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Se la Corte dei conti europea bacchetta i Pnrr*

I rilievi della Corte dei conti europea sull’attuazione del Rrf danno indicazioni su come dovranno essere strutturati i programmi di investimenti per la coesione successivi al 2027. La questione ruota attorno al livello al quale avviene la valutazione.

I rilievi della Corte dei conti europea

Una recente analisi della Corte dei conti europea evidenzia non poche criticità nell’impostazione e nell’attuazione del dispositivo di ripresa e resilienza (Rrf).

Ci concentriamo qui sugli aspetti che potrebbero avere importanti implicazioni nel dibattito sul quadro finanziario pluriennale successivo al 2027, in particolare per quanto riguarda l’estensione degli strumenti basati sulla performance e non sulla spesa effettuata.

La Corte riconosce come il Rrf rappresenti il primo caso di attuazione su larga scala del modello di finanziamenti non collegati ai costi (Fncc): i pagamenti della Commissione agli stati membri si fondano difatti sul conseguimento di traguardi e obiettivi, anziché sul rimborso delle spese ammissibili.

Nonostante l’adozione del modello Fncc, la Corte evidenzia limiti regolatori e attuativi del “metodo Pnrr” che mettono a rischio il raggiungimento degli obiettivi prefissati e l’impiego ottimale delle risorse, minando così l’efficienza, l’efficacia e l’equità dei Piani.

La questione dell’efficienza ed efficacia

La Corte definisce l’efficienza come “il miglior rapporto tra le risorse impiegate, le attività intraprese e il conseguimento degli obiettivi”. È una definizione che presuppone una valutazione a livello “micro”, con riferimento ai singoli interventi da realizzare. E dunque non può essere conseguita dai Pnrr, dal momento che “tutte le informazioni si basano su costi stimati o su valori unitari, in quanto la Commissione non raccoglie né utilizza informazioni sulla spesa effettiva”. Tanto che la Corte ha riscontrato casi in cui i costi stimati erano superiori ai costi effettivi.

La Corte evidenzia poi come i traguardi e gli obiettivi forniscano informazioni sui progressi compiuti nell’attuazione delle misure finanziate dal Rrf, focalizzandosi però non tanto sui risultati, quanto sulle realizzazioni (ad esempio, numero di edifici ristrutturati, chilometri di ferrovie costruiti o stazioni di ricarica installate) o addirittura su risorse e procedimenti (completamento di una specifica fase amministrativa, assunzione di personale o spesa di un determinato importo di fondi).

Utilizzando la classificazione adottata dalla Corte (figura 1), i traguardi e gli obiettivi del Rrf tenderebbero a soffermarsi eccessivamente su una fase iniziale della valutazione di un intervento (la realizzazione), trascurando il risultato e, ancor più, l’impatto delle misure finanziate.

Figura 1 – Classificazione di “risorsa” (input), “realizzazione” (output) e “impatto”

Fonte: Relazione speciale Corte dei conti europea 26/2023 (figura 3)

Da questo punto di vista, per quanto riguarda il Pnrr italiano, spiccano le misure di agevolazione alle imprese affidate alla gestione di agenzie a controllo pubblico (Invitalia, Ismea). Qui l’obiettivo coincide con la stipula di un contratto con l’impresa beneficiaria, senza alcuna garanzia o verifica né sul se e quando gli investimenti saranno realizzati, né sui loro impatti.

Anche le misure sugli investimenti sulle direttrici ferroviarie scontano limiti di risultato e impatto, dal momento che l’obiettivo finale coincide con la realizzazione di chilometri di nuovo tracciato, senza considerare la conclusione o la messa in funzione dell’opera.

Possibili disparità di trattamento

La Corte ha rilevato l’assenza di un approccio armonizzato nel definire i traguardi e gli obiettivi che sono la condizione per il pagamento. Ciò pregiudica la comparabilità tra gli stati membri e crea un rischio di disparità di trattamento. La figura 2 evidenzia come il livello di ambizione dei traguardi e degli obiettivi finali possa variare da un Pnrr all’altro pur per progetti simili.

La Corte osserva anche che l’Rrf è stato concepito in modo tale che gli esborsi non riflettano necessariamente i progressi compiuti nell’attuazione, anzi, per alcuni stati, una quota significativa dei finanziamenti viene versata prima del completamento delle misure. Ciò rappresenta un rischio, dato che il regolamento Rrf non prevede la possibilità di recuperare importi nei casi in cui le misure non siano state completate.

Figura 2 – Esempi di obiettivi con diversi livelli di ambizione per misure simili

Fonte: Relazione speciale Corte dei conti europea 26/2023 (riquadro 1)

Indicazioni per il futuro

Le osservazioni della Corte sicuramente influenzeranno il dibattito sul metodo a cui dovranno ispirarsi i programmi del post-2027, a cominciare da quelli relativi alla coesione.

I rilievi sull’efficienza appaiono formalmente corretti, ma comportano il rischio che in futuro si seguano ancora approcci “micro” alla metodologia dei Fncc analoghi a quelli sinora applicati ai programmi della coesione. Ma la valutazione di efficienza legata a singoli interventi necessita di robuste basi informative sui costi, di sofisticate metriche valutative e di elevate capacità gestionali e quindi vi si fa ricorso raramente. Al contrario, il Rrf persegue un approccio meno granulare, nel quale la performance viene verificata a un livello più elevato – la misura di policy – e non a livello dei singoli interventi che la compongono.

Ciò potrebbe comportare perdite di efficienza, dal momento che il raggiungimento dell’obiettivo aggregato può assicurare l’efficacia della misura di policy, ma non l’efficienza delle singole operazioni in termini di costi sostenuti per realizzare i vari interventi. Tuttavia, il metodo Pnrr può essere considerato un accettabile second best concretamente perseguibile, tanto più che le amministrazioni vi hanno già effettuato un notevole e generalizzato investimento in conoscenza e learning by doing.

Del tutto condivisibile appare, invece, il monito della Corte sulla regolazione dei futuri strumenti basati sulla performance: per essere applicati, dovranno chiaramente collegati ai risultati. È un rilievo di particolare attualità, visto che si va incontro a riprogrammazioni dei Pnrr che hanno come obiettivo unicamente l’impiego delle risorse o la mera individuazione dei beneficiari.

Altrettanto pertinenti le considerazioni di equità. I futuri strumenti europei per gli investimenti basati su Fncc dovranno essere dotati di impianti regolatori che rendano più cogente la verifica dei risultati effettivamente conseguiti e garantiscano non solo la parità di trattamento tra stati membri, ma anche tra diverse tipologie di intervento (infrastrutture vs agevolazioni).

Inoltre, la loro applicazione alle politiche di coesione necessiterebbe di una definizione dei traguardi da raggiungere anche a livello territoriale, attraverso la fissazione di standard minimi e di specifici target di riduzione dei divari sociali e regionali.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

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  1. Savino

    Si faccia un parallelismo con il Piano Marshall, con le sue modalità di gestione, con le conseguenze che esso ebbe per l’economia di mercato, sull’occupazione, sul benessere della popolazione e poi mi si venga ancora a dire che la Corte dei Conti non ha ragione e che, invece, ha ragione la pletora di amministratori locali che ha sperperato in balocchi e profumi quei fondi che la next generation avrà sul groppone anzichè beneficiarne.

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