Il rapporto Istat sui collaboratori coordinati e continuativi contiene molte conferme. Per esempio, i veri parasubordinati sono circa 400mila, un numero sostanzialmente stabile dal 1999. Ma i dati disponibili non permettono di rispondere alla domanda cruciale se la condizione di parasubordinato sia temporanea o permanente. Ancora una volta in Italia le misure di politica del lavoro vengono varate, riformate, abrogate e reintrodotte senza prevedere un sistema di monitoraggio che ne renda possibile la valutazione in termini scientifici. LIstat ha pubblicato di recente un
Molte conferme
Il rapporto Istat contiene molte conferme. Prima di tutto, i co.co.co “veri” – che ci piace chiamare parasubordinati – sono meno di mezzo milione: 407mila nel IV trimestre 2004. Questo dato è del tutto coerente con quello già noto di fonte Inps. Come lo stesso rapporto sottolinea, infatti,
· si devono considerare i contribuenti Inps, non gli iscritti alla IV gestione separata. Nel 2001 gli iscritti superavano i 2 milioni di unità, ma questo è solo il numero cumulato di chi è stato co.co.co. almeno una volta fra il 1996 e il 2001 e non si è mai cancellato dallarchivio non essendoci alcuna ragione pressante per farlo;
· dai contribuenti Inps si deve escludere chi svolge collaborazioni come seconda attività (il 30 per cento dei contribuenti alla IV gestione);
· si devono escludere i professionisti e gli amministratori di società, che versano i contributi previdenziali nella suddetta gestione, ma non sono parasubordinati (un altro 30 per cento circa);
· il rimanente 40 per cento dei contribuenti Inps (i parasubordinati “veri”) ammontava a 520mila persone circa nel 1999.
Il dato Inps è superiore al dato Istat perché il metodo di rilevazione è diverso: i parasubordinati di fonte Inps comprendono tutte le persone che nel corso dellanno hanno versato un contributo alla IV gestione, mentre la fonte Istat conta il numero di parasubordinati attivi nella settimana precedente lintervista.
Una popolazione stabile
Una volta convinti che lesercito dei parasubordinati è costituito da circa 400mila persone, dobbiamo anche convincerci di un secondo dato, nuovo: lesercito non è cresciuto molto dal 1999 a oggi. E la distribuzione per sesso, età e localizzazione geografica dei parasubordinati appare pressoché invariata. (Tabella 1).
Tabella 1: i lavoratori parasubordinati
INPS 1999 | ISTAT 2004 | |
Totale | 520,000 | 407,000 |
% | % | |
Femmine | 59 | 61 |
15-34 anni | 60 | 51 |
35-54 anni | 32 | 37 |
55 anni e oltre | 7 | 11 |
Nord-ovest | 39 | 34 |
Nord-est | 21 | 22 |
Centro | 25 | 27 |
Sud | 12 | 17 |
È chiaro che un confronto puntuale fra i dati Inps e Istat non è possibile; il diverso metodo di rilevazione non lo permette. Ragionamenti precisi sullevoluzione temporale di questa popolazione saranno possibili solo quando lInps renderà disponibili dati più aggiornati. Si possono però confrontare gli ordini di grandezza, sia per quanto riguarda la numerosità che la composizione di questa popolazione. Gli ordini di grandezza sono molto simili; le differenze che si evidenziano nella tabella 1 possono essere spiegate dal diverso metodo di rilevazione: per esempio, il metodo Istat rileva in misura minore gli episodi più brevi, verosimilmente più tipici fra i giovani. (2)
La sostanziale stabilità dei parasubordinati dal 1999 a oggi potrebbe indicare che già tre anni dopo lintroduzione di questa cassa previdenziale (avvenuta nel 1996), la popolazione dei contribuenti era “in equilibrio”. Questo fa sorgere il dubbio che nel 1996 sia emersa nelle statistiche una parte della forza lavoro già esistente e regolare (il contratto di collaborazione esisteva prima di questa data), ma non misurabile in precedenza. In altre parole, la creazione netta di posti di lavoro a seguito di questo contratto sembra ancora una volta questionabile. Con i dati a disposizione questo il dubbio è ben lontano dal poter essere sciolto.
Domande senza risposta
Proviamo ora a capire, per quanto possibile, come lavorano queste persone. LIstat ci dice che lavorano prevalentemente nei servizi alle imprese, che per un terzo di essi il contratto dura meno di dodici mesi. Il 91 per cento lavora per una sola azienda (un dato identico per il 1999 si ottiene dal
Rapporto Inps sui parasubordinati, pubblicato nel 2001), l81 per cento lavora presso lazienda committente, il 61 per cento non decide lorario di lavoro. Il 55 per cento dei parasubordinati somma in sé la mono-committenza, il lavoro presso lazienda e laccettazione di un orario scelto dallazienda. Un lavoro su microdati Whip-Lrr rileva che nel 1999 il compenso medio annuo dei parasubordinati uomini fino a 35 anni era inferiore ai 10mila euro, per salire a circa 13mila euro dopo i 35 anni. (3) Il compenso medio annuo per le donne di ogni età rimaneva invece attorno ai 5mila euro.Un lavoro molto simile al lavoro subordinato, ma meno pagato, con bassi contributi previdenziali e non protetto?Ma la domanda cruciale a cui non siamo in grado di rispondere è: quella di parasubordinato è una condizione transitoria o permanente? Quale carriera lavorativa svolgono queste persone? Sono in grado di ottenere compensi crescenti nel tempo? Sono in grado di ottenere maggiore sicurezza o stabilità, per esempio come parasubordinati con diversi committenti, oppure passando a un contratto di lavoro dipendente?
I dati individuali e longitudinali che permetterebbero di rispondere a queste domande non sono ancora disponibili. Dal lavoro citato su microdati Whip-Lrr sappiamo solo che:
· fra i parasubordinati del 1999, il 23 per cento contribuiva alla gestione separata già nel 1996;
· la probabilità di diventare lavoratori dipendenti nel brevissimo periodo (cioè nel corso del 1999 dato che allinizio dellanno si era parasubordinati) era del 10,8 per cento, decrescente al crescere delletà. Dispiace constatare che ancora una volta in Italia le misure di politica del lavoro, anche quelle accompagnate da ampie discussioni, vengono varate, riformate, abrogate e reintrodotte senza prevedere un sistema di monitoraggio che ne renda possibile la valutazione in termini, per quanto possibile, scientifici.
(1)
Work Histories Italian Panel Laboratorio Riccardo Revelli(2) Per quanto riguarda le differenze nella localizzazione geografica, si deve tener presente il possibile fenomeno dellaccentramento contributivo, che produrrebbe una sottostima del dato meridionale di fonte Inps. Il punto è discusso in
Berton F., Pacelli L., Segre G. (2003)(3) Berton F., Pacelli L., Segre G., “Tra lavoro dipendente e lavoro parasubordinato, chi sono, da dove vengono e dove vanno i lavoratori parasubordinati”, W.P. LABORatorio R. Revelli, n. 25, 2003. In corso di pubblicazione per la Rivista Italiana degli Economisti.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Paolo Montanari
Faccio però notare che al censimento 2001 dell’industria e i servizi ( fonte affidabile ? ) i collaboratori erano quasi 827000.
Claudio Resentini
Altro che subordinati senza sorprese! Il rapporto ISTAT ci rivela (ma i più maliziosi direbbero ci conferma) lo sconvolgente dato, citato anche nellintervento di Lia Pacelli, che la maggior parte dei lavoratori parasubordinati svolge di fatto un lavoro subordinato, anche se meno pagato, con bassi contributi previdenziali e non protetto.
Centinaia di migliaia di lavoratori subiscono, insomma, una forma sottile e legalizzata di sfruttamento e di ricatto. Mi sembra questo lelemento veramente importante del rapporto ISTAT e sul quale bisognerebbe intervenire in maniera decisa.
A cosa servono i dati statistici se i policy makers non li usano per raddrizzare le storture del sistema? A meno che queste storture non siano funzionali ad interessi particolari Scusate la malizia.