I principali punti evidenziati nella Nota con riferimento alle misure fiscali previste nel ddl di stabilità sono due.
1) Gli interventi in materia di Irpef favoriscono quasi il 99 per cento dei contribuenti effettivi. È proprio quello che anche noi evidenziavamo con una sottolineatura aggiuntiva: per rendere più chiara la comunicazione verso l’opinione pubblica (forse i parlamentari già lo sanno!) meglio dire a chiare lettere che i contribuenti effettivi, cioè quelli che oggi pagano una imposta positiva, sono 30,8 milioni, mentre poi ci sono circa 10 milioni di contribuenti (chiamiamoli “non-effettivi” o “incapienti”, quelli cioè che hanno imposta netta pari a zero) che dalla manovra non perdono ma neppure traggono benefici. E questo dà la misura del problema dell’incapienza: chi già non paga imposta (i poveri, più qualche non-povero ma evasore) non potrà ricavare alcun vantaggio da una manovra, va sottolineato, presentata dal governo come attenta ai profili dell’equità.
2) L’intervento in materia di Iva va confrontato con il quadro di legislazione vigente, che prevede un regime Iva più gravoso, e pertanto determina una riduzione del carico Iva. Non possiamo che essere d’accordo. In termini di programmazione di finanza pubblica è certamente il quadro della legislazione vigente che costituisce il riferimento rispetto a cui valutare gli interventi proposti dal ddl di stabilità. Ma accanto a questa prospettiva, ed è quanto abbiamo argomentato nel nostro contributo, ne esiste un’altra: l’impatto della manovra sugli attuali bilanci familiari, sui quali non si è ancora scaricato l’aumento Iva previsto dalla legislazione vigente. Valutare gli effetti della manovra Iva su quanto le famiglie pagano oggi ci sembra una prospettiva di analisi rilevante quanto quella richiesta dalla programmazione finanziaria.
La legge di stabilità alla guerra dei numeri, Massimo Baldini, Simone Pellegrino e Alberto Zanardi 24.10.2012
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Professore ordinario di Scienza delle finanze nell'Università di Bologna. Attualmente è componente del -Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa pubblica istituito presso il MEF. Durante il 2022 è stato presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard presso il MEF e tra il 2014 e il 2022 componente del Consiglio direttivo dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Nel passato ho fatto parte della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e della Commissione tecnica per la finanza pubblica presso il MEF.
Professore di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia "Marco Biagi" dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Membro del Capp, Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche, dello stesso dipartimento, del comitato scientifico della Fondazione Gorrieri e del comitato editoriale di Politica Economica - Journal of Economic Policy. Fa parte della redazione de lavoce.info.
Simone Pellegrino è professore associato di Scienza delle finanze presso il Dipartimento di Scienze Economico-sociali e Matematico-statistiche (ESOMAS) dell’Università di Torino. In precedenza è stato ricercatore presso la medesima Università. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in finanza pubblica presso l’Università di Pavia e il Master in public economics presso la University of York (UK). I suoi interessi di ricerca vertono prevalentemente su tematiche relative all’imposizione fiscale, alla costruzione di modelli di micro-simulazione tax-benefit e all’analisi dell’effetto redistributivo delle imposte.
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