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Salari, il problema del Sud

Stessi salari, ma produttività più bassa: perché un imprenditore dovrebbe investire nel Mezzogiorno? È da qui che bisogna partire per affrontare in modo concreto la questione meridionale. E se le gabbie salariali non sono oggi riproponibili, si può forse intervenire sulla componente imposte.

L’estate effimera della questione meridionale

L’acceso dibattito sulla questione meridionale, divampato quest’estate e risolto con un rinvio a più approfondita riflessione da parte del governo, sembra essere evaporato ai primi accenni di autunno.
Certamente, il tema non è di quelli che si risolvono rapidamente o con una semplice misura legislativa, ma è composto da vari aspetti, tutti giustamente snocciolati nella discussione. Il nostro Mezzogiorno soffre di una burocrazia inefficiente, di un’illegalità diffusa, di un tasso di abbandono scolastico più alto del 50 per cento rispetto al Nord, di infrastrutture che lo rendono uno dei posti più difficilmente raggiungibili d’Europa, per indicare i principali.
In stretti termini economici, tutto ciò può essere sintetizzato dalla constatazione che la produttività media al Sud è nettamente inferiore al resto d’Italia. Nel grafico sottostante è rappresentato il valore aggiunto annuale in migliaia di euro per lavoratore, che può essere considerato un buon indicatore della produttività media: in effetti, al Sud questi livelli sono nettamente inferiori.
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Stessi salari, ma produttività inferiore
Il gap di produttività diventa un problema nel momento in cui il costo del lavoro non è proporzionato: se il lavoro al Sud produce di meno, deve costare di meno.
Ora, nel Mezzogiorno i salari sono in media più bassi, comunque con un minore costo della vita, ma il costo del lavoro (salario più imposte) è solo leggermente inferiore rispetto al Nord. Questo accade forse a causa della contrattazione nazionale, che per molte categorie impone uno stesso salario minimo in tutta Italia, ma sicuramente in parte è dovuto a imposte come Irpef e Irap, con addizionali regionali talvolta più alte nelle regioni del Sud. Dal punto di vista di un imprenditore, quindi, con un simile costo del lavoro, è preferibile assumere un lavoratore al Nord, che produce di più, piuttosto che investire al Sud, con livelli di produttività fino al 30 per cento più bassi in confronto ad altre regioni.
Le possibili soluzioni passano dunque per le due componenti del costo del lavoro: salari e imposte. Per quanto riguarda la prima, un ritorno al sistema delle “gabbie salariali” potrebbe non essere praticabile, per motivi pratici oltre che per ragioni politiche. Permettere salari molto più bassi al Sud che al Nord rischia, per esempio, di aumentare ancora di più gli incentivi a emigrare, soprattutto per i giovani e per i lavoratori con una produttività più alta della media.
Un intervento sulle imposte sembra invece realizzabile con maggior facilità. Attualmente, per esempio, le aliquote Irap e Irpef sono più alte al Sud perché più alte sono le addizionali nelle regioni sottoposte a piani di rientro dal deficit sanitario. Se da un lato la “penalizzazione” è in linea con l’idea di federalismo e di responsabilizzazione delle regioni, dall’altro grava in maniera controproducente sul lavoro e sulle aziende nelle zone del Mezzogiorno.
In ogni caso, nei prossimi mesi qualche novità potrebbe arrivare su entrambi i fronti. Nel caso dei salari, sarà interessante seguire la questione del salario minimo in Germania: il divario di produttività tra Germania Est e Ovest è abbastanza simile, seppur inferiore, a quello tra Sud e Nord Italia. Fino a oggi, i salari medi più bassi hanno aiutato la competitività dell’Est, cosa che adesso non sarà più possibile. E gli sviluppi tedeschi potrebbero dare utili suggerimenti anche per il nostro paese.
Per quanto riguarda la componente imposte, il viceministro dell’Economia Enrico Morando ha suggerito di riproporre nella prossima finanziaria la decontribuzione per le nuove assunzioni, ma solo nelle regioni del Mezzogiorno.
Dopo trent’anni di politiche per il mezzogiorno, si comincerà ad affrontare con schiettezza il problema di competitività? Ovviamente, questo è un discorso di massima e basato su valori medi. È importante mettere in evidenza come al Sud ci siano anche diverse realtà di eccellenza, competitive non solo sui mercati nazionali, ma su quelli globali, che possono essere un punto di riferimento per un rilancio della produttività in tutto il Mezzogiorno. Tuttavia, è difficile continuare ad applicare le stesse imposte, gli stessi salari e lo stesso costo del lavoro a un’Italia divisa in regioni con livelli di produttività così diversi.

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11 commenti

  1. Antonio Perricone

    Se tralasciamo considerazioni di tipo etico, non credo che salari molto più bassi (persino del 30%) possano essere una motivazione all’emigrazione in un paese a bassa mobilità come l’Italia. Credo invece che possano aiutare, naturalmente insieme a sgravi fiscali certi, (oltre ai soliti e mai applicati ingredienti: infrastrutture, sicurezza, meno burocrazia ottusa e meno politica nell’economia). Se poi si abolissero le regioni a statuto speciale…….ma è soltanto un sogno.

  2. Leo

    Il problema del sud, se proprio ne dobbiamo individuare uno solo (prevalente sugli altri), non è dato dai salari alti bensì dalla mancanza di lavori ben retribuiti nel settore privato.
    Il settore pubblico offre retribuzioni in media superiori rispetto a quelle del settore privato.
    La forza lavoro migliore del sud cerca opportunità di lavoro preferenzialmente nel settore pubblico; in tanti vincono concorsi al Nord al solo scopo di poter un giorno tornare nel loro amato sud.
    Questo stato di cose spiega la difficoltà, da parte di quelle aziende private che decidono di investire nel SUD, a reperire le professionalità di cui necessitano; riescono a reperire, anche a buon mercato, solo forza lavoro poco qualificata.
    Questo stato di cose è alla base della minore produttività del lavoro al sud.
    La soluzione a problema della bassa produttività del lavoro sta nel retribuire meglio le professionalità più qualificate mantenendo per tutto il tempo necessario (anche qualche decennio) un elevato gap retributivo con la forza lavoro meno qualificata.

  3. Raffaele Principe

    Nel settore privato i salari reali sono molto più bassi di quelli dichiarati. Si aggirano sui 400-600 euro mensili, anche se in busta paga risultano il doppio. gli aiuti agli imprenditori non producono un solo posto di lavoro in più.
    Ma sulla produttività, intesa come innovazione tecnologica e dei processi che questi bassi salari, paradossalmente, non la incentivano, oltre ad avere un ricambio continuo dei dipendenti che, giustamente, cercano occupazione migliore, sia come retribuzione che come ambiente. Le imprese hanno enorme liquidità disponibile che magari portano in Svizzera, ma che non investono in innovazione, tranne pochissimi casi, proprio perchè hanno disponibile una gran quantità di manodopera a bassissimo costo.
    Renzi ha gridato ai quattro venti che il capolarato va stroncato subito, ma non c’è solo quello. Bisognerebbe imporre che le retribuzioni fossero erogate solo con bonifico e magari poi fare indagini sui c/c dei dipendenti (strana proposta) per evitare ce il giorno dopo riportino il 50% del salario all'”imprenditore”. E questi salari sono veri soprattutto per i giovani, anche qualificati: laureati e diplomati. E se proprio Renzi avesse in animo di dare una mano al sud, darebbe un salario minimo, anche 400-500 euro mensili, a tutti i disoccupati, altro che abolizione della Tasi, così sottrarrebbe dal ricatto della sopravvivenza quotidiana milioni di persone e stimolerebbe le aziende ad essere competitive puntando all’innovazione ed anche alla trasparenza

  4. Antonio Aquino

    Una forte riduzione del costo del lavoro per le imprese del Mezzogiorno esposte alla concorrenza esterna (in particolare quelle manifatturiere) è indispensabile per indirizzare il Sud verso una situazione di normalità occupazionale. Sgravi fiscali consentirebbero a queste imprese di offrire ai lavoratori retribuzioni analoghe a quelle dei settori protetti (in particolare quello pubblico) con un costo del lavoro minore di quello delle imprese del Nord, così da compensare la differenza di produttività. Una causa importante della minore produttività delle imprese manifatturiere del Mezzogiorno è una carenza di esperienze produttive; il sostegno all’attività di queste imprese mediante sgravi fiscali stimolerebbe gradualmente la loro produttività (il capitale umano si forma anche nelle imprese mediante il “learning by doing”). La Commissione Europea si oppone a forme di fiscalità di vantaggio per le imprese del Mezzogiorno, ritenendo che i divari di produttività debbano essere eliminati mediante l’uso efficace dei fondi strutturali. Purtroppo l’esperienza degli ultimi 30 anni ha evidenziato chiaramente che, anche nelle regioni in cui questi fondi sembrano essere stati utilizzati meglio (per esempio la Puglia), il loro impatto sulla produttività, e quindi sulla competitività delle imprese, è stato pressoché nullo. E’ quindi necessario sollecitare un ripensamento da parte della Commissione europea sulle politiche di stimolo della competitività delle imprese del Mezzogiorno.

  5. Giorgio

    Sono interessato al grafico. Dove è possibile reperire dei dati?

  6. Pier Doloni Franzusi

    L’unica soluzione e’ lasciare i salari al mercato, nonche’ allienare anche i salari pubblici a costo della vita e PIL salari medi dell’area in cui operano. A quel punto avra’ senso investire al sud e questo potra’ crescere senza aver bisogno di forme di assistenza che poi finiscono solo per alimentare la corruzione. Non capisco poi perche’ sarebbe auspicabile che ci fossero gli stessi salari che al nord, sicuri che siano meglio 1200 euro in Sicilia che 1600 a Milano, per lo stesso lavoro?

  7. enzo

    In linea generale sarei daccordo con una politica di bbassamento dei costi di produzione in un’area geografica che oltre a presentare gli stessi difetti del paese ne aggiunge di suoi propri. anche se bisogna considerare gli ostacoli della ue. tuttavia per attribuire la minore produttività al fattore lavoro si dovrebbero considerare le stesse imprese con localizzazione differente. ad esmpio fiat di melfi con fiat mirafiori. altrimenti il basso dato della produttività potrebbe essere causato , almeno in parte, dai fattori organizzativi, finanziari , logistici, capitale ecc

  8. User

    Articolo da pensiero capitalista! Vi siete dimenticati quando le industrie del nord prendevano (e ancora) prendono denaro pubblico a go-go perché in perdita? Siete liberisti quando vi conviene e socialisti quando non vi conviene.

  9. M.S.

    Il mio maestro di economia politica non era un neoclassico. Mi fece comprendere piccoli fatti semplici, che gli economisti neoclassici spesso nascondono.
    Ad esempio: se la Regione A produce l’80% di beni industriali e il 20% di lavori edili, e la Regione B produce il 60% di beni industriali e il 40% di lavori edili, ci si può legittimamente attendere che la produttività totale del lavoro, che considera i due settori insieme, sia più alta nella Regione A e più bassa nella Regione B. La produttività a cui mi riferisco è la produttività tecnica del lavoro, a prescindere dai salari, poiché un comparto (l’edilizia) è ad alta intensità di lavoro e bassa produttività, mentre l’altro comparto (manifattura) è ad alta produttività del lavoro e maggiore intensità di capitale. Mi preme evidenziare questo perché ragionare solo di incentivi può non bastare, o colpire l’obiettivo sbagliato. Se infatti la Regione B continua a produrre più edilizia che industria (rispetto alla regione A), il risultato di uno sgravio sul costo del lavoro che non modificasse la struttura produttiva non modificherebbe nemmeno il divario di produttività. Marco Spampinato

  10. Cincera

    La Soluzione definitiva E’ Non tassare a vita le imprese che vanno ad operare nel Sud Con l’obbligo di investire gli utili nel circuito economico locale E modernizzare nel rispetto dell’ambiente Facendo così aumentare i salari e i consumi E soprattutto azzerare il costo sociale della disoccupazione e gli effetti dolosi della malavita Della corruzione e dell’evasione fiscale Un programma economico e sociale che ne sono certo creerà migliaia di posti di lavoro… gcincera

  11. sss

    Nel mio commento non voglio aggiungere l’ennesima proposta di soluzione ma vorrei invece porre una semplice domanda, sperando che qualcuno mi risponda. Sapreste dirmi cosa è la produttività indipendentemente da come la si misuri?
    Se ci sono motivi per considerare il valore aggiunto per lavoratore un “buon indicatore della produttività media” forse ce ne sono almeno altrettanti per considerarlo distorto.
    Grazie

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