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Quanti sono i soldi per la sanità?

Sono sufficienti i fondi assegnati alla sanità dalla manovra di bilancio? In numeri assoluti lo stanziamento cresce, in percentuale è stabile intorno al 6 per cento del Pil. La vera questione è però come costruire e organizzare la sanità territoriale.

Il finanziamento per il Fondo sanitario nazionale standard

Con la pubblicazione del Documento programmatico di bilancio e della legge di bilancio arrivano, puntuali, le prese di posizione sulla sanità, una materia che continua a essere politicamente rilevante. Siccome è politicamente rilevante, non sorprende che sull’argomento i politici continuino a litigare, sfruttando anche la grande confusione che si può fare con i numeri, tra finanziamento e spesa, tra allocazioni del Documento programmatico di bilancio e della legge di bilancio.

Vediamo cosa cambia rispetto alle cifre circolate con il Documento programmatico di bilancio e con la legge di bilancio.

La legge di bilancio (articolo 47) chiarisce le scelte del governo in merito al finanziamento del Fabbisogno sanitario nazionale standard (Fsns). Attenzione, finanziamento, non spesa sanitaria pubblica: quella dipende dalle scelte delle regioni ed è finanziata anche dalle entrate proprie del Servizio sanitario nazionale (Ssn), le compartecipazioni alla spesa da parte dei cittadini. La decisione sul finanziamento è politica: il meccanismo prevede che il governo decida quanti soldi mettere sul Fsns e li ripartisca tra le regioni in base a regole condivise con queste stesse. Sono poi le regioni che scelgono come spenderli. In genere, ne spendono un po’ di più di quelli che ricevono, con risultati negativi di esercizio intorno a 1 miliardo di euro.

Una programmazione triennale

Negli ultimi anni, il finanziamento del Fsns si è basato su una programmazione almeno triennale. Così, per capire quanti soldi ha messo quest’anno il governo dobbiamo tener conto di quanti ne aveva messi l’anno scorso e l’anno prima ancora. La figura 1 rende chiaramente visibile il meccanismo di “accumulo” dei finanziamenti da un anno all’altro: la legge di bilancio per il 2024 aveva assegnato 136,4 miliardi di euro al Fondo del 2025, che rispetto ai 134,9 complessivi per il 2024 significa 1,5 miliardi in più. Lo stanziamento della legge di bilancio presentata dal governo per il 2025 è di 1,3 miliardi (più alto rispetto ai circa 900 milioni di euro che erano circolati nei giorni scorsi, calcolandoli sul Documento programmatico di bilancio), che porterebbero il totale a 137,7 miliardi di euro.

L’aumento delle risorse per la sanità pubblica sarebbe quindi di complessivi 2,8 miliardi di euro, di cui più della metà già messi a bilancio dallo scorso anno. Tra l’altro, con questo meccanismo, il governo ha già stanziato altri 5 miliardi circa per il 2026, una decisione che porterebbe il Fsns a 141,7 miliardi di euro in quell’anno. Sarebbe politicamente molto difficile l’anno prossimo per il governo rimangiarsi la parola; semmai potrebbe decidere di non aggiungere altro. Lo stanziamento 2026 è quindi ragionevolmente acquisito, a meno di crisi epocali. Come si nota dalla figura 1, il governo ha poi già aggiunto 1 miliardo di euro in più all’anno, dal 2027 al 2030, quando il Fsns arriverà a 145,6 miliardi di euro.

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La domanda a questo punto diventa: ma queste risorse sono sufficienti? È facile affermare che non si sono mai messi così tanti soldi sulla sanità, perché – al di là di due casi eccezionali in passato, sempre in occasione di gravi difficoltà di bilancio – il finanziamento al Fsns è sempreaumentato in termini nominali. A meno di trovarsi veramente alle strette col bilancio pubblico, nessun governo può seriamente pensare di tagliare il finanziamento al Sistema sanitario in termini nominali perché il prezzo politico sarebbe troppo elevato. Per avere contezza delle cifre, basti pensare che il finanziamento nel 2019, l’anno precedente il Covid, è stato di 114,4 miliardi di euro; la differenza con il 2024 è di 20 miliardi. Nel 2014, dieci anni fa, il Fsns valeva 110 miliardi e la differenza con il 2024 è di quasi 25 miliardi. Ma il finanziamento nominale che si iscrive nei documenti ufficiali è sempre a valori correnti, quindi ingloba l’inflazione. Un modo per tenere conto della crescita dei prezzi è di valutarlo in rapporto al Pil nominale, che cresce anch’esso con l’inflazione. In questo caso, se si esclude il 2020 e il 2021, anni eccezionali sia per il finanziamento al Ssn sia per le variazioni del Pil, il tentativo dei diversi governi che si sono succeduti alla guida del paese è semmai quello di stabilizzare il finanziamento poco sopra il 6 per cento del Pil. Questo è, perlomeno alla luce delle priorità politiche del governo Meloni, che lo portano a privilegiare altri interventi, quello che il paese si può permettere, tanto più che in futuro – in base alle nuove regole fiscali europee – la spesa primaria netta complessiva dovrebbe crescere di circa la metà della crescita del Pil nominale. In questo senso, la sanità rappresenta una eccezione in senso positivo.

Ristrutturare la rete dei servizi

Il vero problema è però un altro e continua a rimanere inevaso nel dibattito politico, a destra come a sinistra: come spendiamo i 137,7 miliardi di euro del Fondo sanitario, che – almeno sulla carta – dovrebbero garantire i livelli essenziali di assistenza in tutte le regioni. Sono anni che si ripetono sempre le stesse cose. Per esempio, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto la costruzione di una sanità territoriale basata su case della comunità e ospedali della comunità. È un tema centrale. Di sanità territoriale abbiamo bisogno per far funzionare meglio gli ospedali: da un lato, per sollevare i pronto soccorso dei casi meno gravi; dall’altro, per poter dimettere i pazienti quando necessitano di cure meno intensive, liberando i posti che servono per i pazienti acuti e per gli interventi programmati. Risolverebbe in parte anche il problema delle liste d’attesa. Ma cosa ne è di questo piano, già normato con il Dm 77/2022? Chi popolerà le case e gli ospedali della comunità? Quale sarà il ruolo dei medici di medicina generale, soprattutto nelle case? Connesso alla rete di servizi territoriali c’è poi da definire il ruolo dell’ospedale, che – sempre il Pnrr – consente di migliorare sul fronte infrastrutturale, sia per quanto attiene agli edifici, sia per quanto attiene alle apparecchiature. Il Dm 70/2015, che fissa gli standard per l’assistenza ospedaliera, è stato varato esattamente per questo. Tuttavia, a quasi dieci anni dalla sua approvazione, è largamente inevaso da parte delle regioni. Ma non avrebbe senso sistemare un ospedale che non rispetta gli standard del decreto. Qualcuno ci sta pensando, sta valutando i reparti in base ai bacini di utenza come stabilito dal decreto? È da qui che si dovrebbe poi partire per una programmazione seria del personale e per tutte le scelte legate ai contratti e alla remunerazione di medici e di infermieri.

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Le scelte su come ristrutturare la rete dei servizi, ridefinendo il peso relativo di ospedale e territorio, avrebbero inevitabili conseguenze distributive tra i principali attori del sistema (medici ospedalieri, medici del territorio, infermieri e altre figure professionali) e scardinerebbero uno status quo ormai palesemente inefficiente. Sarebbe importanteche la politica prima discutesse su tali questioni e solo dopo sulle risorse complessive destinate al Ssn.

Figura 1

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Il Punto

  1. Savino

    Non c’è mai stata alternativa alla linea di credito sanitaria del MES, che ne garantiva 35-40 di mld. A chi mi dice che questa è una decisione drastica rispondo: vi rendete conto come siamo combinati?

  2. paolo

    in realtà la questione più rilevante è che con il PNRR (pur in modo discutibile e criticabile) si è deciso di costruire 2.000 strutture territoriali, ma la politica finge di dimenticare che per attivare veramente queste strutture serviranno servizi e decine di migliaia di operatori, in un SSN che già manca di decine di migliaia di addetti in pianta organica e che è sottoposto a un tetto di spesa del personale assurdo per cui anche aziende sanitarie che avessero i bilanci in regola per assumere non potrebbero comunque farlo.
    la “scelta su come ristrutturare la rete dei servizi” quindi è già stata fatta (anche se in realtà è una non-scelta “ecumenica”, visto che la distribuzione sul territorio è in base alla popolazione senza valutazioni di efficienza logistica): le 2.000 nuove strutture del PNRR sono la nuova rete territoriale ristrutturata; il problema è che non si prende atto dei miliardi di spesa aggiuntiva che serviranno per accenderle, climatizzarle, farle funzionare e soprattutto popolarle del personale necessario.

    @Savino: il MES poteva e potrebbe essere utilizzato per finanziare gli investimenti sanitari (come già il PNRR), qui si parla della spesa corrente per il funzionamento del SSN

  3. Pieffe

    La spesa sanitaria pubblica dipende da quale assistenza si vuole dare agli abitanti del paese. Circa 50 anni fa, la classe politica decise che essa doveva essere a tutto campo; dalla medicina di base a quella ospedaliera, fermo restando il diritto dei privati di offrire un servizio alternativo. Sorvolando su questo mezzo secolo, oggi le cose stanno in modo ben diverso. L’offerta di servizio delle strutture pubbliche si è ampiamente ridotta ed è largamente insufficiente; essa è integrata ampiamente dalle strutture private, anche se in gran parte in convenzione (cioè ugualmente a carico del pubblico). Ovviamente non si può tornare all’idea originale, ad un servizio pubblico potenzialmente capace di servire tutti gli abitanti. Si vuole comunque assicurare un’assistenza completa a tutti gli abitanti (stranieri compresi)? Allora il costo è conseguente, basta confrontarsi con i paesi analoghi; e lo stanziamento attuale non è adeguato. Non si ritiene che l’Italia possa sostenere un servizio pubblico universale ? Allora bisogna cambiare le regole; e decidere cosa deve pagare lo Stato (direttamente o in convenzione) e cosa no. In pratica, formalizzare la situazione di fatto.

  4. Lantan

    “Un modo per tenere conto della crescita dei prezzi è di valutarlo in rapporto al Pil nominale, che cresce anch’esso con l’inflazione. In questo caso, se si esclude il 2020 e il 2021, anni eccezionali sia per il finanziamento al Ssn sia per le variazioni del Pil, il tentativo dei diversi governi che si sono succeduti alla guida del paese è semmai quello di stabilizzare il finanziamento poco sopra il 6 per cento del Pil.” Ma dal 2022 al 2024 i “vari governi” che si sono succeduti in realtà sono solo il governo Draghi (ministro dell’economia Giorgetti) e il governo Meloni (ministro dell’economia sempre Giorgetti). L’obiettivo della destra estrema è definanziare il Servizio Sanitario Nazionale per favorire la sanità privata (e i giornali degli Angelucci che sponsorizzano la destra). Lo stesso autore dell’articolo parla di finanziamento della sanità in rapporto al Pil di poco superiore al 6 percento… Non è assolutamente sufficiente per la Sanità Pubblica dopo lo shock della pandemia, come sottolineato, peraltro, dall’analisi eseguita dalla Fondazione Gimbe. E come evidenziato dai Sindacati dei Medici che hanno indetto lo sciopero contro la manovra.

    • francesco mario

      Giorgetti non era ministro dell’economia con Draghi

  5. Leonardo Cavazzoni

    Non voglio entrare nel merito delle cifre però una domanda dovremmo farcela : siamo sicuri che pur mettendoci cifre esorbitanti questo modello sanitario attuale possa reggere di fronte a un Italia che , nei prossimi anni sarà sempre più composta da persone anziane e con un grosso squilibrio demografico ? Il ruolo dei medici di famiglia da esempio non dovrebbe cambiare ? Oggigiorno son oberati di pazienti e fanno ricette a tutto spiano nei loro studi medici . Non sarebbe meglio che si concentrassero soprattutto sui pazienti che già presentano sintomi i disturbi gravi o che hanno una certa età per evitare che si aggravvino ulteriormente ? magari facendo visite periodiche programmate a domicilio !. Si dice sempre che la prevenzione è più importante della cura ma per fare buona prevenzione e giusto che la diagnostica sia sempre legata agli ospedali ? Le guardie mediche sono abbastanza sfruttate e conosciute per evitare che si intasino i pronto soccorso ? E noisiamo consapevoli di quanto i nostri comportamenti e abitudini icidono sul SSN ? se fossimo “obbligati” alla prevenzione e a uno stile di vita sano cambierrebbero le cose ?

  6. Alessandro

    Non si può prendere il 2019 come base statistica, in quanto il maggior stanziamento nella sanità è avvenuto nel 2020 col Covid.
    Nel 2022 Draghi ha stanziato 131,1 miliardi per la sanità. Quanto dovrebbero essere nel 2025 per avere la stessa Ppa (parità potere d’acquisto)?
    Per utilità pratica.
    2023 – inflazione 5,7, > 131,1 x 1,057 = 138,6 miliardi.
    2024 – inflazione 0,9 > 138,6 x 1,009 = 139,8 miliardi.
    Il presidente del Consiglio nel 2025 ci mette 136,5 miliardi, ovvero 3,3 miliardi in meno (139,8-136,5) a Ppa di chi ha governato prima di lei.

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