In Italia levasione fiscale è alta. Tra il 27 e il 48 per cento del Pil ufficiale, dicono alcuni calcoli. Anche lindagine della Banca dItalia ha dedicato una sezione al fenomeno. Evidenziando la necessità di controlli più severi su particolari settori produttivi, tipologie di contribuenti e aree del paese. Altre stime indicano che la base Irpef di autonomi e di piccole imprese è evasa tra il 55 e il 70 per cento. Sull’Iva, il valore aggiunto non dichiarato è fra il 30 e il 40 per cento; sull’Irap, la base imponibile non dichiarata supera il 30 per cento. E la poetica definizione di impresa moonlighting spiega perché la fiscalità agevolata nel Mezzogiorno non sembra aver favorito lemersione di impresa.
Levasione fiscale è, per definizione, un pianeta difficile da esplorare. Lo è nel senso che lamministrazione finanziaria, con controlli e sanzioni, cerca di far emergere un fenomeno nascosto. Ma lo è anche perché la scelta dei contribuenti se evadere o meno, e quanto evadere, dipende non solo da elementi facilmente e oggettivamente misurabili, come le aliquote delle imposte da pagare o le sanzioni da corrispondere in caso di accertamento, ma anche, e soprattutto, da valutazioni soggettive, percezioni, aspettative, valori. Lindagine della Banca dItalia Uno sguardo penetrante su questo mondo difficilmente conoscibile ci è consentito dalla recentissima indagine “I bilanci delle famiglie italiane nellanno 2004” condotta dalla Banca dItalia. Rileva, su un campione ampio e rappresentativo della popolazione italiana, informazioni sulle scelte economiche degli intervistati (in termini, ad esempio, di redditi, patrimoni, consumi, risparmi), insieme con le loro caratteristiche personali (sesso, età, professione, area geografica di residenza, eccetera). Un problema grave, ma non per tutti Un primo aspetto riguarda le opinioni espresse circa la dimensione percepita dellevasione fiscale (tabella 1). La maggioranza relativa degli intervistati (37 per cento) ritiene che la percentuale di gettito perduto dallo Stato a causa dellevasione sia compresa tra il 20 e il 30 per cento del totale, mentre un altro 21 per cento colloca le mancate entrate tributarie tra il 30 e il 50 per cento. Non sbagliano. Stime recenti danno levasione (quella vera ancorché stimata, non quella percepita) tra un quarto e un terzo del Pil. LAgenzia delle entrate ha valutato per lanno dimposta 1998 un valore aggiunto occultato pari ad oltre il 30 per cento del dichiarato. Prima ancora altre quantificazioni, con metodologie e obiettivi diversi, hanno evidenziato tassi di evasione non dissimili. Perché si evade? Ulteriori indizi sulle differenze nel modo con cui i cittadini guardano, e giudicano, levasione fiscale possono essere ricavati dalle opinioni espresse circa le possibili determinanti delle scelte individuali di evasione (tabella 3). Tra le varie motivazioni proposte dallindagine ben il 77 per cento degli intervistati mette in rilievo il problema dellequità del prelievo fiscale effettivo: una delle molle fondamentali dellevasione è la percezione di comportamenti evasivi da parte degli altri contribuenti, eventualmente caratterizzati da differenti opportunità di occultamento dei redditi (si pensi al contrasto tra lavoratori dipendenti ed autonomi). Più di metà degli intervistati (54 per cento) punta lindice sullinefficacia del sistema dei controlli e delle sanzioni. Meno avvertite sono altre considerazioni che potrebbero spingere allevasione: leccessiva pressione fiscale, linefficienza dello Stato nellutilizzo delle imposte raccolte, la necessità di evadere per mantenere sul mercato la propria attività economica, la complicazione degli adempimenti richiesti per il pagamento delle imposte. Indicazioni di policy Quali indicazioni possono essere ricavate da questa analisi per le strategie di lotta allevasione? La sensazione diffusa di impunità nei confronti dellevasione che emerge da questi risultati suggerisce lopportunità di un rafforzamento dei controlli e di una loro maggiore focalizzazione, in termini di risorse e personale, sui settori produttivi, sulle tipologie di contribuenti e sulle aree del paese dove maggiori sembrano le opportunità di evasione. Ma probabilmente è la percezione generalizzata di una mancanza di reciprocità tra tutti i cittadini di fronte agli obblighi fiscali a indicare che gli interventi a contrasto dellevasione devono, in qualche modo, recuperare il carattere “sociale” dellevasione fiscale, la rilevanza delle interdipendenze nei comportamenti individuali di obbedienza fiscale. E lintensa stagione dei condoni che ha di recente caratterizzato il nostro paese non va certamente in questa direzione. Tab. 1 Percentuale percepita di perdita di gettito a causa dell’evasione < 10% 10% – 20% 20% – 30% 30% – 50% > 50% 9,48% 23,13% 37,47% 21,06% 8,86% Tab. 2 Gravità percepita dell’evasione fiscale rispetto agli altri problemi dello Stato gravissimo grave come gli altri marginale inesistente 27,01% 47,67% 21,26% 3,49% 0,57% Tab. 3 Le determinanti dell’evasione fiscale: quanto è daccordo con ciascuna di queste affermazioni? per niente poco così così abbastanza molto La gente cerca di non pagare le tasse perché sa che i soldi che lo Stato incassa sono spesi male 10,92% 15,20% 28,77% 28,35% 16,76% Alcuni cittadini sono costretti ad evadere le tasse per mantenere la propria attività 12,67% 14,19% 31,68% 30,23% 11,23% Alcuni non pagano le tasse perché i meccanismi sono troppo complicati 26,22% 20,71% 27,61% 18,74% 6,72% Un cittadino paga più volentieri le tasse se sa che le pagano tutti 2,68% 5,53% 15,24% 35,22% 41,33% Alcuni non pagano le tasse perché le aliquote applicate sono troppo alte 10,24% 13,88% 29,37% 31,36% 15,15% Alcuni non pagano le tasse perché si rischia poco a non pagare 7,11% 11,40% 27,70% 33,55% 20,24%
Un approfondimento specifico è questanno dedicato agli atteggiamenti dei cittadini nei confronti delle imposte e, in particolare, dellevasione fiscale. Una serie di domande cerca di scandagliare come gli individui valutino la dimensione di tale fenomeno, se lo reputano un problema grave per il corretto funzionamento delleconomia e la tenuta della coesione sociale, quali siano le determinanti principali della sua diffusione e persistenza nel tempo, come sia percepita la pratica dei ripetuti condoni fiscali in termini di motivazioni e di ricadute sullobbedienza fiscale dei contribuenti. Rispetto a questa grande abbondanza di indicazioni e di opportunità di approfondimento, qui è possibile cogliere e discutere soltanto alcuni profili generali.
Le opinioni espresse nellindagine non si distribuiscono tuttavia in modo uniforme tra le varie tipologie di intervistati. Quando si valuti, mediante semplici esercizi econometrici, in che misura le caratteristiche personali condizionino la dimensione percepita dellevasione, risulta con chiarezza che i residenti nel Mezzogiorno rilevano unevasione maggiore di quanto avvertito dagli abitanti dellItalia settentrionale, e altrettanto fanno gli intervistati con redditi più elevati, mentre il contrario accade per i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti.
Se dunque la maggioranza degli italiani vede levasione come un fenomeno assai esteso e costoso in termini di perdita di risorse pubbliche, altrettanto radicata è la convinzione che si tratti di unemergenza prioritaria dal punto di vista collettivo (tabella 2): il 27 per cento degli intervistati la riconosce come una questione gravissima, il 48 per cento la reputa un problema grave. Ciò che colpisce, però, è che le differenze di opinione tra diverse tipologie di individui circa la gravità sociale dei comportamenti di evasione non sempre corrispondano a quelle, sopra richiamate, sulla dimensione percepita della non-obbedienza fiscale. Uno dei risultati più chiari è quello relativo alla caratterizzazione territoriale: chi abita al Sud rileva sì una maggiore diffusione dellevasione rispetto ai residenti del Nord ma attribuisce al fenomeno un minor grado di gravità sociale.
Ma anche rispetto alla valutazione della rilevanza di queste determinanti dellevasione, le varie tipologie di cittadini mostra una certa variabilità di opinioni. Limitandosi, per motivi di brevità, alle sole differenze collegate alla diversità di residenza, i risultati sono assai netti: mentre non emergono differenze significative tra Nord e Sud nella percezione delliniquità del prelievo o dellinsoddisfazione per lo scambio fiscale con lo Stato, nel Mezzogiorno molto più alta è la convinzione che levasione sia motivata dalla necessità di mantenere margini di profitto minimamente positivi per la propria attività economica (e questa opinione è particolarmente diffusa tra i lavoratori autonomi), mentre più bassa è la valutazione dei rischi che si corrono nel caso di non-adempimento degli obblighi fiscali.
Può essere infine interessante incrociare le valutazioni espresse sulla gravità sociale dellevasione con le opinioni sulle motivazioni più rilevanti delle scelte di non-obbedienza fiscale. I risultati dellanalisi indicano che chi ritiene levasione un fenomeno grave o gravissimo è con alta probabilità convinto che levasione sia dovuta alle iniquità nel trattamento fiscale effettivo tra contribuenti e al fatto che i rischi di essere controllati e colpiti dalle sanzioni sono in realtà minimi. È interessante daltra parte notare che chi, in media, esprime maggiore preoccupazione per il fenomeno dellevasione fiscale non condivide lidea che levasione sia dovuta ad un eccesso di pressione fiscale, e nemmeno che loccultamento dei redditi sia riconducibile alla necessità di mantenere sul mercato la propria attività economica, oppure alla sfiducia nel confronti della capacità dello Stato di spendere bene le risorse raccolte con le imposte.
La fiscalità di vantaggio per le imprese operanti nel Sud Italia è un tema ricorrente nel dibattito politico-economico italiano. E di fronte ai problemi con le regole europee in materia di concorrenza sleale e aiuti di Stato, diversi commentatori rilevano come la fiscalità di vantaggio sia la strategia che ha permesso allIrlanda di attrarre investimenti stranieri e potenziare la crescita economica. Fiscalità di vantaggio ed emersione Nel dibattito si è anche messo in evidenza come la fiscalità di vantaggio possa favorire lemersione di impresa. Losservazione presuppone che le imprese operino al nero per una strategia di contenimento dei costi, e che pertanto una riduzione del carico fiscale sia una valida opzione per agevolare lemersione spontanea. Per quanto in astratto condivisibile, tale affermazione non considera che gli interventi di fiscalità agevolata sono stati piuttosto frequenti nel Mezzogiorno, dove persiste un elevato tasso di irregolarità, compreso tra il 14 e il 31 per cento, mentre al Centro-Nord lirregolarità lavorativa è compresa tra il 7 e il 14 per cento. Le tipologie di agevolazioni fiscali e gli effetti sulla irregolarità di impresa Per semplificare, distinguiamo tra fiscalità di vantaggio proporzionale alla produzione o al flusso di investimento, e mostriamo che, a parità di enforcement, la prima è la più efficace per favorire lemersione di imprese moonlighting. Nella figura 1, attraverso il ricorso a “funzioni di reazione” ottenute da un modello di investimenti opportunamente calibrato, viene illustrata, a sinistra, la relazione tra stock complessivo di capitale e aliquota fiscale sulla produzione (linea con il triangolo) o incentivi allinvestimento (linea continua), mentre nel grafico di destra le due medesime misure di politica fiscale sono messe in relazione con la quota di capitale regolare. A parità di altri parametri, una riduzione delle aliquote fiscali induce limpresa ad accrescere lo stock di capitale (grafico di sinistra) e ad aumentarne limpiego regolare (grafico di destra). Viceversa, al crescere degli incentivi al capitale, si registra un incremento dello stock di capitale, ma anche un suo utilizzo relativamente più intenso nella produzione irregolare. Figura 1: relazione tra politiche fiscali (asse delle ascisse), capitale (asse ordinate di sinistra) e percentuale di utilizzo regolare del capitale (asse ordinate di destra) Inoltre, la percezione di una politica di controlli particolarmente debole può determinare, oltre che unamplificazione delleffetto perverso connesso agli incentivi fiscali agli investimenti, anche una crescita della produzione sommersa particolarmente rilevante qualora la fiscalità di vantaggio sia diretta a sostenere la produzione. Questo caso estremo può spiegare, ad esempio, politiche di sostegno alla produzione indiscriminate, che lasciano ampio spazio a comportamenti opportunistici. Condoni fiscali e imprese moonlighting Queste considerazioni contribuiscono anche a interpretare gli effetti delle amnistie fiscali associate ad annunci di maggiori controlli. Se i destinatari dei condoni fiscali sono evasori totali (imprese ghost), terranno certamente conto della possibilità di passare da una situazione di evasione totale a una di evasione parziale (moonlighting), valutando leffettiva credibilità dellannuncio di maggiori controlli. Si determina un trade off tra regolarità e stock di capitale complessivo riconducibile alla credibilità della politica di controlli annunciata dal Governo in abbinamento alla sanatoria fiscale. In caso di annunci credibili, la scelta dellimpresa sarà per una quota di regolarità elevata, ma con una scala produttiva inferiore a quella che sceglierebbe in caso di annunci non credibili. Tuttavia, se la politica non è credibile, alla maggiore scala produttiva si associa anche una minore regolarità (rispettivamente equilibri 1 e 2 della figura 2). Figura 2: equilibrio di impresa in termini di capitale complessivo (asse ascisse) e utilizzo regolare (asse ordinate) in presenza di condoni fiscali accompagnanti da diversi gradi di credibilità delle politiche di enforcement. Questo trade-off può spiegare le difficoltà che si incontrano nellattuare severe politiche di controllo degli evasori fiscali, così come il reiterato verificarsi dei condoni fiscali. Implicazioni di politica economica Sono tre gli elementi di riflessione, derivati dalla nostra analisi, utili per contrastare il fenomeno delleconomia sommersa. (1) Vedi Busato F., Chiarini B., De Angelis P., Marzano E. (2005), “Capital incentives and underground economy”, University of Aarhus, Department of Economics, Working Paper No. 2005-10. EChiarini B., Marzano E. (2005), “The effectiveness of fiscal amnesties in contrasting the firms tax evasion”, mimeo, Università di Napoli “Parthenope”, www.brunochiarini.it.
Tutto ciò può essere spiegato abbandonando la dicotomia tra imprese regolari e imprese in nero, e adottando la definizione di impresa moonlighting, che utilizza la medesima capacità produttiva per produrre beni regolarmente fatturati e dichiarati al fisco, e beni che invece vengono sottratti allimposizione fiscale. La contestualità dei due processi produttivi fa sì che la quota di produzione al nero possa beneficiare, direttamente o indirettamente, di impianti produttivi tecnologicamente avanzati; network di clienti/fornitori più ampio di quello disponibile per unimpresa al nero; servizi e incentivi pubblici che sono fruibili solo in presenza di una facciata di regolarità. In alcuni lavori recenti evidenziamo come lerogazione di incentivi fiscali per gli investimenti o per la produzione, possano dar luogo a effetti perversi qualora tra i destinatari vi siano imprese moonlighting. (1) Queste, infatti, beneficiano degli incentivi coprendosi dietro una parvenza di regolarità, e nel contempo producono nel sommerso, talvolta incrementando la quota di produzione irregolare.
Viceversa, una credibile politica di controlli annulla gli effetti perversi degli incentivi fiscali sulle imprese moonlighting, spingendo le imprese a comportamenti virtuosi.
In primo luogo, gli incentivi al capitale possono creare effetti perversi rilevanti: affinché una tale politica sia efficace nel favorire un processo di emersione, dovrebbe essere associata a una corretta attività di monitoraggio sullevasione fiscale.
In secondo luogo, dal raffronto tra interventi di agevolazione fiscale diretti al sostegno degli investimenti e politiche di riduzione fiscale, emerge che queste ultime sono certamente più efficaci sia in termini di accumulazione di capitale che in termini di riduzione della produzione irregolare.
Infine, sui condoni fiscali, Governi “deboli”, caratterizzati da una scarsa propensione ad affrontare le radici del problema, bisognosi di far fronte ai vincoli di finanza pubblica, difficilmente potranno annunciare politiche di emersione credibili. Un Governo che propone unamnistia fiscale agli evasori totali può trovarsi di fronte a un difficile trade-off tra emersione e accumulazione di capitale. Data la natura welfare reducing delle politiche di enforcement, lannuncio di una accentuazione dei controlli in seguito alla introduzione di un condono può essere difficilmente credibile. Il condono incentiva le imprese irregolari a emergere solo parzialmente. Le imprese, se evasori totali, possono approfittare dellagevolazione fiscale, e continuare a occultare o a espandere una parte della produzione attraverso ladozione di una tecnologia del tipo moonlighting.
Misurare levasione fiscale è un esercizio complesso: usando le parole di Friedrich Schneider, si tratta di “a scientific passion for knowing the unknown”. Le stime fornite da statistici ed economisti utilizzano metodologie necessariamente soggette ad approssimazioni, per la natura stessa del fenomeno e per la scarsa disponibilità di dati. Tuttavia, una migliore comprensione della sua ampiezza e della sua rilevanza nei singoli settori di attività economica è necessaria. La presenza di uneconomia nascosta, oltre a distorcere la concorrenza tra imprese e tra consumatori ed essere fonte di iniquità, rappresenta anche una minaccia per la tenuta dei conti pubblici. Evasione e bassi livelli di reddito Secondo recenti stime, in Italia una proporzione tra il 27 e il 48 per cento del Pil ufficiale viene nascosto al fisco. (1) Secondo lIstat, il sommerso sarebbe attribuibile in parti quasi uguali alla sottodichiarazione del fatturato e allimpiego di lavoro irregolare da parte delle imprese. (2) Si è dunque di fronte a un fenomeno di doppia natura, che interessa i lavoratori autonomi e le imprese, ma anche i lavoratori dipendenti. La doppia natura del fenomeno Da un lato, ci sono dunque i redditi da lavoro autonomo, occultati allerario con lobiettivo di alleggerire limposizione fiscale. Dallaltro, i redditi da lavoro dipendente, invisibili anchessi, ma in questo caso perché percepiti allinfuori di un regolare contratto di lavoro. Figura 1 (1) Schneider, F. (2000a). “The increase of the size of the shadow economy of 18 Oecd countries: some preliminary explanations”. Ifo Working Paper, (306).
In un recente lavoro abbiamo studiato la rilevanza dellevasione tra i lavoratori italiani. Abbiamo confrontato la distribuzione dei redditi da lavoro del 2000 risultante dalle dichiarazioni presentate allAgenzia delle entrate con quella dellindagine della Banca dItalia sui bilanci delle famiglie italiane. Ci siamo concentrati unicamente sui redditi da lavoro, dipendente e indipendente, poiché sono quelli misurati con maggior precisione nel data set della Banca dItalia. Lipotesi di base è che un percettore di reddito che nasconde parte del proprio reddito al fisco, potrebbe dichiarare la cifra corretta nel caso in cui gli venga garantito lanonimato, come avviene nellindagine della Banca dItalia. La differenza tra reddito dichiarato a Banca d’Italia e allamministrazione tributaria rappresenta lammontare di reddito “nascosto”. Lassunzione è forte e discutibile, ma frequentemente adottata per la misura dellevasione fiscale. (3)
I principali risultati della nostra analisi sono due. 1) La percentuale di reddito nascosto al fisco è costantemente più elevata nel gruppo dei lavoratori autonomi che nel gruppo dei lavoratori dipendenti. Come si può rilevare dalla figura 1, a parità di livello di reddito considerato, i lavoratori autonomi evadono tra il 7 il 27 per cento in più rispetto ai lavoratori dipendenti.
2) La percentuale di reddito non dichiarato è, per entrambe le tipologie lavorative, molto elevata per i livelli di reddito più bassi e decrescente al crescere del reddito. Per i lavoratori autonomi, la percentuale di reddito nascosto è 70 per cento nel primo decile, 54 per cento nel secondo, oltre il 30 per cento nel terzo e quarto. Risulta comunque considerevole anche per i livelli di reddito più alti: circa il 20 per cento per quelli superiori al reddito mediano. E comporta una rilevante perdita di gettito, data la progressività dellimposta sui redditi italiana.
Tuttavia, a differenza di precedenti analoghe analisi, abbiamo rilevato che anche tra i lavoratori dipendenti esiste evasione, pur se solo tra i redditi più bassi: la percentuale di reddito nascosto al fisco è il 63 per cento nel primo decile, il 42 per cento nel secondo e il 24 per cento nel terzo, divenendo pressoché nulla per livelli di reddito maggiori. Si tratta del sintomo di una forte presenza di lavoro nero tra i lavoratori meno qualificati, che accettano di lavorare senza un regolare contratto pur di trovare unoccupazione.
Quali sono le caratteristiche dei lavoratori dipendenti che evadono le imposte? Dallanalisi empirica risulta che i lavoratori dipendenti che percepiscono redditi più bassi sono tendenzialmente giovani, più probabilmente donne, non coniugati e non qualificati, impiegati nel settore agricolo o nei servizi domestici. Inoltre, hanno spesso un contratto a tempo determinato o part-time.
Unaltra spiegazione della decisione di evadere deriva dallanalisi dellincidenza delle imposte: senza evasione per ogni livello di reddito da lavoro dipendente e indipendente, limposta media sarebbe più elevata del 4 per cento. In altre parole, levasione permette di integrare lesiguità del reddito dei lavoratori in occupazioni part-time, a tempo determinato e sotto-qualificati.
Per mancanza di dati, la nostra analisi si occupa solo del reddito da lavoro, mentre è probabile che molta evasione riguardi altre tipologie di reddito. Tuttavia, possiamo porci unultima domanda: se il fenomeno si concentra nei redditi bassi, non è forse il caso di essere più indulgenti?
A nostro parere ci sono due aspetti rilevanti della questione. Innanzitutto, non tutti i contribuenti che percepiscono un reddito basso evadono le imposte e levasione introduce disuguaglianze tra individui altrimenti uguali. Inoltre, chi evade le imposte generalmente non versa contributi sociali che dovrebbero servire a incrementare il reddito in momenti di difficoltà (malattia, maternità, vecchiaia, eccetera).
Loccultamento del proprio reddito al fisco può essere una scelta oculata di un individuo razionale e previdente che scommette sulla sua possibilità di rimanere in buona salute e di ottenere migliori rendimenti investendo in mercati dei capitali piuttosto che in un sistema pensionistico che non lo tutela adeguatamente. Oppure, può essere la sola opzione di un individuo che non ha molto potere contrattuale nel mercato del lavoro ed è costretto ad accettare un lavoro in nero. Se questa ultima possibilità non può essere esclusa, uno sguardo indulgente al fenomeno dellevasione dei redditi da lavoro e, più in generale, al lavoro irregolare, non può essere giustificato. Crediamo piuttosto sia necessario pensare a nuove politiche del lavoro e a un nuovo welfare, in grado di tutelare i lavoratori con redditi minori, e di eliminare le condizioni che li inducono a operare nel sommerso.
(2) Istat (2005), La misura delleconomia sommersa secondo le statistiche ufficiali, anno 2003.
(3) Per una discussione approfondita delle limitazioni statistiche di tale approccio, dei possibili effetti della distorsione del campione sui risultati ottenuti e per una esposizione più dettagliata dei risultati si veda Fiorio e D’Amuri (2005). L’articolo completo è disponibile al link:
http://www.econpubblica.unibocconi.it/folder.php?vedi=2632&tbn=albero&id_folder=1306
Uno degli elementi qualificanti della manovra finanziaria attualmente allesame del Senato è lenfasi sul rafforzamento delle misure di contrasto allevasione fiscale. A suggello dei molteplici annunci lanciati nei mesi scorsi dallallora ministro Siniscalco che la (lunga) stagione dei condoni si sarebbe definitivamente conclusa, la Finanziaria pone in campo una serie di interventi anti-evasione, peraltro già tratteggiati nel giugno scorso a sostegno del taglio dellIrap. Le misure anti-evasione della Finanziaria Innanzitutto, viene riproposto e rilanciato il coinvolgimento dei comuni nella lotta allevasione dei tributi statali (quindi non solo dellIrpef, come era nella vecchia normativa del 1973, ma anche, ad esempio, dellIva) con la previsione di meccanismi premiali a loro favore (potranno trattenere il 30 per cento delle somme riscosse a titolo definitivo). Si prevede poi il rafforzamento degli organici dellagenzia delle Entrate (1.500 nuovi verificatori), di quella delle Dogane (300) e della Guardia di finanza specificamente dedicati al contrasto dellevasione fiscale, delle frodi e del sommerso. Infine, si pone mano a una batteria di misure più specifiche, come ad esempio, la possibilità da parte dellamministrazione finanziaria di anticipare, nel caso di rischi per la riscossione, la liquidazione dellIva o delle imposte dirette rispetto alla presentazione della dichiarazione annuale. I numeri dellevasione Più in generale, la portata dei recuperi di gettito forse realizzabili con le misure anti-evasione previste dalla manovra finanziaria letteralmente impallidisce di fronte alle dimensioni complessive del fenomeno che dovrebbero aggredire. Anche se si tratta di un fenomeno per definizione di difficile quantificazione, numerose analisi hanno cercato di misurare tanto lampiezza delle attività produttive sommerse (che generano evasione fiscale nella misura in cui questa è legata alla produzione di beni e servizi, senza tuttavia esaurire tutte le fattispecie di evasione), quanto direttamente la dimensione dellevasione (mediante il confronto fra dichiarazioni fiscali e contabilità nazionale, o quello tra campioni di imponibili dichiarati e imponibili accertati). Mancanza di informazioni Di fronte a un fenomeno così pervasivo, le strategie adottate in Italia nellultimo decennio hanno puntato più che sui tradizionali strumenti di deterrenza (inasprimento di controlli e sanzioni) su interventi di tax compliance (dagli studi di settore, agli istituti transattivi come laccertamento con adesione, il concordato fiscale preventivo, la pianificazione fiscale concordata, le misure di emersione del sommerso, fino ai condoni). Stime dell’evasione in Italia stima anno di stima Irpef Irpeg Iva Irap dipendenti indipendenti % base % imposta % base % imposta % base % imposta % base % imposta % base Convenevole 1985-1993 40,1 42,3 Zanardi 1987 55,3 58,6 Bernardi 1994 8,5 59,5 Bernardi e Bernasconi 1991 8,5 12,9 62,8 68,5 26,8 30,6 40,1 38,6 Secit 1989-1993 37,8 Sogei 1994 68,5 52,2 32,9 Agenzia delle entrate 1998 31,5
Su queste colonne si è già discusso leffettiva applicabilità di queste misure e del loro impatto in termini di recupero di gettito.
Assumendo come quantificazione del maggior gettito dalla lotta allevasione nel 2006 i trecento milioni di euro riportati nel conto di cassa (e non i ben tre miliardi di accertamenti), bisogna chiedersi innanzitutto se si tratti una stima realistica. Qualche dubbio è certamente legittimo se si considerano, ad esempio, i limitati incentivi che probabilmente avranno i comuni a partecipare attivamente allattività di controllo: si tratta di investire fin da subito in strumenti e personale, peraltro in un periodo di pesanti tagli alla finanza locale, con prospettive di remunerazione (il 30 per cento delleffettivo riscosso) di lunghissimo periodo dati i tempi del contenzioso tributario. Oppure se si considera il pressing che viene dai partiti della maggioranza per reintrodurre nuovi condoni da offrire sul piatto elettorale senza costi immediati apparenti, se non quello di indebolire ancor di più la credibilità dellamministrazione nella lotta allevasione.
I risultati di queste analisi (vedi tabella) testimoniano di un fenomeno di dimensioni certamente preoccupanti e probabilmente persistente nel tempo. Per esempio, la base Irpef dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese è evasa tra il 55 e il 70 per cento; sulle imposte indirette, e in particolare sullIva, si riscontra un valore aggiunto non dichiarato fra il 30 e il 40 per cento; sullIrap, la base imponibile (che dovrebbe avvicinarsi al valore aggiunto di contabilità nazionale) non dichiarata supera il 30 per cento. Se poi si analizzano questi dati nella loro articolazione settoriale e territoriale si rileva una forte concentrazione dellevasione nel settore agricolo e in alcuni comparti del settore terziario e una crescita del tasso di evasione via via che si passa dal nord al sud del Paese.
Lamministrazione finanziaria non ha mai fornito dati e valutazioni ufficiali circa i risultati dellapplicazione di questi strumenti in termini di gettiti recuperati e di stimolo al tasso di adempimento spontaneo dei contribuenti. Si tratta di una grave carenza informativa, che sottrae un segmento fondamentale della politica fiscale, come è il contrasto allevasione fiscale, alla valutazione non solo degli osservatori esterni, ma anche degli stessi parlamentari. E la mancata disponibilità di informazioni realistiche, affidabili e ufficiali sulla dimensione del fenomeno e sulla performance degli strumenti di contrasto utilizzati negli ultimi anni è tanto più grave oggi che la lotta allevasione fiscale è vista non soltanto come elemento fisiologico di garanzia dellefficienza e dellequità del sistema tributario, ma anche come misura di copertura finanziaria per i conti pubblici, alternativa ai tagli della spesa e allaumento delle aliquote.
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