritti in termini di salario orario, ma la differenza è diminuita fino a dimezzarsi nel 2023 (20 per cento). Questo “divario grezzo” (quindi non correggendo per le caratteristiche dei lavoratori sindacalizzati e non, ndt) è stato pari o superiore al 35 per cento per tutti gli anni, tranne due, fino alla fine del XX secolo, ed è poi rimasto al di sotto di tale valore dopo l’inizio del XXI secolo, con un evidente calo nel 2013-2014 e un’ulteriore accelerazione con la pandemia da Covid-19.

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Il premio salariale sindacale orario corretto per le caratteristiche dei lavoratori è significativamente inferiore rispetto al “divario grezzo” nel corso dei cinquanta anni: raramente supera la metà. Per gran parte del tempo è oscillato tra il 10 e il 20 per cento e, sebbene sia sceso sotto il 10 per cento durante la pandemia, rimane consistente e significativo (linea blu nella figura 1).

Ciò che in gran parte è passato inosservato nella letteratura sul premio salariale sindacale è il molto più ampio divario tra iscritti e non iscritti nei guadagni settimanali medi. Nel 2023, il differenziale salariale settimanale grezzo tra gli iscritti e i non iscritti al sindacato era del 31 per cento, quasi la metà di quello di 50 anni fa. Tuttavia, il differenziale salariale settimanale corretto per le caratteristiche dei lavoratori è rimasto più stabile, variando tra il 20 e il 26 per cento tra l’inizio degli anni Novanta e poco prima della pandemia. Durante il Covid-19 è diminuito, così come il premio orario corretto, ma era ancora al 16 per cento nel 2023 (linea arancione nella figura 1).

Figura 1 – Premio salariale sindacale orario corretto per le caratteristiche dei lavoratori, 1973-2023, Usa, Cps (%)

Le ore lavorate a settimana

Il maggiore divario nei guadagni settimanali tra gli scritti e i non iscritti ai sindacati è dovuto al premio salariale orario, unito al fatto che i lavoratori aderenti a un sindacato lavorano circa il 5 per cento in più ogni settimana rispetto ai colleghi non iscritti, equivalente a 1-2 ore in più a settimana. La differenza nelle ore lavorate riflette in parte la capacità dei sindacati di affrontare la sotto-occupazione, per cui i lavoratori iscritti lavorano un numero di ore vicino all’ammontare di ore desiderato, rispetto a lavoratori simili non sindacalizzati.

La stabilità del premio salariale per gli iscritti al sindacato nel corso di questo mezzo secolo nei guadagni settimanali e orari corretti è piuttosto sorprendente. È vero che il premio salariale sindacale settimanale è diminuito dall’inizio del Covid e che quello orario stava scendendo anche prima della pandemia; tuttavia, entrambi i differenziali rimangono ampi e significativi nel 2023.

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Questa tendenza non è coerente con un mondo in cui i sindacati hanno perso tutto il loro potere contrattuale. Tuttavia, i premi non sono guidati esclusivamente dalla capacità di contrattazione collettiva dei sindacati. Altri fattori possono influire, inclusa la possibilità che i sindacati siano riusciti a mantenere la loro presenza in particolare nei luoghi di lavoro con maggiori “rendite” (guadagno differenziale tra prezzo e costo di cui godono gli imprenditori, ndt) da condividere. Ciò che forse sorprende di più è il ruolo che i sindacati svolgono nell’aumentare le ore lavorative, che non è emerso chiaramente nella letteratura precedente e che però è importante per il benessere dei lavoratori, i cui consumi dipendono non solo da un salario orario adeguato, ma anche dall’offerta di un numero sufficiente di ore di lavoro pagate.

* Una versione più estesa dell’articolo, in inglese, è disponibile su VoxEu.

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  1. Enrico

    Gli autori misurano il potere di mercato dei sindacati USA in base al vantaggio in termini di salario settimanale corretto per composizione settoriale e qualifica dei lavoratori, e mostrano come questo non è peggiorato troppo nel tempo rispetto ai lavoratori non sindacalizzati. Tuttavia è difficile sostenere che un sindacato è forte se riesce a malapena a garantire ai suoi iscritti lo stesso vantaggio in termini di potere d’acquisto solo lavorando più ore. Per raggiungere un risultato così modesto basta il caporalato.

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