La formazione obbligatoria rappresenta una chiave strategica per modernizzare il settore pubblico. È però necessaria una più forte integrazione tra obiettivi formativi, responsabilità dei dirigenti e monitoraggio dei risultati. Come avviene nel Regno Unito.
La direttiva sulla formazione continua
La formazione continua per il personale pubblico è un pilastro centrale nel contesto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che prevede obiettivi ambiziosi legati alle transizioni digitale, ecologica e amministrativa, oltre a declinare e contestualizzare la trasposizione del ComPAct (la comunicazione della Commissione europea sul rafforzamento dello spazio amministrativo europeo) nell’ordinamento italiano. La direttiva europea sancisce l’obbligo per ogni dipendente pubblico di raggiungere un minimo di 40 ore annuali di formazione, con attenzione alla pianificazione integrata e alla valorizzazione del capitale umano, rafforzando la capacità delle amministrazioni pubbliche di rispondere efficacemente alle nuove sfide e alle richieste dei cittadini.
Il ruolo strategico dei dirigenti
Un aspetto cruciale introdotto dalla direttiva riguarda il vincolo per i dirigenti pubblici di garantire l’effettiva partecipazione dei propri collaboratori ai percorsi formativi. L’inosservanza dell’obbligo è sanzionabile sotto il profilo della responsabilità dirigenziale (art. 21, Dlgs n. 165/2001), tanto per mancato rispetto delle direttive quanto per mancato raggiungimento degli obiettivi. La formazione è intesa non solo come strumento tecnico, ma come una responsabilità strategica per il miglioramento delle performance organizzative. I dirigenti, pertanto, sono chiamati a pianificare accuratamente i fabbisogni formativi, ma anche a monitorare e valutare l’impatto delle attività di formazione.
Inoltre, il sistema di misurazione e valutazione della performance (Smvp) diventa un elemento cardine per verificare il conseguimento degli obiettivi formativi e il loro impatto sulle competenze del personale. Il mancato raggiungimento dei target può comportare sanzioni disciplinari per i dirigenti e penalizzazioni economiche legate alla performance.
Gli investimenti formativi sono progettati per:
- aumentare la consapevolezza e l’impegno dei dipendenti nel creare valore pubblico;
- integrare obiettivi strategici con pratiche sostenibili e innovative;
- ridurre il divario tra competenze acquisite e performance operative;
- è cruciale il ruolo della Sna e dei poli formativi territoriali, dipartimento della Funzione pubblica e Formez Pa.
È un fondamentale processo di aggiornamento e sviluppo continuo con attenzione alle nuove tecnologie, alfabetizzazione digitale, sostenibilità ambientale (principi Dnsh) per affrontare nel modo migliore le sfide della transizione ecologica.
Rafforzare le competenze trasversali
La direttiva riconosce l’importanza delle soft skill e delle competenze di leadership come elementi trasversali necessari per affrontare i processi di innovazione. La capacità di guidare il cambiamento, di lavorare in team e di comunicare efficacemente sono competenze chiave che ogni amministrazione deve promuovere attraverso programmi formativi dedicati.
In ogni caso, è auspicabile realizzare un sistema di monitoraggio più integrato e una maggiore accountability. Una proposta concreta consiste nell’istituzione di un “Osservatorio nazionale sulla formazione nella Pa”, con il compito di:
- analizzare i risultati delle politiche formative in termini di valore pubblico generato.
- identificare le best practice da replicare a livello nazionale e locale.
- offrire supporto continuo ai dirigenti per il raggiungimento degli obiettivi formativi.
- promuovere un dialogo costante tra amministrazioni centrali e locali per condividere strategie e strumenti.
- creare forme di coordinamento tra i vari programmi di formazione, al fine di evitare inutili duplicazioni e aumentare il livello qualitativo.
La proposta origina sulla base dell’esperienza del Regno Unito con il “Civil Service Learning”, un programma che monitora costantemente l’efficacia dei percorsi formativi attraverso strumenti di analisi delle competenze e feedback sistematico da parte dei partecipanti.
La formazione obbligatoria nella Pa, come delineata dalla direttiva del 2025, rappresenta una leva strategica per modernizzare il settore pubblico e promuovere un servizio di qualità superiore. Tuttavia, affinché il sistema generi reale valore pubblico, è necessaria una maggiore integrazione tra obiettivi formativi, responsabilità dirigenziale e monitoraggio degli impatti. Solo così la formazione potrà trasformarsi da mero obbligo normativo a fattore chiave di trasformazione sociale e amministrativa.
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Savino
Concetti chiave: valore pubblico e capacità di guidare il cambiamento.